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“Mafia e traffico di droga”, al via il processo “Ianus” per 6 agrigentini 

Sei dei quindici imputati sono agrigentini

Pubblicato 17 ore fa

Al via questa mattina la prima udienza del processo scaturito dall’inchiesta “Ianus”, l’operazione che lo scorso anno fece luce sulla riorganizzazione di Cosa nostra gelese e su un vasto traffico di stupefacenti gestito dai vertici del clan con contatti nelle province di Agrigento, Caltanissetta e Catania. Sono 15 gli imputati in questo stralcio processuale che segue il rito ordinario e che si sta celebrando davanti il collegio di giudici presieduto da Francesca Pulvirenti.

Sei dei quindici imputati sono agrigentini: si tratta di Ignazio Agrò, 66 anni, di Racalmuto; Gianluca Attardo, 44 anni, di Agrigento; Loredana Marsala, 44 anni, di Canicattì; Diego Milazzo, 41 anni, di Canicattì; Morena Milazzo, 39 anni, di Canicattì; Giuseppe Terrasi, 46 anni, di Agrigento. Insieme a loro ci sono imputati anche: Giuseppe Tasca, 53 anni, di Gela; Vincenzo Alabisio, 26 anni, di Gela; Rosario Greco, 58 anni, di Gela; Giuseppe Benedetto Curvà, 39 anni, di Gela; Ivan Escobar Buritica, 32 anni, nato in Colombia; Marius Vasile Martin, 34 anni, residente a Canicattì; Vincenzo Mazzola, 25 anni, di Palermo; Maurizio Domicoli, 59 anni, di Gela; Dario Rinzivillo, 38 anni, di Vittoria e Andrei Pascal, 40 anni, nato in Romania. Il dibattimento non è stato ancora formalmente aperto e gli avvocati della difesa hanno sollevato alcune questioni preliminari contestando – ad esempio – la legittimità del decreto che ha disposto il giudizio. Un altro difensore ha chiesto, invece, il patteggiamento a dieci mesi di condanna (in continuazione con altre) di Filippo Scordino, 36 anni, di Catania mentre l’avvocato di Gioacchino Giorgio, 39 anni, di Licata, aveva avanzato richiesta di ricusazione. Si torna in aula a fine mese. 

L’OPERAZIONE IANUS

Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Caltanissetta, iniziate alla fine del 2018, hanno consentito di tracciare le linee operative di cosa nostra in territorio gelese, acclarando ancora una volta la piena operatività dei due gruppi che animano la suddetta consorteria mafiosa nel territorio, ovvero il gruppo Rinzivillo e il gruppo Emmanuello (da qui il nome dell’operazione, “Ianus”: una delle divinità più antiche, solitamente raffigurata con due volti cosiddetto Giano Bifronte, proprio a sottolineare i due volti di cosa nostra). L’indagine dei poliziotti della Squadra Mobile, S.I.S.C.O. Caltanissetta e Commissariato di P.S. di Gela – ha consentito di far emergere gravi indizi anche in ordine agli ingenti investimenti dell’organizzazione mafiosa cosa nostra operante a Gela nella realizzazione di serre finalizzate alla coltivazione di marijuana; al contempo avrebbe utilizzato tale tipologia di droga come merce di scambio per ottenere sostanze stupefacenti di altro genere quale cocaina, dalle organizzazioni criminali reggine e catanesi. In dettaglio, tra cosa nostra gelese e soggetti legati alla ‘ndrangheta calabrese e, segnatamente, alla ‘ndrina Longo di Polistena, nonché con esponenti della criminalità organizzata catanese, il traffico di droga si sostanziava per i gelesi nell’importazione di cospicui quantitativi di cocaina e hashish e nell’esportazione di sostanza stupefacente del tipo marijuana.  Ciò è stato ricostruito in forza delle emergenze investigative tratte dal contenuto delle intercettazioni di conversazioni tra gli odierni indagati ed ha trovato riscontro in numerosi sequestri di marijuana il cui quantitativo complessivo si attesta su 1000 kg circa di stupefacente del tipo marijuana; inoltre, secondo una stima fatta proprio dagli stessi indagati nel corso delle conversazioni captate, il quantitativo settimanale di sostanza stupefacente immessa sul mercato si aggirava intorno a 1 o 2  kg di cocaina, con conseguenti cospicui guadagni per milioni di euro. L’indagine ha altresì fatto luce anche in ordine ai rapporti tra cosa nostra e l’altra organizzazione mafiosa operante a Gela e segnatamente la stidda, censendo taluni incontri tra i rispettivi vertici. Durante l’attività investigativa emergeva la disponibilità di armi ed esplosivi da parte dei sodali. Al fine di scongiurare il verificarsi di gravi fatti reato era tratto in arresto uno degli indagati, in quanto trovato in possesso di un ordigno rudimentale, che gli artificieri della Polizia di Stato, prontamente intervenuti, facevano brillare in piena sicurezza. La pericolosità presunta di alcuni degli indagati, oltre che dalla detenzione delle armi, emergeva anche dal tenore delle conversazioni captate. Oltre alle misure cautelari, la Polizia di Stato ha proceduto al sequestro preventivo di una villa con piscina sita a Gela ed un’auto di grossa cilindrata, beni riconducibili a taluno degli indagati.

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