Beni confiscati, A testa alta invita i sindaci a riprendere l’attività del Consorzio
La mancata proroga della durata del Consorzio, stabilita nello Statuto «sino al 2020», per l’associazione licatese, è frutto di una clamorosa svista e non rispecchia chiaramente la volontà dei Comuni consorziati
L’associazione A testa alta, con una nota a firma del suo presidente Antonino Catania, ha invitato i Sindaci dei Comuni appartenenti al “Consorzio Agrigentino per la Legalità e lo Sviluppo” a porre in essere tutte le procedure necessarie per l’immediata ripresa delle attività del Consorzio stesso, anche attraverso l’eventuale ritiro degli atti in via di autotutela.
La mancata proroga della durata del Consorzio, stabilita nello Statuto «sino al 2020», per l’associazione licatese, è frutto di una clamorosa svista e non rispecchia chiaramente la volontà dei Comuni consorziati. Il 23 dicembre 2019, infatti, i Sindaci dei Comuni associati si erano riuniti in Assemblea a avevano eletto il Presidente dell’Assemblea, il Presidente del Consiglio di Amministrazione, i componenti del C.d.A. e il Segretario-Direttore per un periodo di tre anni.
Tale mancata proroga, dunque, non poteva rappresentare un ostacolo per continuare il percorso intrapreso nel 2005 e che era volto alla restituzione alla collettività delle ricchezze e dei patrimoni sottratti alle organizzazioni criminali, contribuendo alla nascita di buone prassi operative sul piano della gestione e della valorizzazione dei beni confiscati in provincia di Agrigento.
Peraltro, secondo la giurisprudenza di legittimità, il Consorzio, in ragione della sua natura giuridica, ben poteva intendersi tacitamente prorogato a tempo indeterminato allorché, scaduto il termine inizialmente stabilito per la sua durata, i consociati si fossero riuniti nuovamente e avessero continuano a svolgere le operazioni consortili (ex art. 2273 c.c.; in questi termini, v. Cass. Sez. II, 25 settembre 1990, n. 9709).
Per A testa alta, in alcun modo la macroscopica svista in cui è incorsa l’Assemblea dei Comuni consorziati e l’ingiustificata inoperatività in cui essa è rimasta poi impantanata possono ricadere sulle cooperative e sulle associazioni che, negli anni, partecipando ai bandi e investendo energie e risorse, hanno ricevuto in concessione dal Consorzio Agrigentino per la Legalità e lo Sviluppo terreni e fabbricati confiscati alla mafia.
Secondo quanto si legge nella nota dell’associazione, oggi tali cooperative e associazioni rischiano di rimanere senza il concedente, con contratti di comodato che non valgono neppure la carta su cui sono stati redatti perché giuridicamente estinti. Né la mera (formale) mancata proroga del Consorzio — con tutti i rapporti concessori ancora in atto e, a quanto è dato sapere, con un avanzo finanziario di oltre 130.000 euro che avrebbe dovuto essere destinato per Statuto (art. 27) a scomputo del contributo (5.000 euro) dovuto dai Comuni per gli anni successivi — poteva (e può) rappresentare un pretesto per costituire un nuovo Consorzio, avente peraltro le stesse identiche finalità, sostanziale fotocopia del precedente e rimasto inalterato finanche nella denominazione; soluzione, questa, che seppur condivisibile nella finalità, è da ritenere giuridicamente errata e comunque impropria, perché non risolve problemi legati ai conferimenti eseguiti dai Comuni al patrimonio del precedente Consorzio né quelli riguardanti i rapporti concessori in essere, per l’ovvia considerazione che il nuovo Consorzio è soggetto giuridico diverso e distinto dal precedente e che, nella specie, non è neppure riscontrabile alcun fenomeno successorio tra i due organismi.
Inoltre, dato che il vecchio Consorzio non risulta avere adottato e comunque pubblicato, come prevede la legge, alcun bilancio finale di liquidazione e il relativo piano di riparto, l’adesione da parte di taluni Comuni al nuovo Consorzio potrebbe intendersi quale operazione espressamente vietata dall’art. 31 TUEL («Tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio»); inoltre la quota già versata da alcuni Comuni all’atto di adesione al nuovo Consorzio, in assenza peraltro di un piano economico-finanziario da sottoporre ai rispettivi Consigli Comunali, potrebbe rappresentare un ingiustificato esborso erariale (v. il richiamo operato all’art. 31, TUEL, alle norme previste per le Aziende Speciali di cui all’art. 114, in quanto compatibili).
Un altro elemento critico segnalato da A testa alta è che la partecipazione al nuovo Consorzio sarebbe preclusa a quei Comuni in dissesto o in procedura di riequilibrio finanziario, tra cui figurano i Comuni di Naro, Canicattì e Licata, consorziati “fondatori”. Tali Comuni negli anni hanno effettuato importanti conferimenti di immobili che il Consorzio stesso, attraverso bandi pubblici, è riuscito ad affidare a terzi, come quelli confiscati a Giuseppe Falsone e ad altri personaggi di spicco della criminalità organizzata agrigentina.
Inoltre tali Comuni, secondo i dati di OpenRegio, detengono circa il 55% di tutti i beni confiscati in provincia di Agrigento (245 su un totale di 440); e proprio questo dato esprime in maniera piuttosto esplicita l’inopportunità della costituzione di un nuovo Consorzio, foriera di rilevanti criticità e che pertanto, a parere della scrivente Associazione, finisce per introdurre ulteriori significativi elementi di intralcio al riutilizzo dei beni confiscati in provincia di Agrigento.