Il delitto di Patrizia Russo, ergastolo al marito Giovanni Salamone
Il pm aveva chiesto la condanna a 21 anni di carcere, la Corte di assise ha inflitto l’ergastolo
Carcere a vita. La Corte di assise di Alessandria ha condannato all’ergastolo Giovanni Salamone per il femminicidio della moglie Patrizia Russo, uccisa nel sonno a coltellate la notte del 16 ottobre 2024 in un appartamento di Solero, piccolo paese nell’Alessandrino. I giudici hanno inflitto la massima pena all’imputato andando ben oltre la richiesta del pubblico ministero che, a margine della requisitoria, aveva invocato una condanna a 21 anni di reclusione. Giovanni Salamone, difeso dall’avvocato Salvatore Pennica, era accusato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dall’aver agito contro la coniuge. La Corte non soltanto non ha riconosciuto le attenuanti generiche ma ha anche trasmesso gli atti alla procura di Agrigento in seguito alla confessione di Salamone di avere ucciso il proprio cane. Disposta, infine, una provvisionale esecutiva di 250 mila euro ciascuno in favore dei due figli, costituitisi parte civile tramite gli avvocati Maria Luisa Butticè e Annamaria Tortorici
I protagonisti di questo dramma sono volti noti ad Agrigento. Giovanni Salamone, 61 anni, agricoltore e commerciante di prodotti della terra con la passione per l’ambiente. Da anni era uno degli attivisti, impegnato sul fronte di Punta Bianca, dell’associazione ambientalista Mareamico. Nel 2020 aveva anche tentato la carriera politica, candidandosi al Consiglio comunale senza successo. Patrizia Russo, 53 anni, stimata insegnate di sostegno. In molti la ricordano per le sue esperienze prima alla scuola media “Castagnolo” di Agrigento e poi all’istituto “Andrea Camilleri” di Favara. Amava il suo lavoro, sorridente, sempre disponibile. Una famiglia come tante che ha vissuto momenti felici e di sconforto, alti e bassi che contraddistinguono la quotidianità di vita delle persone ma mai – almeno fino a quel drammatico 16 ottobre 2024 – un segnale che potesse lasciar presagire un epilogo così tragico.
Salamone prima accoltella la moglie mentre dormiva. Poi la chiamata ai carabinieri e la confessione: “Ho fatto una sciocchezza”. Il motivo ancora oggi rimane un mistero e Salamone, sottoponendosi all’esame, ha attribuito la responsabilità del delitto al demonio poiché a suo dire in quel momento “era posseduto da Satana”. Per questo motivo la difesa aveva chiesto una perizia psichiatrica per valutarne la capacità di intendere e volere. Una richiesta, a cui si erano fermamente opposti il pubblico ministero e gli avvocati della parte civile Maria Luisa Butticè e Annamaria Tortorici, che è stata rigettata dalla Corte di assise che ha ribadito come già in fase preliminare di indagine sia stata esclusa anche una parziale incapacità di intendere e volere dell’imputato.
LE PARTI CIVILI SODDISFATTE DELL’ERGASTOLO
“Siamo onestamente soddisfatte per esito sanzionatorio, perché riconosce la piena capacità dell’imputato nella commissione del delitto. Naturalmente i due figli Francesco e Giuliana hanno accolto questo verdetto con la compostezza sempre mantenuta e sperano, chiudendo oggi il primo grado, di potersi riappropriare di una normalità di vita che durante anche la pendenza del giudizio è stata, sotto il profilo emotivo, molto condizionata. Per il resto aspetteremo di leggere le motivazioni”. Così le avvocate Maria Luisa Butticè e Anna Maria Tortorici (Foro Agrigento), parti civili per i due figli – di 27 e 23 anni – della coppia Salamone-Russo. L’uomo è stato condannato all’ergastolo. “Siamo anche soddisfatte . aggiungono – della provvisionale di 250mila per ognuno. Resteremo accanto a questi ragazzi per metterli in condizione di avere quel minimo di ristoro economico, anche attraverso i canali istituzionali di tutela per vittime di questi reati. Per consentire loro di affrontare il futuro almeno con una tranquillità sotto questo punto di vista, avendo le risorse di cui in questo momento sono privi”. Per Butticè e Tortorici è una storia tristissima, alla quale “la Corte ha dato il giusto peso, mettendo in primo piano le vittime: in primis Patrizia, che non ha avuto voce per difendersi. Poi Giuliana, sempre con un contegno rispettoso con cui ha dato voce al dolore della madre. È quello che la giustizia deve fare. Non si può disporre della vita altrui come si vuole”.
LA DIFESA DI SALAMONE, AVVOCATO PENNICA: “ANDREMO IN APPELLO”
“Leggeremo le motivazioni, ma al 100% andremo in appello. Sono rispettosissimo della sentenza, ma niente di quanto da noi proposto è stato accolto. La sintesi non può andare a discapito delle ragioni della difesa”. Così l’avvocato Salvatore Pennica, difensore di Giovanni Salamone, dopo la condanna in primo grado all’ergastolo per l’uomo di 62 anni reo confesso. “La Camera di Consiglio è durata poco dopo le 12 alle 13.30 e l’impressione è che la decisione fosse già stata maturata”, ha aggiunto.