Giudiziaria

Il duplice omicidio La Placa, carabiniere in aula: “Indagammo sul cognato ma aveva alibi di ferro”

Sul banco dei testimone l’ex comandante della stazione dei carabinieri di San Biagio Platani che ha raccontato la prima fase delle indagini

Pubblicato 3 giorni fa

Entra nel vivo il processo sul duplice omicidio di Gaetano e Salvatore La Placa, padre e figlio uccisi a colpi di fucile il 14 ottobre 1992 nelle campagne di San Biagio Platani. Sul banco degli imputati siedono le sorelle Carmela e Rosalba La Placa, 56 e 67 anni, entrambe di San Biagio Platani, e Luigi Costanza, 77 anni, di Comitini. Per la procura di Agrigento – con l’accusa rappresentata in aula dal pm Gloria Andreoli – le sorelle (insieme alla madre poi deceduta) avrebbero commissionato all’amico di famiglia, pagando 50 milioni di vecchie lire, l’omicidio del padre ma nell’agguato venne ucciso anche il nonno.

Il processo è in corso davanti la Corte di assise di Agrigento che però a breve sarà rinnovata alla luce del trasferimento a Marsala del presidente Alfonso Malato. Ad ogni modo, l’udienza prosegue e questa mattina è comparso sul banco dei testimoni l’ex comandante della stazione dei carabinieri di San Biagio Platani. Il luogotenente, oggi in congedo, ha ricostruito la prima attività investigativa svolta proprio poco dopo la scoperta del duplice omicidio: “Siamo stati avvisati da un cittadino che aveva rinvenuto i due cadaveri. Il corpo del padre era all’interno dell’abitacolo mentre quello del figlio fuori in posizione supina.” Il carabiniere ha poi riferito sui primi spunti investigativi forniti dalla moglie di Gaetano La Placa che aveva indicato nel cognato di quest’ultimo il possibile autore del delitto in seguito ad alcune vecchie ruggini tra i due: “Abbiamo effettuato accertamenti sulla persona indicata e sul figlio ma avevano un alibi di ferro che abbiamo verificato sentendo tutti i coinvolti. Gli abbiamo anche sequestrato due fucili che però sono risultati incompatibili con le munizioni ritrovate sulla scena del delitto.”

Nel contro esame della difesa – rappresentata dagli avvocati Antonino Gaziano, Mongiovì Gaziano, Daniela La Novara, Valentina Buongiorno e Gaetano Timineri – è emerso come sull’auto delle due vittime vi era un fucile calibro 12 conservato in una fodera e che l’arma non sarebbe mai stata sottoposta ad accertamenti. Il processo riprenderà il prossimo 26 settembre con l’audizione di quello che viene definito il testimone chiave dell’accusa: si tratta di un maresciallo dei carabinieri che si è occupato interamente delle nuove indagini svolte in seguito alla riapertura del caso. 

IL DUPLICE OMICIDIO LA PLACA

Un “cold case” rispolverato grazie ad un parente delle vittime che ha cominciato a indagare e ricomporre i racconti frammentati che si facevano a mezza bocca in famiglia su quanto era accaduto. Nel maggio scorso arriva la svolta quando i carabinieri eseguono perquisizioni a tappeto nelle abitazioni delle due sorelle e dell’amico di famiglia. Per l’accusa, Carmela e Rosalba La Placa (insieme alla madre Rosalia Guadagnano, nel frattempo deceduta) sarebbero le ideatrici dell’omicidio dei congiunti maturato in un clima di aspri dissidi familiari. Non avrebbero sopportato i maltrattamenti e soprusi del padre-marito e la decisione di quest’ultimo di allontanare dall’abitazione il compagno della figlia. Così, piuttosto che denunciare, avrebbero commissionato il delitto a Luigi Costanza, all’epoca venditore ambulante di abbigliamento nonché amico di famiglia delle vittime. Alle prime luci dell’alba del 14 ottobre 1992 le donne avrebbero avvisato il killer che il La Placa aveva appena lasciato l’abitazione per dirigersi in contrada Mandralia per una battuta di caccia insieme al padre. I due, a bordo di una Fiat 127, vengono fatti accostare sul ciglio della strada. Poi, improvvisamente, gli spari: una fucilata alla testa a Gaetano La Placa, che era alla guida, e un’altra all’indirizzo del padre Salvatore che si trovava nel lato passeggero. Le donne, come corrispettivo per i due omicidi, avrebbero pagato a Costanza 50 milioni di lire in parte provenienti dalla riscossione di buoni fruttiferi intestati ad una delle due vittime. Al killer sarebbero stati regalati anche i cani da caccia e la Jeep di Gaetano La Placa, quest’ultima con regolare passaggio di proprietà avvenuto cinque mesi dopo il delitto.

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