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L’omicidio dell’imprenditore Passafiume: le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia 

I collaboratori di giustizia agrigentini hanno avuto un ruolo di assoluto rilievo nel processo sull'omicidio dell'imprenditore Passafiume

Pubblicato 1 mese fa

Un ruolo di assoluto rilievo nel processo sull’omicidio dell’imprenditore Diego Passafiume, che ha portato alla condanna all’ergastolo di Filippo Sciara, uomo d’onore di Siculiana, lo hanno certamente avuto le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. I pentiti della mafia agrigentina (e non soltanto) sono stati escussi nel corso del dibattimento fornendo importanti contributi sia sul caso specifico che sul contesto criminale e della operatività di Cosa nostra in provincia di Agrigento e, in particolare, nella bassa Quisquina.

Occorre, fin da subito, fare un distinguo tra quanto dichiarato dal collaboratore Pasquale Salemi, già uomo d’onore della famiglia di Porto Empedocle, e quanto invece riferito da tutti gli altri. Il primo, infatti, è stato l’unico tra i pentiti a parlare direttamente dell’omicidio Passafiume e del coinvolgimento di alcuni soggetti tra cui l’odierno imputato Filippo Sciara.  Gli altri collaboratori di giustizia, invece, hanno fornito un quadro generale del contesto in cui operava Cosa nostra agrigentina offrendo anche spunti sui profili criminali di alcuni soggetti tra i quali Giovanni Pollari, Mario Capizzi e Filippo Sciara.  Tra i pentiti sentiti in questo processo compaiono Luigi Putrone, ex capo della famiglia mafiosa di Porto Empedocle; Giuseppe Salvatore Vaccaro, già uomo d’onore della famiglia mafiosa di Santa Elisabetta; Calogero Rizzuto, alias “Cavigliuni”, cugino del boss Leo Sutera ed ex capo della famiglia mafiosa di Sambuca di Sicilia; Alfonso Falzone, tra i più spietati killer di Cosa nostra agrigentina ed ex vicecapo della famiglia mafiosa di Porto Empedocle; Giovanni Brusca, già capo del mandamento di San Giusepe Jato, conosciuto in particolare modo per essere stato il “boia di Capaci”

Le dichiarazioni di Pasquale Salemi, la Corte di Assise: “Pienamente credibili”

