Le terre di Cosa Nostra: i feudi divenuti strategici nell’agrigentino

L’operazione “Eden 5 – Triokolà” costituisce l’esito di una complessa attività d’indagine svolta dal Reparto Operativo dei Carabinieri di Agrigento in ordine alle attività mafiose in provincia di Agrigento e, in particolare, in Sambuca di Sicilia, Ribera, Burgio, Sciacca e Caltabellotta, centri della provincia agrigentina diventati, nel corso degli ultimi anni, di fondamentale importanza. Trattasi della logica prosecuzione di quanto accertato nel corso di precedenti attività d’indagine sfociate nei procedimenti denominati “Avana” , “Akragas”, “Cupola”, “Itaca”, “Welcome Back” e “Scacco Matto”, che hanno permesso di ritenere provata l’esistenza dell’associazione mafiosa Cosa Nostra in Provincia di Agrigento e le sue principali dinamiche. I moduli operativi di Cosa Nostra sono quelli propri di un vero contropotere criminale dotato di un ben strutturato “ordinamento giuridico”, la cui osservanza è sempre assicurata mediante la previsione di sanzioni gravissime che comprendono anche la condanna a morte. Nonostante il decorso di circa un ventennio, i numerosi arresti e le successive condanne, purtroppo non può dirsi che Cosa Nostra sia stata sconfitta. Ed infatti, la storia processuale degli ultimi vent’anni successiva alla citata sentenza c.d. “Avana” ha permesso di accertare come la presenza di Cosa Nostra, articolata capillarmente sul territorio agrigentino, non conosca momenti di pausa e goda in taluni casi dell’appoggio e della tacita connivenza di alcuni strati di una popolazione rassegnata che appare ostile ad ogni mutamento di costumi e inerte dinanzi ai delitti più eclatanti.

Assodato che la parte di territorio della zona saccense – belicina della provincia agrigentina è sempre stata sotto il controllo diretto di Cosa Nostra è facile affermare che fino all’operazione Cupola, condotta nel luglio del 2002 dalla Polizia di Stato, gli equilibri pregressi erano rimasti immutati, sia per una scarsa incisività dei collaboratori, sia perché le tenui condanne inflitte a seguito del processo Avana avevano comportato la rimessione in libertà della maggior parte degli imputati che, forti di una detenzione carceraria priva di “tentennamenti”, avevano potuto riprendere i rapporti con i vecchi sodalizi mafiosi presenti sul territorio.

Le condanne conseguenti all’operazione Scacco Matto, hanno apportato apprezzabili ripercussioni sull’assetto associativo dell’area geografica di che trattasi. E’ chiaro, purtroppo, che i primi soggetti a trarre beneficio dalla riorganizzazione degli assetti siano stati quei sodali scampati alle ordinanze che hanno colpito i loro consociati e, come nel caso di Leo Sutera, coloro che nella fase da Cupola a Scacco Matto erano stati “posati”.