Agrigento

“Offesi da parole del magistrato Carlisi”, insorge la Polizia Penitenziaria

Il sindacato della Polizia Penitenziaria chiede l'intervento del ministro Nordio per le parole del magistrato agrigentino Carlisi

Pubblicato 3 anni fa

”Troviamo di una inaudita gravità le parole dette dal Magistrato di Sorveglianza di Agrigento, Walter Carlisi, nel corso del dibattito dal titolo ‘Carcere. Non solo privazione della libertà’, organizzato da Camera Penale di Agrigento e Nessuno tocchi Caino – Spes contra Spem. E’ il commento di Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, alle dichiarazioni rilasciate dal magistrato di sorveglianza di Agrigento.

“Il magistrato, in un consesso in cui per altro non vi era alcun appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria o all’Amministrazione Penitenziaria che avrebbe potuto replicare e che è stato registrato e diffuso su Radio Radicale, parlando di carcere, ha sostanzialmente detto che a volte chi rappresenta lo Stato in carcere, ovvero le donne e gli uomini appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, dimentica la sua funzione istituzionale per identificarsi in una ‘cosca di parte’, delinquenziale e criminale, ‘una cosca di camorristi’ vestiti di blu, dal colore della tuta operativa di servizio del Corpo. – continua Capece – Queste parole appaiono inaccettabili gli appartenenti al Corpo! Walter Carlisi, per quel che ha detto e nel luogo in cui l’ha detto, non può più essere considerato figura di garanzia e di terzietà e credo che il Ministro della Giustizia Carlo Nordio gliene dovrebbe chiedere conto. Il Sappe ha già dato mandato allo Studio legale di predisporre ogni utile intervento ed iniziativa a tutela dell’onorabilità di chi in carcere lavora in prima linea, ovvero le donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria”.

 Capece ricorda che ”è grave che il magistrato di sorveglianza di Agrigento Walter Carlisi non abbia detto nel suo intervento una parola sulla degenerazione penitenziaria causata dalla vigilanza dinamica e dal regime aperto a tutti i detenuti, indiscriminatamente, che ha favorito l’esplosione degli eventi critici nelle carceri. Fa riferimento alla generica ‘comunità penitenziaria’, affollata da Garanti et similia che conoscono il carcere solo dalle parole dei detenuti, ed evidentemente dimentica che lui dovrebbe essere parte terza di garanzia dello Stato proprio nel complesso sistema dell’esecuzione della pena. Ha prove tangibili di quel che dice sulla presunta ‘una cosca di camorristi’ vestiti di blu? E perché non ha mai denunciato qualcosa o qualcuno?” “Porti rispetto agli appartenenti alla Polizia Penitenziaria, Corpo di Polizia a cui appartengono donne e uomini che pressoché quotidianamente hanno a che fare con detenuti che mettono a repentaglio l’ordine e la sicurezza della sezione detentiva, che si confrontano a detenuti con in mano una o più lamette intrise di sangue, o con una padella piena di olio bollente tra le mani pronta per essere buttata in faccia all’operatore, o con un piede di tavolino in mano pronto ad essere scagliato contro un poliziotto. – conclude Capece – Dovrebbe sentire anche lui, sul suo viso, i pugni, le sberle, gli sputi che prendono i nostri Agenti in servizio dai detenuti più violenti. E allora ci si aspetta altro da chi è Magistrato di Sorveglianza, che non quelle parole gravi, infamanti e violente, per altro dette senza contradditorio alcuno!”.

LA LETTERA DEL MAGISTRATO CARLISI

Un’ “infelice e inopportuna espressione” riferita “non ad un giudizio generalizzato – che sarebbe inammissibile oltre che ingiusto- nei confronti di Servitori dello Stato, ma a fatti specifici, svoltisi in Santa Maria Capua Vetere”. Lo scrive in una lettera indirizzata al ministro della Giustizia , il magistrato di Agrigento Walter Chiarini finito al centro della polemica per aver usato l’espressione “cosca di parte” nei confronti di agenti della polizia penitenziaria nel corso di un intervento a un convegno, esprimendo il suo “profondo rammarico” se le sue parole al di là delle intenzioni hanno “offeso legittimi sentimenti”. Nella lettera indirizzata anche al capo del Dap e al presidente del tribunale di sorveglianza di Agrigento, la sua sede di lavoro, Carlisi esprime la sua “grande stima” per la polizia penitenziaria e per le sue rappresentanze “per l’alto senso dello Stato, del dovere, del sacrificio e dell’impegno diuturno, prestati in condizioni che spesso travalicano i limiti dell’esigibile”. Stima, scrive , “testimoniata dagli eccellenti rapporti intrattenuti nel corso di tutta la carriera e in particolare dei 12 anni di servizio ininterrotto delle funzioni di magistrato d sorveglianza”. E sottolinea che il discorso pronunciato nel corso di un convegno sulle carceri che si è tenuto a Canicattì il 26 novembre scorso va interpretato nel suo contesto e che in particolare la frase contestata “è stata preceduta da un chiaro e inequivoco richiamo ai valori del dovere e della disciplina”. Il riferimento era ai fatti di Santa Maria Capua Vetere che “ove giudizialmente accertati nei termini che emergono dalle immagini divulgate, mostrano quella contrapposizione conflittuale con cui lo Stato svanisce nella sua fondamentale e costituzionalmente irrinunziabile funzione di terzietà e di composizione dei conflitti”. Il magistrato si dice pronto a fornire “ogni ulteriore chiarimento che tragga da questa spiacevole vicenda nuovo slancio per il miglior servizio delle istituzioni allo Stato cui tutti siamo tenuti, ciscuno nello svolgimento delle proprie funzioni”.

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