Pasquale Salemi, alias “Maraschino” come il liquore che amava bere, è deceduto due anni fa. Per molti è stato il pentito dalle mille giravolte, motivo per il quale la Corte di Assise di Agrigento ha dovuto procedere con la massima cautela e prudenza alla verifica della sua attendibilità. In merito all’omicidio Passafiume sono quattro i verbali di interrogatori acquisiti durante il processo e, in particolare, quelli del 4 luglio 1997; del 25 settembre 1997; del 20 febbraio 1998 e del 3 settembre 2001. La collaborazione di Salemi è stata travagliata. Nel 1997, sebbene non fosse gravato da alcun provvedimento, si presenta spontaneamente all’autorità giudiziaria e decide di parlare. Le sue dichiarazioni, in un primo momento, sono poderose e confluiscono nei più importanti processi alla mafia agrigentina facendo luce anche su diversi omicidi avvenuti in provincia: l’omicidio di Calogero Iacono avvenuto il 15 marzo 1987; l’omicidio di Gerlando Mallia avvenuto il 25 giugno 1987; l’omicidio di Giuseppe Lo Zito avvenuto il l8 luglio 1987; l’omicidio di Benito Picarella avvenuto il 13 settembre 1990; l’omicidio di Francesco Triassi ed il tentato omicidio di Salvatore Catania commessi 1l dicembre 1991; l’omicidio di Gaetano Farruggia avvenuto l’11 luglio 1991; gli omicidi di Calogero Zaffuto e Angelo Carlisi commessi il 21 aprile 1993; l’omicidio di Franco Mallia avvenuto l’11 agosto 1993. È pur vero che lo stesso Salemi, in alcune occasioni, aveva taciuto la propria partecipazione a taluni delitti, omettendo di chiamare in correità taluni suoi stretti congiunti (il cugino Messina Gerlandino, ma anche Focoso Giuseppe e Amodeo Gaetano), e che aveva accusato Gambacorta Giuseppe di gravi fatti di sangue pur sapendolo innocente. Salemi torna alla ribalta delle cronache nell’ottobre 2015 quando la Dda lo toglie dal programma di protezione poiché pizzicato a contattare parenti e conoscenti di Porto Empedocle per ottenere informazioni sullo stato di Cosa Nostra e poter girare a proprio vantaggio quanto appreso. Analogamente, Maraschino viene ulteriormente intercettato mentre, al telefono con una donna pregiudicata, indicava la via, oltre a chiederle di fornirgli un pc, per “vendere” collaboratori di giustizia. Da qui l’estrema cautela della Corte di Assise di Agrigento che comunque, come avvenuto in altre precedenti occasioni, valuterà positivamente l’attendibilità di Salemi. Il 4 aprile 1997 Salemi delinea la figura di Giovanni Pollari:Sempre a causa del sistema impositivo e violento da lui usato nella gestione dei suoi interessi economici, ricordo che Giovanni Pollari ha fatto uccidere un piccolo imprenditore di Cianciana, del quale non ricordo il nome, che a suo avviso gli faceva concorrenza”. Il collaboratore ha chiarito di avere appreso tale circostanza direttamente da Filippo Sciara, uomo d’onore di Ribera, il quale insieme a Mario Capizzi, e su mandato di Pollari Giovanni , aveva ucciso il piccolo imprenditore edile, che si occupava anche di movimento terra, poco tempo prima dell’omicidio di Panepinto lgnazio. Il Salemi tuttavia ha precisato di non essere al corrente del motivo preciso “per il quale era stata decisa l’eliminazione, decretata però sicuramente dal Pollari”. E’ evidente, che il collaboratore ha in maniera del tutto spontanea e senza alcuna sollecitazione, coinvolto nel fatto l’odierno imputato Sciara Filippo. Nel corso del medesimo interrogatorio, il Salemi ha peraltro riferito che il Pollari, aggressivo e risoluto, non tollerava la concorrenza fattagli da Panepinto lgnazio, “per i prezzi più convenienti che questi riusciva a praticare grazie al fatto che aveva la disponibilità della materia prima in quanto proprietario della cava”, cosa che aveva permesso al Panepinto di ottenere numerosi lavori. Ed ancora, il Salemi ha dichiarato che: “Più volte il Pollari sia con me che con Di Girgenti aveva espresso l’intenzione di uccidere Panepinto lgnazio. Quando ciò avvenne, nell’ambiente di Cosa Nostra, tutti sapevano che all’eliminazione del Panepinto avevano provveduto il Pollari ed il Di Girgenti. Proprio per tale motivo quest’ultimo venne ucciso. Per la verità, da diverso tempo, Salvatore Fragapane gli prospettava tale eventualità, raccomandandogli di non sottovalutare i  figli del Panepinto ed in particolare il più grande, Luigi: a quest’ultimo, infatti, sia dal Fragapane che dal