Relazione sul ciclo dei rifiuti, Fava: “forte il condizionamento della mafia”
La Commissione antimafia dell’Assemblea Regionale Siciliana ha presentato i risultati dell’indagine svolta sul ciclo dei rifiuti in Sicilia. Il presidente della Commissione Regionale Antimafia Claudio Fava ha illustrato i contenuti principali della relazione approvata all’unanimità dai componenti e che delinea un quadro “opaco e a tratti imbarazzante”: l’accordo “a tavolino” dei raggruppamenti aggiudicatari della convenzione per […]
La Commissione antimafia dell’Assemblea Regionale Siciliana ha presentato i risultati dell’indagine svolta sul ciclo dei rifiuti in Sicilia.
Il presidente della Commissione Regionale Antimafia Claudio Fava ha illustrato i contenuti principali della relazione approvata all’unanimità dai componenti e che delinea un quadro “opaco e a tratti imbarazzante”: l’accordo “a tavolino” dei raggruppamenti aggiudicatari della convenzione per la realizzazione dei termovalorizzatori voluti da Cuffaro; la stagione delle generose autorizzazioni rilasciate in favore dell’impiantistica privata durante i governi successivi; le molte anomalie che hanno caratterizzato i relativi iter autorizzativi; le interferenze pubbliche e private; la pervasività della criminalità organizzata; il ricorso agli affidamenti diretti negli enti locali (almeno nel 33% dei Comuni siciliani); l’aumento significativo delle pratiche corruttive sanzionate dall’autorità giudiziaria (per ultima, la sentenza di condanna nei confronti di un funzionario regionale, l’architetto Cannova, e di alcuni imprenditori del settore, tra i quali l’ex patron dell’Oikos S.p.A., Domenico Proto).
“Abbiamo ricostruito vent’anni di scelte politiche ed amministrative per capire quali fossero le ragioni d’un sistema ancora fortemente imperfetto che prevede, come unico esito possibile, il conferimento finale alle grandi discariche private”, ha affermato Fava, evidenziando come sia emersa una sorta di subordinazione della classe dirigente rispetto a “gruppi di imprenditori che hanno rallentato, anche per responsabilità di una politica compiacente, ogni progetto di riforma che puntasse a un’impiantistica pubblica”. “Le responsabilità dei governi e dell’amministrazione regionale sono gravi”, aggiunge Fava. “Abbiamo ascoltato presidenti, assessori che per vent’anni, con pochissime eccezioni, hanno di fatto abdicato alla loro funzione di indirizzo politico, rendendosi invece disponibili ad un sistema di interferenze e di sollecitazioni che ricordano le vicende legate al sistema Montante”.
Inquietante, poi, il passaggio riservato ad alcuni scioglimenti per infiltrazioni mafiose disposti in Sicilia, a fronte di inchieste che si sono tutte concluse con il proscioglimento degli amministratori locali indagati o rinviati a giudizio. A riguardo, la Commissione Parlamentare Antimafia ha parlato di uso “disinvolto e strumentale” di tale strumento, ipotizzando che, in talune circostanze come nei casi di Scicli, Siculiana e Racalmuto, sia “oggettivamente servito a rimuovere, assieme alle amministrazioni comunali, le posizioni contrarie che quelle amministrazioni avevano formalizzato sulla ventilata apertura o sull’ampliamento di piattaforme private per lo smaltimento dei rifiuti”.
Un’analisi ulteriore e’ stata condotta dalla Direzione investigativa antimafia nella relazione relativa al semestre gennaio-giugno 2019, all’interno della quale e’ presente uno specifico focus dedicato proprio al rapporto mafia-rifiuti. Con riferimento al contesto siciliano, la Dia indica le due principali modalita’ di accesso utilizzate dalle cosche per consolidare la propria posizione di mercato: gli affidamenti diretti da parte degli enti locali dei servizi di raccolta, trattamento e conferimento ad imprese riconducibili a Cosa nostra o alla Stidda; le pratiche estorsive e intimidatorie nei confronti delle imprese sane che vengono fidelizzate, in modo da acquisirne il controllo. Soffermandosi sulla prima ipotesi, la Dia evidenzia come gli affidi diretti ad aziende collegate alla criminalita’ mafiosa siano stati agevolati dal costante ricorso alle pratiche emergenziali: “Le investigazioni hanno rivelato come l’affidamento sia spesso avvenuto (e prorogato) invocando, proprio come accaduto in Campania, una situazione emergenziale – spesso, peraltro, non debitamente giustificata od addirittura apparentemente provocata – ed attraverso la collaborazione, volontaria o condizionata, dei cosiddetti colletti bianchi: amministratori, funzionari e dipendenti pubblici, tecnici, imprenditori, professionisti, non organici all’organizzazione criminale, ma che comunque contribuiscono a realizzare strategie operative per favorire ed accrescerne le attivita’”. E, a proposito di questo contagio degli apparati della pubblica amministrazione, la Dia aggiunge: “Le infiltrazioni ed i condizionamenti della Pubblica amministrazione costituiscono, in Sicilia, uno schema ricorrente, anche se realizzato con modalita’ di volta in volta diverse”. Attraverso queste due collaudate modalita’ – un uso strumentale degli affidi diretti e il ricorso a pratiche estorsive – l’infiltrazione consente alle cosche criminali l’accesso ai fondi pubblici e, al tempo stesso, offre loro la concreta prospettiva di conseguire posti di lavoro per i propri affiliati, i familiari o, anche, soggetti estranei, favorendo e alimentando una sorta di ingannevole consenso sociale”.
La relazione ha voluto offrire una lettura critica, ed assolutamente inedita, anche sui metodi e i criteri di affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti urbani. Sono stati raccolti e messi a confronto tra loro i dati di 381 comuni (sui 390 della Sicilia) forniti dall’assessorato regionale competente, dagli uffici UREGA e dalle stesse amministrazioni comunali.
Nelle conclusioni, la Relazione esprime un’urgenza, e cioè che “occorre rendere la gestione del ciclo dei rifiuti in Sicilia una risorsa produttiva ed economica ed al tempo stesso un’occasione di dignità civile collettiva”, ribadendo che per farlo è necessaria “una risposta delle istituzioni e della politica rapida, alta e ferma alle pratiche corruttive, al prevalere degli interessi privati, a certe inerzie della funzione amministrativa”.
L’auspicio da parte della Commissione, infine, è quello di dotarsi di una governance pubblica “in grado di individuare e realizzare tutte quelle condizioni tecniche, logistiche ed organizzative che consentano di adeguare le modalità di erogazione dei servizi di igiene urbana ed ambientale agli standard europei, uscendo dalla logica emergenziale e dalla ricerca di soluzioni di corto respiro”, una logica che finora, così come scritto dalla Commissione, ha finito “per svilire qualsivoglia aspetto programmatico o per favorirne il repentino accantonamento”.