Cultura

Quando Agrigento scambiò i templi per mulini a vento

Non accadeva da tempo che fossero così affollate (più  sold out del “Pirandello”) chiese come la San Gregorio di contrada Cannatello

Pubblicato 1 anno fa

Gran “bella bestia” il teatro che gli agrigentini, quest’anno, ci sembra stiano assaporando “todo modo”. Non solo la programmazione del “teatro Pirandello” procede a gonfie vele con affluenza sold out per messinscene di grande significanza sociale ma anche teatri, cosiddetti  minori,  come il Posta vecchia resiste sugli scudi progressisti  sventolando un ritorno al 68 e perfino le parrocchie confermano questa attenzione rivolta al teatro. Non accadeva da tempo che fossero così affollate (più  sold out del “Pirandello”) chiese come la San Gregorio di contrada Cannatello con un pubblico che ha assistito ad una riedizione del “Pianto” di Jacopone da Todi allestito dagli attori superstiti del “Piccolo teatro pirandelliano” diretti da Lia Rocco. 

Un risveglio di interesse e probabilmente una richiesta di risposte che Agrigento si è decisa a rivolgere alla Chiesa e alla politica dopo la sorprendente conferma della “città della cultura 2025”. Una conferma tardiva e del resto l’abbiamo detto spesso che Agrigento era già città della cultura, ereditata ma poco elaborata e riconosciuta. Pindaro e Goethe ne sarebbero felici mentre il don Chisciotte che è stato messo in scena al “Teatro Pirandello” ci ha fatto ricordare gli anni 60-70 a cavallo della frana quando i don Chisciotte agrigentini scambiarono i templi per mulini a vento minacciandoli di farli saltare in aria.

Pochi oggi preferiscono ricordare che allora i templi furono messi sotto custodia dalla Polizia. Ed è un caso o una necessità che don Chisciotte ritorni ad Agrigento in coincidenza della fortunosa conferma di “città della cultura” per cancellare la metafora di una lotta donchisciottesca e di una Valle dei templi salvata dall’abusivismo proprio da una frana?  Una frana che non fece vittime ma che poi precipitò  nel dimenticatoio una città che avrebbe meritato ben altro. “Chi è pazzo e chi è normale” si chiedono i tre registi ( Boni, Aldorasi e Prayer) del don Chisciotte visto al “Pirandello”. La risposta ce l’hanno data Pirandello e Sciascia con i riferimenti che si trovano nelle loro opere e perfino le canzoni di Guccini e Lucio Dalla ci hanno dato risposte che evidentemente non sono state  avvertite visto  che la resilienza siculo-politica che abbiamo attraversato assomiglia troppo all’indifferenza. “Sono don Chisciotte – scrive Cervantes – le mie leggi sono sciogliere i torti, elargire il bene ed evitare il male. Fuggo dal dono della vita, dall’ambizione e dalla ipocrisia e cerco per la mia gloria il sentiero più angusto e difficile. E’ forse da sciocchi”?  Oggi, dice il sindaco di Agrigento Franco Miccichè ”Comincia una nuova era sociale”, e va benissimo per “l’effetto don Chisciotte” che dovrebbe cambiare l’habitus girgentano anche se ci vorrebbe un saggio come Sancho Panza, più realistico di don Chisciotte, che ci accompagni nelle nostre “avventure” offrendoci una prospettiva diversa, più adatta alla realtà, capace di saldare il punto di rottura tra il senso del mondo che la letteratura riproduce e il mondo che ha perduto i suoi sensi e la sua bussola.

Foto di Diego Romeo

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