Putrone venne addebitata la responsabilità dell’omicidio del Di Girgenti, tant’è che venne dato ordine di ucciderli, come Luigi Putrone ebbe a riferirmi. L’ordine venne impartito da Pollari ai riberesi, cui il Pollari era legatissimo. A tal proposito ricordo che subito dopo l’omicidio del Di Girgenti, presso la discoteca Calipso, insistente sulla strada che porta a Sciacca, incontrai sia Davide Panepinto che li figlio di Peppino Candileri, Nino, anche lui destinatario delle intenzioni omicidarie del Pollarini quanto ritenuto uno “stiddaro”. Meravigliato che i due camminassero indisturbati nonostante venissero ricercati per essere eliminati, riferii li tutto a Luigi Putrone, li quale mi disse di disinteressarmene ni quanto questa era una storia che riguardava i riberesi.”. Il 25 settembre 1997 al Salemi è stato esibito un album fotografico contenente 135 effigi, tra le quali quella del Passafiume, che il Salemi ha riconosciuto come “tale Passalacqua, o almeno così mi pare, di Cianciana, assassinato. Non faceva parte di cosa nostra.”. Il Salemi oltre a chiarire che il soggetto mostratogli non faceva parte di Cosa nostra ha specificato che si trattava di un piccolo imprenditore di Cianciana, il cui omicidio chiariva era avvenuto per volontà di Pollari Giovanni e per mano di Capizzi Mario. Il 20 febbraio 1998 Salemi fornisce ulteriori indicazioni e precisazioni sull’omicidio di Diego Passafiume:Confermo quanto dichiarato in ordine all’omicidio di un piccolo imprenditore di Cianciana, che dava fastidio al Pollari, che ho ricordato successivamente chiamarsi Passafiume. Questi prendeva piccoli appalti e lavori, e possedeva credo un pala meccanica ed un camion. Non so perchè in particolare il Pollari, che io ben conosco, l’avesse con lui. Ad eseguire l’omicidio comunque sono stati Sciara Filippo e Capizzi Mario. Ciò l’ho appreso conversando direttamente con Sciara e con Renna Giuseppe, da cui ho appreso anche del coinvolgimento del Capizzi Mario nella esecuzione dell’omicidio. I riberesi e quelli di Siculiana infatti si scambiavano i favori nella esecuzione dei delitti. L’unica ragione della eliminazione del Passafiume era comunque quella di fare un favore al Pollari, che come ho già detto era consigliere del mandamento di Santo Stefano Quisquina. Non so se il figlio di Pollari Giovanni faccia parte di Cosa Nostra, io non l’ho mai visto durante li periodo in cui ho risieduto ad Alessandria della Rocca. Il figlio più grande di Di Girgenti Antonino e Fabio Valenti erano invece vicini a Cosa Nostra e vi sono sicuramente entrati dopo l’omicidio del Di Girgenti, anche se non mi sono stati mai presentati formalmente perché tra l’altro io andai via”. Infine nell’interrogatorio del 3 settembre 2001 Salemi ribadisce la volontà di collaborare e, in relazione all’omicidio Passafiume, Salemi ha ribadito, per averlo appresso direttamente da Filippo Sciara, che i responsabili erano quest’ultimo, Giovanni Pollari e Mario Capizzi. La Corte di Assise di Agrigento valuta così le dichiarazioni di Pasquale Salemi: Ritiene la Corte che davvero elevatissima sia la credibilità soggettiva di Salemi Pasquale, soggetto la cui intraneità a Cosa nostra, ed in particolare alla famiglia mafiosa di Porto Empedocle, risulta irrevocabilmente acclarata da numerose sentenze ormai definitive. Va infatti ricordato come Salemi Pasquale sia stato il primo collaboratore di giustizia proveniente dalla provincia agrigentina di Cosa nostra, i[ cui rapporto di collaborazione era iniziato nell’aprile del 1997 [..] il giudizio di sufficiente ovvero di assoluta credibilità personale espresso sul conto del predetto collaborante va qui integralmente ribadito [..] Osserva la Corte che, in virtù del ruolo innanzi delineato, il Salemi aveva avuto modo di intrattenere assidui e personali contatti con gli altri elementi, anche di vertice, dell’organizzazione locale di cosa nostra, contatti che hanno reso possibile la formazione di un significativo patrimonio conoscitivo riguardante le persone ed i fatti criminosi compiuti nella provincia di Agrigento. Tale dato risulta perfettamente in linea con le conoscenze dallo stesso mostrate nel presente processo [..] I predetti elementi di valutazione, globalmente considerati, impongono di ritenere, anche in questa sede, la piena credibilità personale del collaboratore di giustizia Salemi Pasquale.”

