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La grande attualità di Albert Camus

di Rocco Agnone*

Pubblicato 3 anni fa

Camus, grande scrittore premiato con il Nobel per la letteratura nel 1957, informò la sua visione della realtà a lui contemporanea a principi e valori di notevole profondità. Visione che assume un carattere di straordinaria attualità se si guarda all’odierna fase storica segnata, tra l’altro, dal conflitto armato in Ucraina e dalle particolari reazioni che sta scatenando in Italia a livello di confronto, o meglio di scontro, di idee e posizioni.

Chi legge valuterà da sé la significatività delle affermazioni di Camus riportate (tali affermazioni sono tratte dal libro. “Conferenze e discorsi”. edito da Bompiani).

Una breve e indispensabile premessa. Camus, nato in Algeria alle soglie della prima guerra mondiale, e vissuto in uno sconvolgente periodo storico, dedicò la sua vita e la sua opera al sostegno di una umanità sofferente e oppressa, ad una umanità umiliata dalla sottomissione “alle armi e al denaro“. Fu, quindi, un cittadino del mondo e in quanto tale fu decisamente contrario a qualsiasi nazionalismo; e fu un critico severo di tutte le forme di tirannia rimaste dopo la fine del nazismo, come quella fascista  (ad esempio, il franchismo in Spagna) o quella dello stalinismo in Unione Sovietica (che aveva tradito i valori fondamentali  della rivolta dei  lavoratori) o quella del denaro (il liberismo capitalista, che concepisce la libertà solo come privilegio e non come valore autenticamente proprio di ogni uomo).

Nel 1948 Camus tiene un discorso di fronte al comitato di sostegno dell’attore ed ex pilota di guerra G Davis, che aveva rinunciato alla cittadinanza americana e che si auto proclamava “cittadino del mondo”, auspicando la creazione di un governo mondiale. Il discorso è strutturato con una serie di risposte che Camus dà a domande tipiche dei critici della posizione di Davis. Alla domanda se Davis non faccia il gioco dell’imperialismo sovietico, così, in modo negativo, risponde Camus: ”Gli imperialismi sono come i gemelli, crescono insieme e non possono fare a meno l’uno dell’altro”.

Alla domanda, poi, se non vede che gli U.S.A. sono l’unico ostacolo all’affermazione del socialismo nel mondo, o, detto in maniera diversa, se non vede che l’URSS è l’unico ostacolo alla libertà del mondo, lo scrittore franco-algerino risponde: ”Se ci sarà la guerra che voi prevedete con una ostinazione degna di migliore causa, la somma delle distruzioni e delle sofferenze che investiranno il mondo renderà imprevedibile qualsiasi avvenire storico. Non vedo alcuna prospettiva né per la libertà, né per il socialismo, in un’Europa coperta da macerie, dove gli uomini non avranno neppure la forza di gridare il loro dolore”.

E alla successiva domanda-replica, così espressa:” Il che significa che sceglierà la resa piuttosto che la guerra”, la risposta è la seguente: “So che alcuni di voi pongono l’alternativa tra impiccagione e fucilazione. È questa la loro idea di libertà umana. Noi facciamo il possibile affinché questa alternativa non diventi inevitabile. Voi invece fate di tutto perché inevitabile lo diventi”.

E a proposito del dialogo tra gli uomini, sempre nel 1948, in un discorso pronunciato di fronte a 4000 persone, Camus afferma: ”Non c’è vita senza dialogo. E in gran parte del mondo oggi il dialogo è sostituito dalla polemica. Il XX secolo è il secolo della polemica, dell’insulto. Migliaia di voci monologano giorno e notte riversando sui popoli fiumi di parole mistificanti, attacchi, difese, esaltazioni. Ma in cosa consiste il meccanismo della polemica? Consiste nel ritenere l’avversario un nemico, quindi nel semplificarlo e nel rifiutarsi di vederlo”. 

In una realtà contrassegnata da così gravi problemi qual è la prospettiva che Camus auspica? In diverse conferenze realizzatesi nel 1949 in Sud-America, Camus sostiene: ”Occorre ritrovare i valori di cui vive questa coscienza comune oggi distrutta dal terrore. Il che significa che dobbiamo tutti creare, al di fuori dei partiti, comunità di riflessione che avvieranno il discorso tra le nazioni e affermeranno con la loro vita e i loro discorsi che questo mondo deve cessare di essere quello dei poliziotti, dei soldati e del denaro per diventare quello dell’uomo e della donna, del lavoro fecondo e del tempo libero meditato. La libertà che dobbiamo conquistare, infine, è il diritto di non mentire. Solo a questa condizione conosceremo le nostre ragioni di vivere e di morire”.

*già Provveditore agli studi di Ragusa

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