Il massacro di Naro: il movente sessuale, il falso alibi e quelle macchie di sangue
Nelle ventiquattro pagine dell’ordinanza di convalida del fermo emergono i dettagli dell’inchiesta sul massacro di Naro
Sevizie sulle vittime, vilipendio di cadavere, depistaggi, minacce. Dalle ventiquattro pagine di ordinanza con cui il Gip Iacopo Mazzullo ha convalidato il provvedimento nei confronti di Omar Edgar Nedelcov, fermato dai carabinieri con l’accusa di aver ucciso Delia Zarniscu e Maria Rus, emergono i dettagli di un vero e proprio racconto dell’orrore. Un massacro, quello consumatosi nella mattinata del 5 gennaio scorso, avvenuto in rapida successione e con estrema efferatezza. La procura di Agrigento, nella richiesta di convalida del fermo, “scopre” le carte della delicata inchiesta sul duplice omicidio in cui risulta indagato il ventiquattrenne romeno a cui viene contestata anche l’aggravante della crudeltà. Il Gip, nell’esaminare gli atti, ripercorre quei minuti di lucida follia in cui emerge una “personalità violenta e incapace di controllare gli impulsi”.
Tutti gli indizi raccolti dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Agrigento – coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore Vella e dal sostituto Elettra Consoli – portano dritti al ventiquattrenne. I sospetti si palesano subito. L’indagato prima chiama con il suo cellulare i soccorsi, prendendo le distanze da quanto accaduto, per poi utilizzare il cellulare della vittima in una successiva telefonata. La prima ad essere identificata è Delia Zarnescu, 58 anni. Le forze dell’ordine arrivano in via Vinci alle tre del mattino e poco dopo arriva sul posto lo stesso Nedelcov. Lo scenario è apocalittico. I segni di una colluttazione, cominciata probabilmente in cucina, sono evidenti. La donna è stata picchiata, seviziata con una lametta e poi uccisa con un colpo alla testa inferto con l’angolo di un grosso televisore. L’attenzione degli investigatori si spostava su un’altra abitazione, distante meno di duecento metri, dove era stato segnalato un incendio. In vicolo Avenia la scoperta del secondo cadavere, quello di Maria Rus. Il corpo era quasi totalmente carbonizzato. Ma, secondo il medico legale, la donna era già morta già prima del rogo. Uccisa a pugni. La vittima, se così non fosse stato, avrebbe tentato una fuga che invece non c’è stata.
Il cerchio si stringe sempre di più intorno a Nedelcov. Le immagini delle telecamere di sicurezza lo immortalano sui luoghi del delitto. La testimonianza dell’amico, con cui aveva trascorso la serata insieme a casa di una delle due vittime e con cui aveva avuto anche una colluttazione, è chiara e densa di riscontri. Gli investigatori così si presentano alle nove del mattino nell’abitazione del ventiquattrenne e nella sua stanza trovano delle scarpe bianche intrise di sangue, compatibili con le impronte rivenute sul luogo del delitto; jeans, camicia e un asciugamano sporchi di sangue. Contestualmente gli investigatori interrogano l’ex fidanzata dell’indagato e il titolare di un bar del paese in cui Nedelcov aveva dichiarato di essersi recato. La prima, dopo iniziali titubanze, ha confermato di aver ricevuto la chiamata del ventiquattrenne che le aveva intimato di mentire ai carabinieri. Il secondo ha smentito categoricamente la presenza al bar dell’indagato. Resta da capire il movente del duplice omicidio. Per gli inquirenti è di natura sessuale. Secondo il racconto del testimone presente alla cena, Nedelcov sarebbe stato cacciato da Delia dopo alcune avance. Poi si sarebbe recato a casa di Maria. Per il gip, che ha convalidato il fermo disponendo la custodia in carcere, “sussiste il pericolo di fuga e sussiste palesemente anche il rischio di reiterazione del delitto, come si evince dalla particolare efferatezza delle condotte, espressione di una personalità violenta e incapace di controllare gli impulsi”.
Intanto proseguono gli accertamenti sulla scena del delitto. Ieri mattina gli specialisti dei Vigili del Fuoco hanno effettuato un sopralluogo. Domani mattina, invece, i carabinieri del Ris di Messina eseguiranno approfondimenti tecnici nelle abitazioni in via Vinci e vicolo Avenia. L’indagato, che prima di avvalersi della facoltà di non rispondere si è dichiarato estraneo ai fatti contestati, è difeso dall’avvocato Diego Giarratana. I familiari di Maria Rus si sono affidati all’avvocato Calogero Meli.