Gli altri collaboratori di giustizia

Nel corso del dibattimento sono stati sentiti alcuni collaboratori di giustizia le cui dichiarazioni come già accennato, seppure non riguardanti specificamente il coinvolgimento di Sciara Filippo nell’omicidio di Passafiume Diego , hanno comunque consentito di ricostruire il contesto della criminalità mafiosa dell’epoca, nell’agrigentino e nelle zone della Bassa Quisquina, i rapporti tra la criminalità organizzata e il mondo degli appalti, I’appartenenza e I’ascesa di Pollari Giovanni all’interno di Cosa nostra, ed il coinvolgimento di costui nell’omicidio per cui si procede; in tal modo tali propalazioni hanno fornito un utile riscontro alle dichiarazioni del Salemi relativamente alla riconducibilità dell’omicidio a Pollari Giovanni. 

Le dichiarazioni di Luigi Putrone: “Pollari aveva avuto un ruolo negli omicidi della bassa Quisquina”

Luigi Putrone ha riferito di essere stato “avvicinato” nel 1985, grazie al fratello Giuseppe che gli aveva fatto conoscere Fragapane Salvatore, i Messina di Porto Empedocle e i Messina di Villaseta. Nel 1990 era divenuto formalmente affiliato a Cosa nostra e, dal 1993, era diventato capo famiglia della famiglia di Porto Empedocle, nominato da Fragapane Salvatore, il quale dal 1992 e fino al 1995, anno del suo arresto, era capo Provincia. Nel corso della sua permanenza in cosa nostra, aveva avuto rapporti molto stretti con Fragapane Salvatore, tant’è che: “Quando aveva bisogno di qualcosa chiamava sempre me”. Ad esempio “se c’era da fare un omicidio chiamava me per diverse volte oppure mettere a posto qualche ditta, qualche cosa, discorsi che si creavano nelle famiglie. anche nel corso della sua latitanza , avendo Fragapane mantenuto attivamente il suo ruolo di capo Provincia, era andato a trovarlo spesso, per discutere “di cose di famiglia, di messe a posto, di omicidi e di quello che c’era da fare”. A proposito delle modalità con cui di regola venivano eseguiti gli omicidi, ai quali principalmente, partecipavano gli affiliati a Cosa nostra, ma anche i semplici “avvicinati”, ha riferito che in ogni caso, i vari organi dell’associazione , in particolare il capo provincia o il capo famiglia, dovevano dare l’assenso e, solo all’esito, si decideva collettivamente “chi mandare a fare il delitto ….perché potevano mandare me di Porto Empedocle o potevano mandare uno di Siculiana o potevano mandare uno di Ribera oppure uno di Sciacca”. Putrone Luigi ha, poi, dichiarato di avere conosciuto di persona Pollari Giovanni, un imprenditore “abbastanza grande” di Cianciana che aveva un impianto di calcestruzzo e si occupava di inerti e di movimento terra; il Pollari era affiliato a Cosa nostra con la famiglia di Cianciana, al cui vertice vi era Di Girgenti Antonino. I rapporti tra Pollari e Fragapane erano abbastanza buoni, tanto che il primo aveva ospitato a Cianciana il secondo per più di un mese, durante la sua latitanza, in una casa in periferia che si trovava sotto il suo cantiere di calcestruzzo, ma anche in un altro luogo, dove lo stesso Putrone era andato a trovare il suo capo, prima che questi si spostasse a Casteltermini, Santa Elisabetta e San Biagio Platani . Il collaboratore di giustizia ha poi riferito che Pollari aveva avuto un ruolo in alcuni omicidi: in particolare, quando Putrone era “a soggiorno obbligato” a Santa Margherita Belice tra il 1991 e il 1992, erano state uccise due o tre persone presso il cantiere di calcestruzzo dei Panepinto, titolari di un cantiere rivale, che erano in contrasto con il Pollari, e che facevano parte dell’organizzazione criminale degli stiddari. Per questi omicidi il Pollari aveva avuto il benestare di Fragapane.  