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Licata, “torture a disabili e immagini sui social”: 28enne lascia il carcere

Il 28enne è stato condannato a 9 anni di reclusione per le torture ai danni di invalidi a Licata

Pubblicato 2 anni fa

Il giudice del tribunale di Agrigento Francesco Provenzano, accogliendo l’istanza avanzata dagli avvocati Giovanni Castronovo e Santo Lucia, ha sostituito la misura cautelare del carcere con quella degli arresti domiciliari (con braccialetto elettronico e comunque fuori il territorio di Licata) nei confronti di Antonio Casaccio, 28 anni, condannato in primo grado a 9 anni di reclusione nell’ambito dell’inchiesta sulle torture avvenute a Licata ai danni di invalidi civili. La Procura di Agrigento aveva espresso parere negativo alla scarcerazione.

Casaccio fu condannato lo scorso dicembre – insieme ad altre tre persone – a nove anni di reclusione per tortura, primo caso in Sicilia dall’istituzione del reato nel 2017. Casaccio lascia, dunque, il carcere dove si trovava ristretto dal gennaio 2021. Secondo il giudice bisogna tenere conto di una “rivalutazione consapevole da parte dell’imputato della sua condotta e, comunque, la necessità di contemperare la misura in atto con le esigenze cautelari”.

LE INDAGINI

L’inchiesta, coordinata dal procuratore capo Luigi Patronaggio e dal sostituto procuratore Gianluca Caputo, risale al gennaio scorso quando i carabinieri della Compagnia di Licata – guidati dall’allora capitano Francesco Lucarelli – fermarono tre persone accusate di aver picchiato e torturato tre disabili psichici postando poi sui social le immagini registrate con uno smartphone. La vicenda ha avuto un notevole impulso con la decisione delle vittime, spaventate e intimidite, di rompere il muro del silenzio e denunciare tutto ai carabinieri con non poche difficoltà dovute al timore di poter subire ritorsioni. Ritorsioni che puntualmente si sono verificate ai danni di uno degli invalidi che, appena due giorni prima, aveva denunciato i suoi aguzzini. Il 21 gennaio 2021, infatti, una delle vittime che aveva deciso di parlare con i carabinieri viene aggredita da più persone. Lo scorso 15 gennaio una delle vittime fu trascinata, legata con nastro adesivo in un vicolo di via Mazzini e picchiata con calci e pugni mentre altri riprendevano con un cellulare la scena poi puntualmente postata da uno dei tre indagati sul proprio profilo Facebook con tanto di faccina sorridente e la didascalia: “Imballaggio Bartolini, consegnamo pacchi in tutta Italia. Per info contattatemi”. 

LE REAZIONI

La sconvolgente notizia fece in breve tempo il giro d’Italia e sono state diverse le nette prese di posizione delle Istituzioni. Il prefetto di Agrigento, Maria Rita Cocciufa, commentò così: “Fatti come quelli verificatisi a Licata ci ricordano che l’intolleranza, la mancanza di rispetto nei confronti del diverso sono ancora attuali e purtroppo presenti nella nostra comunità.” Un intervento molto duro sulla vicenda venne fatto anche dall’allora Arcivescovo di Agrigento, il cardinale Francesco Montenegro. 

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