Mafia

La mafia trapanese voleva supermercati nell’agrigentino (almeno due) e a Sciacca non si apre senza permesso dei boss

I particolari della retata di stanotte che evidenziano il grande interesse illecito legato alla grande distribuzione alimentare

Pubblicato 2 settimane fa

La mafia mirava ad entrare nella grande distribuzione alimentare acquistando, attraverso imprenditori compiacenti, 12 supermercati a marchio Coop. Emerge dall’indagine della Dda di Palermo che ha portato a 11 arresti. Al progetto, che si sarebbe dovuto realizzare attraverso l’attribuzione fittizia delle quote della società usata per l’acquisto e che comprendeva aperture di supermercati anche nell’agrigentino, partecipavano gli imprenditori di Salemi vicini a Messina Denaro, Andrea e Salvatore Angelo, e indiziati di mafia come Vincenzo Lo Piccolo. Secondo gli inquirenti erano tutti soci occulti della Grande Distribuzione Sicilia, che avrebbe dovuto acquisire i supermercati. L’affare sfumò perchè Coop Alleanza 3.0, titolare delle Coop in Sicilia, preferì cedere i punti vendita a un altro acquirente. “Voi dovete entrare…la coop minchia nell’affare”: diceva, non sapendo di essere intercettato, uno degli indagati. “La società – spiegava – la registriamo a Milano. Non vogliamo fare apparire i proprietari siciliani”. “Se gli amici miei si devono prendere la Coop – spiegava Vincenzo Lo Piccolo – e prendendosi la Coop sono nostri e ci sono operai nostri”.

I soggetti interessati all’affare progettavano anche di far vendere ai supermercati i loro prodotti. “Questa combriccola che stanno per prendersi la Coop appena loro si mettono a cavallo siamo padroni di entrare i formaggi”, dicevano. Nel business sarebbero stati coinvolti anche Giovanni Beltrallo, già indagato per mafia, e Bartolomeo Anzalone, vicino a Domenico Scimonelli, imprenditore della grande distribuzione ritenuto prestanome di Matteo Messina Denaro.

Dalle intercettazioni emerge con chiarezza che Andrea Angelo, innanzitutto, rassicurava il Burrafato che l’essersi recato in Calabria per incontrare un esponente criminale così potente (Paolo Strangio dell’omonima famiglia ndrangheta, incontro avvenuto a San Luca, ndr) sarebbe potuto essere fonte di “problemi” per altre persone, ma certamente non per loro, che godevano di un “nulla osta a 360 gradi” che li autorizzava a muoversi negli ambiti mafiosi di tutta la Sicilia ed oltre (“…noi possiamo stare a Palermo a Trapani a Agrigento, Catania, Enna, Caltanissetta ovunque! Gli altri … hanno problemi a muoversi, noi non abbiamo problemi… abbiamo il nulla osta” a 360 gradi!”).

Le conversazioni captate (relative in particolare alla costituzione della “Grande distribuzione Sicilia S.r.l.”, individuata come veicolo per l’acquisto dei supermercati), svelavano le intenzioni dei fratelli Francesco Paolo e Leonardo Palmeri: costituire una società occulta con altri soggetti – tra cui il pregiudicato Bartolomeo Anzalone – non solo per acquisire i supermercati ma anche per realizzare altri investimenti a Castelvetrano. A tale fine, del resto, i Palmeri progettavano anche di rilevare il deposito ex “Despar”, che come è noto era stato di proprietà di Giuseppe Grigoli, in esplicita continuità con la “piattaforma di Messina Denaro”.

Un dialogo sul tema veniva registrato il 23 giugno 2020 tra Leonardo Palmeri, Maurizio Calaciura ed Enrico La Venuta, alla presenza della segretaria regionale della Cisl, Domenica Calabrò, detta “Mimma”. Nella prima fase dell’incontro, il Palmeri confermava che il suo scopo era quello di dare “continuità” al marchio Despar, acquisendo il deposito di Castelvetrano che, prima della confisca, era stato di proprietà di Giuseppe Grigoli (” … noi abbiamo bisogno di avere un guadagno nostro perché è necessario, dobbiamo vivere e uno che investe deve avere un ritorno chiaramente il problema nostro diventa poi ed ecco perché io lo dicevo l’ampliamento che noi vogliamo andare a fare … perché è chiaro che io nella provincia di Trapani devo aprire almeno 3 supermercati… nella provincia di Agrigento devo aprire almeno 2 supermercati… a Castelvetrano… ti ricordi la famosa piattaforma Despar appartenente a quel personaggio che purtroppo poi gli hanno tolto anche le pseudo-mutande? Questo in questo momento è libero, in questo momento il Tribunale lo “affitta” significa che se noi in questo momento andiamo in quel deposito è come se diamo continuità”).

Allontanatasi la Calabrò, il discorso di Leonardo Palmeri si faceva molto più esplicito: egli, infatti, indicava la “Despar” come “piattaforma di Messina Denaro” e chiariva che per effettuare l’investimento sarebbe stato necessario avere l’assenso delle famiglie mafiose, così da evitare di recarsi in “casa d’altri” senza essere stati invitati (“hai capito perché gli ho detto Despar, gli ho detto la piattaforma di Messina Denaro per dire … così si può dire… perché quello significa che noi non è per dire che andiamo là a rompere i coglioni a qualcuno … andiamo là perché qualcuno dice: ci puoi venire qua a casa mia … in molti posti non si aprono i supermercati … ti ho detto che a Sciacca non aprirà nessuno! Hai presente nessuno? Fino a quando non arriva uno e dice: qua posso aprire io? Sì posso aprire e ci vai … “)

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