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Droga e ricatti sessuali in una comunità a Favara, chieste 7 condanne 

Nell’indagine che ipotizza un giro di droga e maltrattamenti all’interno della comunità Oasi di Emmanuele di Favara

Pubblicato 1 anno fa

Il sostituto procuratore della Repubblica Paola Vetro ha avanzato la richiesta di condanna nei confronti di sette imputati coinvolti nell’inchiesta “Dark Community”, l’indagine che ipotizza un giro di droga e maltrattamenti all’interno della comunità Oasi di Emmanuele di Favara. La pena più alta (12 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione) è stata chiesta per Chyaru Bennardo, 40 anni di Favara. Il pubblico ministero ha altresì chiesto: 6 anni di reclusione per Carmelo Cusumano, 52 anni di Favara; 6 anni di reclusione per Carmelo Nicotra, 38 anni, di Favara; 4 anni di reclusione per Luigi Capraro, 24 anni di Agrigento, e Gaetano Lombardo, 47 anni di Favara; 4 anni e 4 mesi di reclusione sono stati proposti per Giovanni Colantoni, 27 anni. Tre anni di reclusione, infine, è la richiesta di condanna per Salvatore D’Oro, 50 anni, di Favara. Il prossimo 8 febbraio gli avvocati della difesa – Salvatore Cusumano, Fabio Inglima Modica, Maria Alba Nicotra,Vincenzo Caponnetto, Ivana Rigoli, Daniele Re – prenderanno la parola per le arringhe. Il 14 marzo, invece, il gup Iacopo Mazzullo emetterà la sentenza. 

Nell’inchiesta sono coinvolti altri sette imputati. Per loro, che seguiranno la via del rito ordinario, il processo comincerà il prossimo 14 febbraio davanti i giudici della prima sezione penale del tribunale di Agrigento presieduta da Alfonso Malato. Si tratta di: Antonio Presti, 37 anni; Calogero Rizzo, 36 anni; Giuseppe Papia, 64 anni di Favara (difesi dagli avvocati Calogero Vetro, Antonietta Pecoraro e Gianluca Sprio) e di Paolo Graccione, 45 anni nato in Germania; Antonio Emanuele Gramaglia, 29 anni; Gaetano Gramaglia, 33 anni; Fiorella Bennardo, 43 anni di Favara (tutti difesi dall’avvocato Daniela Posante). 

Al centro dell’inchiesta c’è la comunità Oasi di Emmanuele. La struttura, che sulla carta si sarebbe dovuta occupare del recupero di persone con problemi psichici e di tossicodipendenza, si è ben presto rivelata una centrale di spaccio. La droga entrava e usciva con facilità e veniva venduta anche ai pazienti. E chi non riusciva a pagarla veniva “invitato” a saldare il debito con prestazioni sessuali. Tra le contestazioni anche un ricatto a sfondo sessuale con la minaccia di diffondere video e immagini compromettenti. La vittima, rappresentata dall’avvocato Samantha Borsellino, si è costituita parte civile. 

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