Il Putrone aveva appreso di questi omicidi direttamente da Sciara Filippo, il quale vi aveva partecipato, e gli aveva spiegato che l’azione si era tenuta la mattina presto e che oltre ai Panepinto era stata uccisa una persona che lavorava con loro. Putrone ha, poi, dichiarato di non ricordarsi né dell’omicidio di Passafiume Diego, né di quello di Sedita Emanuele, avvenuto a Ribera, né, pur in generale, di un omicidio commesso a Cianciana la mattina del 22 agosto 1993, anche se all’epoca si trovava a Porto Empedocle. Ancora, Putrone ha chiarito che, in quel periodo ad Agrigento, c’erano delle famiglie più vicine ad altre nella provincia, e che erano solite scambiarsi favori anche nella perpetrazione dei delitti, inclusi gli omicidi; in particolare vi era uno stretto legame tra la famiglia di Cianciana e quella di Ribera e Siculiana, i cui esponenti erano rispettivamente, Di Girgenti, Capizzi Simone e Sciara Filippo. A proposito degli omicidi della bassa Quisquina, Putrone ha riferito che in quei territori operava una squadra di killers composta da Filippo Sciara, Giuseppe Renna e Capizzi Mario di Ribera. A proposito di Sciara, da lui conosciuto nel 1990 quando costui era un semplice “avvicinato” , Putrone ha riferito di avere preso parte insieme al predetto , all’omicidio di Mallia Gaspare, avvenuto a Siculiana: il commando omicida era composto oltre che da lui e Sciara Filippo, anche da Capizzi Mario e un’altra persona, un certo Derelitto o Deleritto, i quali erano partiti da una casa di campagna di Sciara , situata sotto il rifornimento Agip prima dell’ingresso di Siculiana, e, dopo avere attraversato Siculiana, avevano raggiunto, sbucando da una traversa, il Mallia il quale era seduto in un bar; lui, Sciara e Capizzi erano scesi dall’autovettura , uno con una mitraglietta ed una pistola, gli altri con una lupara, ed avevano fatto fuoco. Poi il gruppo era ritornato a casa di Sciara, dove il Putrone aveva lasciato parcheggiato lo scooter, e, mentre lui si era allontanato, gli altri avevano dato fuoco alla macchina. Mellia era stato ucciso perché era uno stiddaro ed era ritenuto responsabile dell’omicidio del fratello di Sciara, avvenuto presso il rifornimento Agip. In un’altra occasione, Sciara gli aveva raccontato di avere partecipato ad un quadruplice omicidio a Licata. Il Putrone ha dichiarato che i rapporti tra Sciara e Pollari erano buoni e che entrambi avevano partecipato alla detenzione del figlio di Di Matteo, Santino, durante il suo sequestro; in particolare, il bambino era stato tenuto a Cianciana – e se n’era occupato Pollari – e poi a Cannatello – zona vicino San Leone ricadente nella giurisdizione mafiosa di Agrigento -, luogo dove lavorava sciara Filippo – e se ne era occupato Sciara Filippo. Il Putrone ha precisato che, nonostante il rappresentante di Agrigento in quel periodo fosse Virone Giuseppe, della permanenza ad Agrigento del bambino se ne era occupato Messina Arturo di Villaseta, come aveva appreso lui stesso, poiché a un certo punto della detenzione era stato interpellato da Fragapane Salvatore, come rappresentante, che era alla ricerca di qualcuno che facesse la guardia al bambino (“Ma io c’ho portato Gerlandino Messina, a Falzone Alfonso e Gambacorta Giuseppe”). Putrone era consapevole che il sequestro del figlio di Di Matteo a livello più alto era riconducibile a Brusca Giovanni, che aveva incontrato diverse volte, a Cannatello , in territorio agrigentino, dove infine era stato catturato durante la latitanza, gestita da Milioti Carmelo e Vetro Giuseppe. All’epoca della permanenza di Brusca a Cannatello, il piccolo Di Matteo non si trovava più in quei luoghi.Il Putrone ha poi fornito le seguenti descrizioni: di Sciara è “una persona, un ragazzo alto 1 e 80, capelli mossi, su un biondo scuro, occhi chiari, magro”, di Di caro Antonino ha riferito che “era un dottore in agraria, era bassino con gli occhiali, capelli anche lui mossi, medio peso, era basso di statura ed era un affiliato, vice rappresentante di  provincia, di Canicattì ; di Pollari ha detto che “era altissimo’ snello”. Putrone ha riconosciuto Sciara Filippo, presente in aula in videocollegamento ed ha effettuato positivamente il riconoscimento fotografico nei fascicoli fotografici “Akragas”. 

