Giudiziaria

“Il finto cardinale e la truffa di Punta Bianca”, si decide sulle parti civili

Tra le persone offese compare anche il generale Luciano Portolano, agrigentino di nascita, e oggi segretario generale della Difesa

Pubblicato 3 anni fa

Stenta ancora a decollare l’udienza preliminare nell’ambito della richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal pm Giulia Sbocchia nei confronti di Luciano Montemurro, 62 anni di Favara, e i fratelli Angelo e Diego Favara, 57 e 49 anni, di Canicattì. Le accuse sono associazione a delinquere, truffa e sostituzione di persona. Questa mattina si è tornati in aula per esaminare le tante richieste di costituzione di parte civile, almeno dodici, con il numero che potrebbe ancora crescere. 

Tra le posizioni entrate nel processo nella veste di persona offesa c’è quella del generale Luciano Portolano, agrigentino di nascita, e oggi segretario generale della Difesa. Il giudice per l’udienza preliminare Micaela Raimondo prenderà una decisione in merito il prossimo 11 novembre.  La vicenda riguarda la presunta maxi truffa su una fantomatica base in costruzione a Punta Bianca, che proprio in questi giorni si appresta a divenire riserva naturale, e su falsi posti di lavoro promessi in cambio di tangenti. L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Agrigento, è stata eseguita sul campo dai militari della Compagnia di Canicattì guidati dal maggiore Luigi Pacifico.  

L’inchiesta, denominata “Multilevel”, ipotizza una organizzazione criminale al vertice della quale ci sarebbe stato Luciano Montemurro, ex gestore di un ristorante a Naro. Il 62enne, secondo quanto emerso, si sarebbe spacciato per un cardinale “vescovo di Monreale” al fine di accreditarsi agli occhi delle vittime che – adescate con la speranza di sistemare un parente, un amico o un conoscente – pagavano vere e proprie tangenti che oscillavano da 2 a 4 mila euro. La presunta truffa, secondo l’accusa, seguiva il cosiddetto schema Ponzi: le prime vittime diventavano a loro volta procacciatori di ulteriori vittime. 

Come detto, tra le persone offese compare anche il generale Luciano Portolano: gli indagati avrebbero speso il suo nome per rendere ancora più credibile lil raggiro. Il tutto con l’organizzazione di riunioni in cui venivano mostrati plichi chiusi con timbri in ceralacca, venivano mostrati pre-contratti realizzati ad hoc e riportanti l’intestazione e addirittura i timbri falsi del Gruppo Interforze della Nato. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Calogero Meli, Paolo Ingrao e Angelo Nicotra.

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