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Mafia, venti boss agrigentini detenuti al 41bis: ecco chi sono 

Sono oltre duecento i mafiosi che stanno scontando condanne, quasi la totalità all’ergastolo, in regime di 41bis. Tra questi ci sono anche venti boss della provincia di Agrigento

Pubblicato 2 anni fa

L’ormai noto caso Cospito, l’anarchico in sciopero della fame che sta scontando la pena dell’ergastolo in regime di 41bis, ha riacceso il dibattito sul cosiddetto “carcere duro”. Ma cos’è il 41bis? Si tratta di un particolare regime carcerario per alcuni detenuti (anche in attesa di giudizio) incarcerati per reati di criminalità organizzata, terrorismo, eversione e altri tipi di reato. 

Il carcere duro si applica a singoli detenuti ed è volto a ostacolare le comunicazioni degli stessi con le organizzazioni criminali operanti all’esterno. Il 41 bis è anche detto “carcere duro” per le restrizioni imposte rispetto al regime ordinario: isolamento nei confronti degli altri detenuti,  non ha accesso a spazi comuni del carcere, l’ora d’aria è limitata (concessa solamente per alcune tipologie di reato) – rispetto ai detenuti comuni – a due ore al giorno e avviene anch’essa in isolamento, il detenuto è costantemente sorvegliato da un reparto speciale, limitazione dei colloqui con i familiari, limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere tenuti nelle camere di pernottamento. 

Sono oltre duecento i mafiosi che stanno scontando condanne, quasi la totalità all’ergastolo, in regime di 41bis. Tra questi ci sono anche venti boss della provincia di Agrigento.  Figure “storiche” della mafia agrigentina e anche quelle più “recenti”, coinvolte nelle ultime inchieste su Cosa nostra. Ecco chi sono.

Luigi Boncori: considerato il capo della famiglia mafiosa di Ravanusa, condannato a 20 anni di reclusione nell’operazione Xidy; Giancarlo Buggea, ritenuto membro di spicco del mandamento mafioso di Canicattì, condannato a 20 anni nell’operazione Xidy; Mario Capizzi, al vertice della famiglia mafiosa di Ribera, condannato all’ergastolo poiché coinvolto nel sequestro del piccolo Di Matteo; Calogero Di Caro, storico capo del mandamento di Canicattì, condannato a 22 anni nell’inchiesta Vultur e 20 anni nell’operazione Xidy; Giuseppe Falsone, capo di cosa nostra agrigentina, condannato all’ergastolo dopo essere stato arrestato a Marsiglia dopo anni di latitanza; Giuseppe Fanara, di Santa Elisabetta, condannato all’ergastolo; Salvatore Fragapane, storico capo dell’intera provincia di Agrigento, condannato all’ergastolo; Stefano Fragapane, figlio di Salvatore, condannato all’ergastolo per diversi omicidi; Francesco Fragapane, figlio di Salvatore e fratello di Francesco, condannato a 14 anni per aver tentato di costituire il mandamento della Montagna; Joseph Focoso, condannato all’ergastolo per l’omicidio del maresciallo Guazzelli; Vincenzo Licata, di Grotte, sta scontando tre ergastoli; Angelo Longo, ritenuto il capo della famiglia di Cammarata, sta scontando l’ergastolo perché coinvolto nel sequestro del piccolo Di Matteo; Antonio Massimino, condannato a 20 anni nell’inchiesta Kerkent, ritenuto al vertice della famiglia di Villaseta; Giuseppe Messina, empedoclino, condannato all’ergastolo; Gerlandino Messina, ritenuto per anni il numero due di cosa nostra agrigentina, condannato all’ergastolo e catturato dopo anni di latitanza; Giuseppe Nugara, ritenuto il capo della famiglia di San Biagio Platani, sta scontando 16 anni dopo l’operazione Montagna; Giuseppe Putrone, fratello del collaboratore Luigi, empedoclino, sta scontando l’ergastolo; Ignazio Ribisi, di Palma di Montechiaro, sta scontando l’ergastolo per l’omicidio di Pietro Giro; Giuseppe Sicilia, ritenuto il capo della famiglia mafiosa di Favara, condannato a 18 anni e 8 mesi nell’inchiesta Xidy. 

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