Le dichiarazioni di Maurizio Di Gati: “Sciara è uno dei più importanti killer di Cosa nostra”

Maurizio Di Gati, barbiere di Racalmuto, è stato rappresentate provinciale di Cosa nostra. Circa le modalità con cui venivano eseguiti gli omicidi ha riferito: “In ordine all’esecuzione degli omicidi si andava a parlare con il rappresentante di  provincia, a meno che non c’era urgenza, si faceva l’omicidio e poi si andavo a riferire al rappresentante di provincia”. Specificamente interrogato in relazione all’omicidio di Diego Passafiume, Di Gati ha premesso che nella zona di Cianciana che apparteneva al mandamento di Santo Stefano di Quisquina, comandavano sia la famiglia Capizzi di Ribera, che Pollari Giovanni, indicato quale imprenditore del calcestruzzo di Cianciana inserito in cosa nostra e soggetto molto ambizioso poiché desideroso di espandersi , anche nei vari paesi vicini al contesto territoriale in cui operava professionalmente; in quella zona vi erano contrasti “non dichiarati” ma sottobanco tra i predetti e Fragapane Salvatore, al quale all’inizio, il Pollari era stato molto vicino, avendo gestito la fase iniziale della sua latitanza, ospitandolo in una casa sotto I’impianto di calcestruzzo. L’esistenza di contrasti con Fragapane e di intenti espansionistici di Pollari sono stati così indicati : “E lì avevano messo molte zizzanie contro chi potere uccidere e potere prendere il potere per le mani ma quello che interessava di più era Giovanni Pollari perché voleva stabilire il suo …“. Inoltre, durante e la latitanza del Fragapane, Capizzi Simone e i figli, Sciara Filippo, Renna Giuseppe e Pollari Giovanni si appoggiavano di  più “Ad Antonino Di caro, vice rappresentate provinciale (“No, non è che c’era guerra tra di noi ma c’erano le lamentele che il rappresentate era Salvatore Fragapane e loro preferivano appoggiarsi di più con Antonino Di Caro.) Interrogato se il Pollari avesse commesso reati, il Di Gati ha riferito che il Fragapane gli  aveva riferito che tutto quello che succedeva all’epoca “sia come omicidi che altre cose, in quelle zone, passava per il Pollari e, peraltro, insieme al Pollari aveva commesso alcune esecuzioni, anche come killer. Il collaboratore ha specificato, in particolare, che Fragapane Salvatore si era lamentato varie volte perché Pollari Giovanni “era uno che … si dice dalle mie parti un malo pagatore dottoressa, chiunque gli andava a bussare dietro la porta per ricevere soldi e da lì Salvatore Fragapane non è che gli piacesse tanto, e infatti non è rimasto tantissimo in quel luogo anche se era un buon rifugio si è spostato e se ne è andato verso Casteltermini” [..]Con specifico riguardo all’omicidio del Passafiume, il Di Gati, a seguito di contestazioni, ha riferito di ricordare che, prima dell’arresto del Pollari, vi era stato un omicidio nelle zone di Cianciana durante la latitanza di Fragapane Salvatore, come aveva appreso dal Fragapane, da Licata Vincenzo, uomo d’onore di Grotte, e da Messina Arturo di Villaseta, in quel momento vice rappresentante della provincia di Agrigento – soggetti che frequentava tutti i giorni. In particolare, vi era stata una grossa lamentela da parte dell’allora capo di mandamento di Santo Stefano, Di Girgenti Vincenzo, in quanto questo omicidio era stato fatto dal Pollari e da gente di Ribera appartenente a cosa nostra, ed il Di Girgenti aveva accusato Fragapane, Pollari e persone di Ribera, di averlo fatto senza  la sua preventiva autorizzazione. Di Gati ha spiegato che, come si era appreso in seguito, l’omicidio era stato fatto proprio perché Pollari voleva prendere il potere della zona di  Cianciana, di Santo Stefano Quisquina, di Bivona e di … e di un altro paesino là vicino che non mi ricordo e Sambuca di Sicilia e…appoggiato dalla famiglia di Ribera, da Giuseppe … da Mario Capizzi, da suo padre… come si chiama suo padre di nome, si chiamava … lo chiamavamo tutti Giuseppe però non si chiama Giuseppe; il contrasto con il Di Girgenti era sorto perché quest’ultimo, a sua volta non voleva, tra virgolette, tutto questo … era una zona abbastanza tranquilla, in quella zona non c’erano stati episodi di omicidi eclatanti, nel senso che non c’erano omicidi di …” Ancora, il collaboratore era al corrente che Pollari aveva avuto con il Passafiume dei forti contrasti per i lavori di sbancamento, tuttavia, non essendo inizialmente chiaro chi avesse commesso tale omicidio, il Fragapane aveva mandato a chiamare il Sedita, uomo d’onore di cosa nostra, il quale – come si era scoperto