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Al Pirandello “Mine Vaganti” di Ferzan Ozpetek

Lo spettacolo in scena martedì 24 e mercoledì 25 gennaio (primo turno martedì alle 21, secondo turno mercoledì alle 17,30). 

Pubblicato 1 anno fa

Mine vaganti”, lo spettacolo di Ferzan Ozpetek, nato dall’adattamento teatrale del celebre film omonimo del 2009, sarà in scena al Teatro Pirandello di Agrigento, martedì 24 e mercoledì 25 gennaio (primo turno martedì alle 21, secondo turno mercoledì alle 17,30). 

Nel ruolo dei coniugi Cantone ci saranno Francesco Pannofino e Iaia Forte, mentre in quello dei figli Edoardo Purgatori e Carmine Recano. Accanto a loro anche Simona Marchesini nel personaggio della nonna.
La commedia narra la storia del giovane Tommaso che torna nella grande casa di famiglia a Lecce con l’intenzione di comunicare al variegato clan dei parenti chi veramente è: un omosessuale con ambizioni letterarie e non un bravo studente di economia fuori sede come tutti credono. Ma la sua rivelazione viene bruciata sul tempo da una rivelazione ancora più inattesa e scioccante del fratello Antonio. Tommaso è costretto a fermarsi a Lecce, rivedere i suoi piani e lottare per la verità, contro un mondo famigliare pieno di contraddizioni e segreti. Così il regista nelle note di regia: “Come trasporto i sentimenti, i momenti malinconici, le risate sul palcoscenico? Questa è stata la prima domanda che mi sono posto, e che mi ha portato un po’ di ansia, quando ha cominciato a prendere corpo l’ipotesi di teatralizzare Mine vaganti. Ho dovuto lavorare per sottrazioni, lasciando quell’essenziale intrigante, attraente, umoristico. Ho tralasciato circostanze che mi piacevano tanto, ma quello che il cinema mostra, il teatro nasconde, e così ho sacrificato scene e ne ho inventate altre, anche per dare nuova linfa all’allestimento. L’ambientazione pure cambia. Ora una vicenda del genere non potrebbe reggere nel Salento, perciò l’ho ambientata in una cittadina tipo Gragnano o lì vicino. In un posto dove un coming out ancora susciterebbe scandalo. Rimane la famiglia Cantone, proprietaria di un grosso pastificio, con le sue radicate tradizioni culturali alto borghesi e un padre desideroso di lasciare in eredità la direzione dell’azienda ai due figli. Tutto precipita quando uno dei due si dichiara omosessuale, battendo sul tempo il minore tornato da Roma proprio per aprirsi ai suoi cari e vivere nella verità. Racconto storie di persone, di scelte sessuali, di fatica ad adeguarsi ad un cambiamento sociale ormai irreversibile. Qui la parte del pater familias è emblematica, oltre che drammatica e ironica allo stesso tempo. Le emozioni dei primi piani hanno ceduto il posto a punteggiatura e parole. Il teatro può permettersi il lusso dei silenzi, ma devono essere esilaranti, altrimenti vanno riempiti con molte frasi e una modulazione forte, travolgente. A teatro – conclude il regista – non ci si dovrebbe mai annoiare. Sono partito da questo per evitare che lo spettacolo fosse lento. Ho optato per un ritmo continuo, che non si ferma, anche durante il cambio delle scene”.

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