Migranti, Tribunale Riesame: consegna soldi e cellulari fu pirateria
Lo ha stabilito il Tribunale del Riesame di Palermo, al quale la Procura di Agrigento con l'aggiunto Salvatore Vella e il pm Gaspare Bentivegna, ha fatto ricorso.
E’ stata pirateria. Anche la consegna del denaro e dei cellulari in cambio del traino del barchino, per fare avvicinare i migranti a Lampedusa, è stata un’attività di pirateria e non di estorsione per come l’aveva qualificata il Gip del Tribunale di Agrigento. Lo ha stabilito il Tribunale del Riesame di Palermo, al quale la Procura di Agrigento con l’aggiunto Salvatore Vella e il pm Gaspare Bentivegna, ha fatto ricorso. Il caso è quello, di fine luglio scorso, del fermo del comandante di un motopesca tunisino e dei 3 componenti dell’equipaggio che, in acque internazionali, rubarono il motore del barchino con a bordo 40 migranti e si fecero consegnare, in cambio della promessa di traino del natante fino a Lampedusa, i cellulari e i soldi che i profughi avevano in tasca. Il Gip di Agrigento, Iacopo Mazzullo, allora riconobbe l’attività di pirateria nella sottrazione del motore, fatto con violenza e minacciando con coltelli i migranti. La consegna di cellulari e denaro avvennero come una sorta di contrattazione e per questo la rapina di soldi e cellulari furono qualificati come estorsione aggravata, reato su cui, essendo avvenuto in acque internazionali, la Procura non ha alcuna giurisdizione. Per il Riesame “gli atti di depredazione rientrano nell’articolo 1135 del codice della navigazione”.
“Estromettere dal campo applicativo del reato di pirateria le condotte che nel tradizionale inquadramento del codice penale sono qualificabili in termini di estorsione appare un’interpretazione arbitraria dell’articolo 1135 del codice della navigazione” scrive il Tribunale del Riesame di Palermo, e sono parole che faranno giurisprudenza, in merito al caso, di fine luglio. I 4 componenti dell’equipaggio del motopesca tunisino erano stati fermati nel corso di un’operazione congiunta condotta dalle forze dell’Ordine. Il Riesame, ritenendo condivisibili le osservazioni dei pm di Agrigento, ha richiamato la convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare stipulata a Montego Bay nel 1982. “Tale disposizione – scrive il collegio – definisce come pirateria anche gli atti illeciti di violenza o di sequestro, fra i quali possono ben ricomprendersi anche condotte qualificabili come estorsive. Si intende per pirateria, fra l’altro ogni atto illecito di violenza o di sequestro o ogni atto di rapina commesso ai fini privati dall’equipaggio o dai passeggeri di una nave o di un aeromobile privato”. “Condivisibili le considerazioni svolte dai Pm nel ricorso – prosegue il collegio -, secondo cui l’articolo 1135 del codice della navigazione ha inteso superare la distinzione tra rapina ed estorsione, tipica del codice penale, punendo con un’unica fattispecie le predette condotte”. La Procura di Agrigento, con l’aggiunto Salvatore Vella, già lo scorso luglio, aveva annunciato una interlocuzione con il Tribunale del Riesame e con la Cassazione, “per parametrare meglio e creare giurisprudenza in Italia, stabilendo cosa è pirateria e cosa non lo è – aveva detto – . Fermo restando che si tratta di condotte sempre delittuose”. In Italia, c’è un’unica sentenza su un episodio di pirateria che è avvenuto al largo della Somalia diverso tempo fa.