successivamente – per timore di essere ucciso non si era recato dal Fragapane “e da lì si mette in moto una strategia, nel senso che Fragapane pensa in quel momento, che Sedita fosse implicato e ne scaturisce il suo omicidio commissionato da Salvatore Fragapane”. Con riguardo a Sciara Filippo, uomo d’onore di Siculiana e uno dei più importanti killer di Cosa nostra, il Di Gati ha dichiarato di averlo conosciuto personalmente, ai tempi della guerra contro la Stidda, di averlo incontrato la prima volta a Cianciana “nella cosiddetta famosa vigilia di natale che sono andato a tagliare i capelli a Salvatore Fragapane”, insieme a Renna Giuseppe di Realmonte, di cui era il braccio destro; i suoi rapporti con lo Sciara erano abbastanza buoni. Il Di Gati ha spiegato, per averlo appreso direttamente dallo Sciara, tra il giugno e il luglio del 1992, nella sua casa di campagna, dove si trovava insieme a Fragapane Salvatore e a Castronovo Salvatore, uomo d’onore di Agrigento ed esperto conducente di macchina in occasione di agguati, che l’imputato aveva voluto vendicarsi nei confronti della Stidda, in particolare della famiglia Grassonelli, che gli aveva ucciso il padre e per tale ragione lo Sciara aveva ucciso uno dei membri che riteneva responsabili; ancora, l’imputato aveva ucciso anche altri soggetti, tra cui un imprenditore che stava rientrando da Palermo, dove la moglie aveva appena partorito, riferendo che, insieme ad un altro soggetto che guidava la macchina, aveva aspettato la vittima e gli aveva sparato con un fucile calibro 12. A tale specifico riguardo il Di Gati, premettendo, in generale, che, in questi casi, “quando si va a fare un omicidio la prima, la prima sparatoria viene dal  finestrino della macchina e poi si scende per dare il colpo di…di grazia”, ha riferito che, secondo il racconto dello Sciara, il suo obiettivo era ancora vivo al primo colpo e, solo con il colpo di grazia, era morto; lo Sciara era risalito in macchina e l’autista era stato talmente bravo e calmo, che il buon esito dell’operazione era dipeso anche da lui. Sciara aveva difatti raccontato di tale omicidio proprio perché la conversazione che stavano facendo riguardava le buone capacità degli autisti degli agguati. Il Di Gati ha riferito di essere al corrente dell’esistenza di un gruppo armato, che eseguiva gli omicidi nella zona della bassa Quisquina, di Siculiana e Ribera, gruppo composto da Pollari Giovanni, Capizzi Mario, Capizzi Simone, Sciara Filippo e Renna Giuseppe, fermo restando che, in generale, si evitava di far realizzare omicidi all’interno del proprio paese ed anzi si cercava di far creare un alibi al soggetto che sarebbe stato il primo indiziato dalle forze dell’ordine -, e precisando che, per commettere gli omicidi in quella zona venivano utilizzate delle autovetture rubate, in precedenza, e custodite in un garage di Grotte per tali finalità, mentre venivano utilizzate da parte dei killer armi proprie (..Ognuno ha le sue armi e se li teneva per conto proprio, io posso dire che le armi che arrivavano nella provincia nostra venivano dal Belgio e li faceva arrivare, allora li ha fatti arrivare più di una volta sempre Salvatore Fragapane prima di essere arrestato e si dividevano nelle varie … nei vari mandamenti, di chi avesse più bisogno e da lì le armi se li gestiva chi … chi li teneva”). Il collaboratore nel corso dell’esame ha riconosciuto Sciara Filippo presente in video collegamento, (“Sì sì, lo vedo benissimo, da quello che riconosco da quando l’ho visto io è molto cambiato perché era molto … capelli scuri, molto magro e -.. ma è lui dottoressa”), come sono state da lui riconosciute le sue effigi fotografiche, presenti negli album fotografici relativi alle operazioni “Akragas 1 e 2” esibiti al collaborante . Infine, in sede di contro esame del difensore, il collaboratore ha precisato che solitamente, tra uomini di onore, non si parlava troppo degli omicidi commessi (“1o, per esempio, non ho mai parlato, ho parlato soltanto dopo che ho collaborato ma non avevo mai parlato degli omicidi che avevo compiuto con gli altrfi). A proposito dei rapporti tra mafia e appalti, ha riferito che di regola i “grossi lavori” venivano svolti da imprenditori compiacenti di Cosa nostra o che facevano parte di Cosa nostra, ma poteva succedere che entrasse un soggetto non compiacente “però poi se l’uomo non veniva a patti con Cosa Nostra sia del territorio che delle persone che gli si faceva si iniziavano a fare danni, fino arrivare al momento dell’uccisione”.

