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Quello sbruffone di soldato al “Posta vecchia” di Agrigento

Il pubblico ha riservato agli attori applausi convinti

Pubblicato 2 anni fa

Senza dimenticare le atrocità mercantili di pubblico denaro per le cosiddette feste natalizie, il teatro agrigentino pare che vada va a gonfie vele. 

Le sale sono affollate e non sono quelle del Teatro Pirandello, anche lo storico “Posta Vecchia” registra il  tutto esaurito e perfino la piccola sala del Circolo Empedocleo fa fatica a contenere il pubblico.

Gran teatro al “Pirandello” con “Mine vaganti” e “Come tu mi vuoi” e non meno incisivo il cabaret e la commedia popolare al “Posta vecchia” mentre all’Empedocleo lo “Stable festival “ di Mario Gaziano insiste da anni su una ricapitolazione dei generi teatrali e letterari che il pubblico mostra di gradire e rievocare.

Ieri sera al Posta Vecchia è approdato “Il soldato sbruffone” di Tito Maccio Plauto adattato e diretto da Camillo Mascolino, uno spettacolo che era già stato preparato per l’estate  e per tournèe varie e che oggi  viene presentato in edizione rivisitata con attori tutti agrigentini: Salvatore Rancatore,  attore e scrittore che è stato ospite del Posta vecchia in diverse occasioni anche letterarie; Giugiù Gramaglia una delle colonne della scena e della fiction televisiva del  “Commissario Montalbano”; Giovanni Moscato  direttore artistico del Teatro della Posta Vecchia” e che come attore ha voluto rafforzare magnificamente l’evidente “conflitto di interessi” col Teatro da lui fondato; Ilaria Bordenca anche lei apprezzata in tutti questi anni per essere stata  protagonista di notevoli messe in scena, e poi i rampanti Aurora Maiorini e Giuseppe Cavaleri.

Nulla di inedito per Donatella Giannettino che crea e prepara scene e costumi con la consueta perizia del dettaglio. Il regista Camillo Mascolino non è nuovo alla commedia popolare, i più assidui spettatori ricorderanno ancora il suo Giufà e anche qui fa sentire il suo polso di regista soprattutto nell’assemblare un gruppo di attori  che si mostrano affiatatissimi nello sviluppare una commedia che non proprio sotto traccia “ridendo castigat mores”.

Un pregio ci è sembrato quel trattenere la facile risata  che uno strepitoso Salvatore Rancatore amministra con arguzia consapevole che Maccio Plauto affidava a lui “servo” (che “risolve problemi” come il mister Wolf di “Pulp fiction”) il peso di tutta la commedia.

Sempre duttile attrice Ilaria Bordenca che interpreta due personaggi femminili con eleganti figurazioni corporee e che insieme a Giugiù Gramaglia e Giovanni Moscato va a comporre un quartetto di sagacia equilibrata e intorno ai quali non sfigurano Aurora Maiorini e Giuseppe Cavaleri.

I tradizionali nomi dei personaggi di Plauto vengono qui ribaltati e lo spettatore più avveduto certamente non sarà rimasto sorpreso di un “Calogero” giurgintano o dell’adattamento che sfoltisce certi passaggi plautini. Il tutto confluisce alle finalità di Tito Maccio che sono anche quelle di prendersi gioco della convenzione comica del servus meditans e della relativa gestualità degli attori. Alla fine tutti vincitori, servi callidi e meretrici, sbruffoni e rapitori, felici di avere assolto alla funzione di enfatizzare il carattere parodico della scena plautina.

Felice certamente il pubblico che ha riservato applausi convinti ad una messinscena che ci ricorda come i “maneggi per maritare una ragazza” (di Gilberto Govi), schiava o liberta che sia, si ripeteranno sotto tutti i cieli.

Foto di Diego Romeo

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