Agrigento

Omicidio Lupo: sembra proprio un delitto con tanto di firma (ft e vd)

Le indagini proseguono

Pubblicato 4 anni fa

Il delitto di Ferragosto che ha avuto per vittima l’imprenditore Salvatore Lupo, 45 anni ucciso all’interno di un bar di Favara con tre colpi di revolver sparati a bruciapelo è stato risolto nella maniera più semplice, inaspettata, quasi banale.

Per la Procura della Repubblica di Agrigento (i sostituti Chiara Bisso e Paola Vetro, coordinati dal procuratore c apo, Luigi Patronaggio) ad uccidere l’ex presidente del Consiglio comunale di Favara sarebbe stato il suocero, Giuseppe Barba, 66 anni, dell’omonima locale famiglia mafiosa (lo zio assassinato, il cugino ergastolano e ultimamente ammesso al regime di semilibertà) che avrebbe chiuso una partita tutta familiare gravida di dissapori e odio iniziata con la separazione tra la figlia del presunto assassino, Maria, detta Giusi, e la vittima.

La divisione dei beni, un’aggressione subita da Barba davanti a tutti ad opera di Lupo ed il desiderio di lavare l’onta subita, avrebbero fatto maturare l’idea della vendetta.

Tutti elementi venuti fuori nell’immediatezza dei fatti, ampiamenti raccontati dalla stampa che, tuttavia, mentre la Procura e i carabinieri lavoravano con il cipiglio dovuto, si arrovellava e contorceva per dare una spiegazione al “delittazzo”: killer professionista? C’è la mano della mafia? La vittima aveva troppi nemici? E da questi quesiti fiumi di inchiostro hanno inondato Favara per giorni e giorni.

Le indagini, più semplicemente e, forse, ripetiamo, banalmente, hanno messo in chiaro tutto: l’auto di Barba è stata immortalata sul luogo del delitto e nel momento del delitto; le prove scientifiche sulle tracce di polvere da sparo hanno dato esito positivo considerato che sono state trovate ampie tracce sul volante dell’auto (una Fiat Panda), sul sedile e sulla leva del cambio.

E poi la testimonianza del nipote del presunto assassino e figlio della vittima, Calogero Lupo: “Una sola persona poteva uccidere mio padre, è mio nonno e in passato aveva mostrato di possedere una pistola”.

Il cerchio si è chiuso, anche se le indagini proseguono, unendo altri piccoli-grandi tasselli che non sono stati semplici da raccogliere stante il clima omertoso regnante: 20 mila euro trovati in cassaforte che potevano essere utilizzati per darsi alla latitanza anche all’estero; i contatti con un personaggio favarese che già venti anni fa aveva favorito la latitanza del cugino di Barba poi condannato all’ergastolo; la possibilità di essere aiutato da numerosi parenti residenti all’estero.

La grande quantità di prove messe sul piatto dalla Procura sembra certificare un dato controcorrente: il delitto sembra proprio compiuto con tanto di firma. Almeno così sembra dalle risultanze investigative.

Che, hanno spiegato in conferenza stampa stamani il maggiore Marco La Rovere, il sostituto Paola Vetro, il colonnello Vittorio Stingo, il sostituto Chiara Bisso e il tenente Fabio Armetta.

Favara, omicidio Salvatore Lupo: fermato l’ex suocero. I dettagli in conferenza stampa
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