Le dichiarazioni di Giuseppe Salvatore Vaccaro: “Fragapane era adirato perché non sapeva dell’omicidio”

Giuseppe Salvatore Vaccaro è stato uomo d’onore della famiglia mafiosa di Santa Elisabetta. Vaccaro ha dichiarato di aver conosciuto Pollari Giovanni, imprenditore di Cianciana, titolare di un impianto di calcestruzzo, ed esponente di spicco di Cianciana, di cui era responsabile. specificamente interrogato in ordine ad un omicidio avvenuto nel 1993 ai danni di un  imprenditore di calcestruzzo di Cianciana, il Vaccaro ha riferito di ricordare di un episodio avvenuto in quel periodo, un pò prima dell’estate del 1993. In particolare, il  Vaccaro ha riferito che insieme a Vella Pasquale, un avvicinato di Raffadali si era recato dal Pollari perché il Vella doveva comprare una moto pompa per il calcestruzzo e Fragapane Salvatore li aveva mandati da lui; mentre si trovavano in una stanza dentro l’ufficio dell’impianto di calcestruzzo di Pollari, aveva sentito delle persone che discutevano con quest’ultimo ma non aveva potuto vedere con chi discutesse.  Successivamente, avevano parlato della moto pompa con Pollari ma pochi giorni dopo, Vella Pasquale era stato arrestato per un omicidio avvenuto poco dopo la loro visita da Pollari. Ad avviso del Vaccaro ciò era successo poiché negli uffici del Pollari vi era una cimice che aveva registrato le loro conversazioni. Ed ancora, il Vaccaro ha riferito che Fragapane lo aveva mandato, insieme al Vella, a Cianciana per mettere a posto un’impresa per quanto riguarda l’estorsione”, dopo che erano successi gli altri due omicidi ad Alessandria La Rocca” e, raggiunto di prima mattina I’impianto di calcestruzzo di Pollari, il figlio, dopo che gli avevano spiegato che li aveva mandati Fragapane, aveva detto loro che il padre si trovava in campagna. Quindi raggiunto il posto indicato: “lui è uscito fuori da un mucchio di pietra con due pistole in mano, perché non sapeva che eravamo noi, comunque abbiamo parlato per quanto riguarda quello che ci aveva detto Fragapane per mettere a posto quell’impresa e dopodiché abbiamo saputo che sono stati uccisi due persone a Alessandria La Rocca e abbiamo… sono andato da Fragapane a riferirgli tutto e Fragapane si era incavolato perché non doveva succedere questo fatto”; in quel frangente, il Pollari gli aveva spiegato di avere pensato che fossero altre persone. Tuttavia, a seguito di contestazioni del verbale di interrogatorio reso dal Vaccaro al 14 luglio del 2017, costui ha contestualizzato tale episodio, ricollegandolo all’omicidio del Passafiume e precisando che il Pollari aveva una sola pistola, una automatica 7e65 o 9x2l ed, in particolare, che aveva appreso la notizia dell’omicidio  del Passafiume al telegiornale ad ora di pranzo e si era quindi recato dal Fragapane il quale non ne era al corrente, per riferirgliela, successivamente aveva appreso dal Fragapane che era stato proprio il Pollari. a causa di alcuni dissidi con il morto anche se non aveva interpellato il Fragapane dell’omicidio circostanza che aveva fatto adirare quest’ultimo.

Le dichiarazioni di Alfonso Falzone: “Sciara è abile a manovrare le armi”

Alfonso Falzone è stato un killer appartenente alla famiglia mafiosa di Porto Empedocle. Pur non ricordando l’omicidio Passafiume ha dichiarato di ricordare di alcuni omicidi avvenuti nel 1993 nella bassa Quisquina, tra cui quello dei Panepinto, cui aveva preso parte Capizzi Mario di Ribera, avvenuto a causa di contrasti con la famiglia mafiosa di Cianciana , e di Di Girgenti. Ancora, il collaboratore ha dichiarato di avere incontrato Pollari Giovanni , soggetto che comandava in quella zona, in diverse occasioni, quando si vedeva con Fragapane che “era latitante in quella zona” ed, in particolare in un impianto di calcestruzzo, luogo in cui veniva condotto dallo stesso Pollari; ha chiarito che, in una occasione, avevano incontrato presso il luogo dove si trovava latitante il Fragapane anche Capizzi Simone. Il Falzone ha dichiarato di conoscere Filippo Sciara rappresentante di Cosa nostra di Siculiana, e di averlo frequentato; con Sciara aveva commesso l’omicidio di Ingaglio Antonino a Campobello di Licata nel 1993 cui aveva partecipato anche Falsone Giuseppe: in particolare, lui e lo Sciara, soggetto indicato come particolarmente abile nel “manovrare le armi‘, avevano sparato, lui con “una trentotto e una trecento cinquantasette” e lo Sciara con un fucile; successivamente, aveva incontrato Sciara in occasione del sequestro del figlio di Di Matteo, cui avevano preso parte entrambi. 

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