Marco Follini ad Agrigento ci parla della noia politica

Non è un caso ma una necessità che il nuovo libro di Marco Follini “Noia, politica e noia della politica” sia presentato ad Agrigento proprio lo stesso giorno in cui esce in tutte le librerie, il giorno dopo la partecipazione di Follini ad “Otto e mezzo” della Gruber e tre giorni dopo il paginone che gli ha dedicato il “Corriere della sera”.
Necessità che attiene alla inquietudine politica del sindaco Lillo Firetto che ha sempre discusso in “Caffè letterari” i suoi dilemmi e le sue aspirazioni. I primi sintomi dell’abbandono di Porto Empedocle di cui era sindaco si ebbero nel 2014 allorchè invitò Corrado Passera a presentare il suo libro “Io siamo” un programma-manifesto per il movimento “Italia Unica” fondato dallo stesso Passera.
Fu in quell’occasione che redigendo la cronaca per Grandangolo fotografammo Firetto con accanto Beniamino Biondi che di lì a pochi mesi sarebbe diventato uno dei suoi assessori. La foto fece il giro del web suscitando commenti felici e infelici.
Oggi, lasciata Porto Empedocle in mani grilline (quasi un complotto per farli vincere) Firetto che i suoi avversari di competizione elettorale chiamavano “lo straniero venuto dal mare”, invita ad Agrigento Marco Follini (inquieto lui, sia chiaro, come tutti noi) a presentare il saggio sulla noia politica richiamando nell’austera Biblioteca Lucchesiana un bel red carpet di reduci e sempre militanti democristiani, molti addetti ai lavori, consiglieri comunali riconoscibili e palpitanti per un futuro assessorato lasciato vacante dalle dimissioni di Miccichè, insomma tutti quelli che avevano capito benissimo ciò che Follini aveva dichiarato al “Corriere” alcuni giorni prima: “Sento odore di democrazia cristiana”.
Follini, lo ricorderete, era stato il creatore di “Italia di mezzo” dopo aver dichiarato a Casini “una resa triste la tua, lo schema del 94 è morto”.
Una ribattuta fra gemelli democristiani che da annk – fu rilevato – “non riescono a sincronizzarsi”. “Quando Marco Follini lascia il centro per il Pd, Pier Ferdinando Casini punta tutto sul Terzo polo. E quando il primo ritorna al centro, l’altro si appresta a consegnarsi a Berlusconi”.
Che tutto questo abbia portato alla noia politica, al distacco della gente dalla politica si potrebbe riassumere nella amara riflessione che dalla vecchia “Italia di mezzo” di Follini, oggi dobbiamo fare i conti con “il mondo di mezzo” di Carminati e Buzzi.
La cronaca di questa presentazione moderata dal giornalista Felice Cavallaro e alla presenza del prefatore Pier Luigi Celli ci offre anche l’occasione di rivelare che Lillo Firetto ha trovato il suo gemello democristiano, lo stesso Marco Follini, che nel corso del suo eloquio sulla noia e sulla noia della politica chiude conferendo a Lillo Firetto una sorta di investitura: ”Io ad Agrigento voto Lillo Firetto”.
Con conseguenti applausi e speranze da tutti gli aficionados presenti che mandano in soffitta il “binomio Zambuto-Firetto” un tempo gemelli casiniani e Dioscuri della politica provinciale.
Il dibattito che si accende tra i presenti fa registrare gli interventi di Nello Hamel, della psichiatra infantile e poetessa Margherita Rimi, del consigliere comunale Licata. Dello stesso Firetto che rileva come da pagina 104 del libro irrompe la politica e che ”i noiosi di oggi sono quelli che devono dare le soluzioni” e a sua dimostrazione racconta la vicenda del viadotto Morandi, e confessa “Non ho rimpianti per i riti della politica di allora ma ho tanta nostalgia di quei politici”.
Celli dal canto suo professa a chiare lettere il suo distacco dalla politica che “ha bisogno di mediazioni e io non ne ho mai cercato”. E poi: ”La noia ci spezzetta la nostra vita, noi pensiamo col tempo che dedichiamo al pensiero. Diceva Emily Dickinson che le cose buone maturano con lentezza”. Un tempo il pensiero – prosegue Celli – era un pensiero pensante, critico, avvolgente, un pensiero che si preoccupava di capire le cose e soprattutto il loro senso, prima ancora di farle accadere. Il libro di Follini parla di questo e di molto altro ancora, con il tocco leggero di chi ha imparato a frequentare il pensiero con un occhio alla storia e uno ai tormenti che ci consegna il nostro ambiguo quotidiano”.
“Ed è nella politica – fa eco Follini – che la noia finisce per trovarsi più a mal partito e noi con lei. La politica infatti pratica la noia ma si ostina a negarla”.
Un libro non facile come si vede ma di una sincerità disarmante perché pone a tutto tondo il dilemma a chi vuol fare politica di come essere una novità senza essere più una novità. Dilemma che dovrebbe affliggere Renzi, tra gli altri, perché per evitare l’effetto caricatura serve una rivoluzione genetica anche contro le fake news. Dilemma che dovrebbe affliggere Firetto dopo l’abbandono di Porto Empedocle e proprio oggi che l’assessore dimauriano Miccichè si è dimesso dovrebbe porre mano a una sua personale rivoluzione genetica come ha fatto Follini con questo libro spassionato e umile, consapevole dei suoi errori. Un lavacro per far esprimere e tutelare una diversa idea di Agrigento, più capace di dare voce ai ceti meno abbienti che costituiscono la rappresentanza e il cuore della nostra “cittaduzza”. Ce lo ricorda lo stesso Follini a pag 156 del libro: ”C’è un passaggio importante scavato in profondità e riguarda, almeno in democrazia, la natura stessa della politica. Che è prima di tutto un tentativo di organizzazione della convivenza. E proprio in ragione di questo compito e della difficoltà che vi è connessa, postula un grande esercizio di pazienza, di ascolto, di inclusione”. Ci sarebbe speranza se questo accadesse ad Agrigento, città degli alfanoidi (così li chiama Mario Sechi nel suo diario quotidiano) e dove Giufà è diventato un bene dell’Unesco.
A meno che Firetto dopo essersi illuminato di Camilleri a Porto Empedocle e di Pirandello ad Agrigento, non ambisca a diventare sindaco di Racalmuto. Per illuminarsi di Sciascia. E chiudere il cerchio delle sue inclinazioni letterarie.

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