Mafia

Strage di Capaci, 33 anni dopo spunta il verbale di un vertice a firma di Paolo Borsellino 

Si tratta di un verbale, risalente a una riunione svoltasi a Palermo il 15 giugno 1992 - in mezzo dunque ai due attentati di Capaci e via D'Amelio

Pubblicato 15 minuti fa

A 33 anni di distanza dalle stragi di mafia, spunta un documento sull’eccidio di Capaci nel quale compare la firma del giudice Paolo Borsellino. Si tratta di un verbale, risalente a una riunione svoltasi a Palermo il 15 giugno 1992 – in mezzo dunque ai due attentati di Capaci e via D’Amelio – e alla quale presero parte Pietro Giammanco, procuratore capo, Vittorio Aliquo’ e Borsellino, procuratori aggiunti, Vittorio Teresi, sostituto procuratore, e Pietro Maria Vaccara, sostituto procuratore a Caltanissetta. Nel verbale emerge che i magistrati presenti alla riunione si scambiarono informazioni riguardanti la strage di Capaci e altre informazioni sulle intercettazioni telefoniche e ambientali disposte nei confronti del collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero (nel frattempo deceduto) e della sua ex compagna Maria Romeo, nel corso delle quali si accennava proprio all’attentato di Capaci.

“Convengono i presenti – si legge nel verbale del 15 giugno 1992 – sulla opportunita’ che dette intercettazioni proseguano a cura della procura della Repubblica di Palermo, concernendo esse piu’ ampio tema di indagine, e con l’intesa che ogni elemento che emerga circa l’omicidio del dr. Falcone verra’ immediatamente comunicato alla procura della Repubblica di Caltanissetta”.

“E’ sconvolgente – dice ad AGI l’avvocato Fabio Repici, legale di Salvatore Borsellino – aver reperito solo a trentatre anni di distanza dalla strage di via D’Amelio un documento procedimentale sull’omicidio di Falcone nel quale compare la sottoscrizione di Borsellino”. A tal proposito, l’avvocato Repici, ha chiesto, alla gip di Caltanissetta, Graziella Luparello, mediante il deposito di una memoria difensiva, di sospendere la camera di consiglio e di fissare una nuova udienza, sull’eventuale archiviazione della ipotizzata pista nera per la strage di via D’Amelio “al fine di rimediare – sottolinea Repici – a un grosso difetto procedimentale che si e’ creato con la mancata conoscenza (da parte del sottoscritto difensore e, quel che e’ ancora peggio, della giudice) di alcuni atti che non solo erano gia’ nella disponibilita’ della procura della Repubblica, ma che avevano trovato discovery in altro procedimento, che si trova addirittura in corso di istruttoria dibattimentale”. Nell’udienza svoltasi lo scorso 23 giugno, nell’ambito del processo che si celebra a Caltanissetta nei confronti dell’ex maresciallo Walter Giustini, accusato di depistaggio e calunnia, e Maria Romeo, ex compagna di Lo Cicero, accusata di false dichiarazioni al pm, il magistrato Vittorio Teresi, persona offesa nel dibattimento, chiamato a testimoniare, ha dichiarato che non ricordava l’oggetto della discussione riguardante la riunione che si svolse alla procura di Palermo il 15 giugno 92.

“Il dottor Teresi – rileva l’avvocato Repici – ha riferito al tribunale che egli, all’epoca dei fatti, pur componente della Dda di Palermo, si occupava degli affari criminali della provincia di Agrigento e non di quelli di Palermo, operando sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Paolo Borsellino. Teresi ha aggiunto che al tempo aveva rapporti particolarmente assidui con Borsellino, tanto da essere rimasto in sua compagnia nel suo ufficio fino alle 14 di sabato 18 luglio 1992. Per tale ragione, ha sostenuto Teresi, Borsellino, oltre a essere il suo fisiologico e istituzionale punto di riferimento, era anche destinatario di informative su ognuna delle attivita’ di qualche rilievo che lo stesso Teresi espletava. Gia’ questo spiega come Borsellino ebbe sicuramente conoscenza nell’immediatezza della relazione di servizio del 1 giugno 1992. Lo Cicero aveva espressamente riferito a Teresi del controllo, da parte del boss Lorenzo Mariano Tullio Troia, attraverso una societa’ intestata alla moglie, dei ‘lavori di movimento terra e di trasporti e di lavori stradali in una vasta zona dei comuni di Palermo e Capaci, compresa la zona prospiciente l’autostrada Palermo-Trapani e l’aeroporto di Punta Raisi’.

Vi si legge ancora: ‘In particolare ha precisato che uno dei prestanome di cui il Troia si avvale per la gestione di ditte operanti in Capaci sarebbe tale Senzale, anch’esso appartenente a Cosa nostra. Riferisce che ha conosciuto presso la villa del Troia l’onorevole Lo Porto, che piu’ volte si sarebbe intrattenuto a cena dallo stesso, e che un nipote o cugino del Lo Porto sarebbe proprietario di una villa nello stesso complesso'”. “La relazione di servizio di Teresi – rileva ancora l’avvocato Repici – si conclude con l’indicazione dell’avvenuta raccolta di quelle informazioni gia’ da parte dei carabinieri nel corso di intercettazioni ambientali curate dallo stesso Teresi. Vi sarebbe tra l’altro prova documentale dell’interesse di Borsellino sulle rivelazioni di Lo Cicero, consistente in un’informativa dei carabinieri del 1988 a firma dell’allora Maggiore Mauro Obinu su imprese vicine a Cosa Nostra operanti a Palermo e nel territorio di Capaci. In particolare – scrive Repici nella memoria difensiva trasmessa al giudice Luparello – in quella informativa del Maggiore Obinu, tra l’altro, erano comparsi riferimenti a Giuseppe Sensale, che era oggetto delle rivelazioni di Lo Cicero della primavera-estate 1992″. Il tenente Carmelo Canale, deponendo in Corte d’Assise a Caltanissetta il 5 ottobre 1995, riferi’ che Borsellino, interessato a individuare gli autori della strage di Capaci, gli aveva fatto cercare un rapporto a firma del maggiore Obinu”. Si tratterebbe proprio del rapporto in cui erano riportate le dichiarazioni rese da Lo Cicero e che erano state oggetto dell’informativa dei carabinieri finite sul tavolo della riunione del 15 giugno 92 alla quale partecipo’ anche Borsellino.

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