Mafia

Le mani della mafia su supermercati ed energia, 11 arresti

Sono riusciti a riciclare grosse somme di denaro dei clan mafiosi palermitani grazie a imprenditori compiacenti ed esperti della finanza

Pubblicato 2 settimane fa

Sono riusciti a riciclare grosse somme di denaro dei clan mafiosi palermitani grazie a imprenditori compiacenti ed esperti della finanza. Undici persone sono state arrestate – a sei è toccato il carcere a 5 i domiciliari – al termine di una inchiesta della Dda di Palermo coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia e dei carabinieri di Trapani. Nell’indagine, che ha portato anche a 12 avvisi di garanzia, sono finiti personaggi storici della mafia di Salemi, fedeli alleati del boss Matteo Messina Denaro, accusati di aver ripulito milioni di euro e di aver stretto una solida alleanza con le ‘ndrine calabresi.

Gli indagati nell’operazione antimafia tra Trapani e Palermo sono: Andrea Angelo di Salemi (Trapani), 45 anni, Bartolomeo Anzalone, di Palermo, 60 anni, Giovanni Onofrio Beltrallo, di Campobello di Mazara, 57 anni, Antonio Vincenzo Lo Piccolo di Carini (Palermo), 62 anni, Leonardo Palmeri, di Palermo, 66 anni, Francesco Paolo Palmeri di Palermo, 62 anni, portati in carcere. Ai domiciliari sono Angelo Salvatore di Salemi, 75 anni), Michele Mondino di Palermo, 80 anni, Natale Beltrallo di Mazara del Vallo, 30 anni, Elisabetta Bonsignore, di Palermo, 63 anni e Antonino Putaggio, di Mazara del Ballo, 68 anni.

Gli indagati rispondono a vario titolo di mafia, riciclaggio, turbativa d’asta, trasferimenti fraudolento di valori e ricettazione. Uno dei personaggi chiave dell’indagine dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Trapani è Angelo Salvatore, capomafia di Salemi, già condannato per associazione mafiosa, imprenditore che, secondo gli inquirenti, per anni, avrebbe gestito gli investimenti di Matteo Messina Denaro nelle energie rinnovabili. Scarcerato nel 2019, è tornato in affari potendo contare sulla collaborazione del figlio Andrea. I due, grazie alle loro capacità di reclutare professionisti del settore e di penetrare abusivamente nei sistemi informatici delle banche, avevano messo insieme un gruppo criminale in grado di riciclare enormi somme di denaro delle cosche palermitane.

L’organizzazione avrebbe anche cercato di acquisire, reinvestendo denaro sporco, 12 punti vendita della Coop Sicilia, (ma l’affare è poi sfumato); di riciclare lire fuori corso per conto della ‘ndrangheta e di ripulire il denaro di Calogero John Luppino, il re delle scommesse clandestine online, altro fedelissimo dell’ex latitante. L’indagine ha svelato anche una turbativa d’asta della gara sulla gestione dell’erogazione dell’energia elettrica a Favignana. Il bando riguardava la realizzazione di quattro linee di distribuzione in media tensione, truccato perché a vincerlo fossero due società di Mazara del Vallo.

La mente finanziaria del gruppo criminale che ripuliva il denaro sporco delle cosche, scoperto dai carabinieri di Trapani, sarebbe stata un mafioso con la passione per la finanza strettamente legato alle ‘ndrine di San Luca dei Nirta-Strangio. L’uomo non è finito in carcere ma ha ricevuto un avviso di garanzia nell’ambito dell’inchiesta che ha portato a 11 misure cautelari. Era lui, secondo gli inquirenti che, in stretta collaborazione con Salvatore ed Andrea Angelo, padre e figlio, imprenditori mafiosi, e per conto di un gruppo di boss palermitani come il boss Michele Micalizzi, sarebbe riuscito a organizzare una serie di trasferimenti internazionali di denaro. Milioni di euro spostati, grazie all’aiuto di imprenditori stranieri su conti di “riceventi”, titolari di depositi di istituti di grandi banche internazionali come HSBC.

“Del tutto ragionevolmente si può affermare – scrive il gip che ha disposto la misura cautelare – che la scelta di banche di tale importanza sia avvenuta allo scopo nascondere le operazioni illecite tra milioni di altre – anche per importi assai rilevanti – e di ridurre il rischio di incorrere in segnalazioni antiriciclaggio”. “A te non ti tocca nessuno perché ce la sbrighiamo io e mio padre”, lo rassicurava Andrea Angelo non sapendo di essere intercettato. Ma per l’incolumità dell’uomo era preoccupata la moglie a conoscenza dei traffici illeciti in cui era coinvolto. “Ma vai in carcere? … ti uccidono?”, gli chiedeva.

Per spostare i soldi dei clan mafiosi palermitani sfruttavano il circuito internazionale Swift, metodo usato per trasferire all’estero somme di denaro non rendendolo più tracciabile. Le operazioni di riciclaggio scoperte dai carabinieri che oggi hanno notificato 11 misure cautelari sono due: una da 12 e l’altra da quasi 5 milioni di euro. Soldi affidati dai mafiosi palermitani ai “cugini” di Salemi che, grazie a consulenti e intermediari capaci di padroneggiare lo swift , portavano avanti i lodo disegni. Lo Swift, piattaforma informatica che consente alle banche per mezzo di un codice di scambiarsi messaggi con informazioni finanziarie, una sorta di whatsapp degli istituti di credito, permette ad esempio di assicurare l’avvenuto pagamento di un bene di valore prima della sua spedizione da un continente all’altro. I protagonisti dell’indagine padroneggiavano lo strumento finanziario e ne sfruttavano le potenzialità per trasferire all’estero le somme nascondendone l’origine.

Ai due protagonisti principali dell’indagine, Salvatore e Andrea Angelo, imprenditori di Salemi (Tp) si era rivolto il capomafia Michele Micalizzi che aveva bisogno di spostare il denaro sporco della cosca. Al piano avrebbero preso parte imprenditori compiacenti e “ambigui personaggi del settore”, così li descrive il gip. Nel 2019 sarebbero stati trasferiti 12 milioni della mafia dal conto di una banca tedesca a una filiale della Hsbc. Gli inquirenti hanno intercettato il file del report swift, una sorta di riepilogo degli elementi necessari per identificare gli estremi della transazione. Nell’indagine sono coinvolti anche una donna: “una signora che ha 40mila palle, conosce tutto il mondo, 4 o 5 lingue”, dicevano di lei gli indagati e imprenditori spagnoli e irlandesi. In un altro caso invece sarebbero stati spostati 4,9 milioni di euro. Tutti i soggetti che partecipavano al piano venivano retribuiti. Secondo gli inquirenti, ad esempio, gli Angelo avrebbero incassato una commissione del 10% dei fondi trasferiti.

La mafia mirava ad entrare nella grande distribuzione alimentare acquistando, attraverso imprenditori compiacenti, 12 supermercati a marchio Coop. Emerge dall’indagine della Dda di Palermo che ha portato a 11 arresti. Al progetto, che si sarebbe dovuto realizzare attraverso l’attribuzione fittizia delle quote della società usata per l’acquisto, partecipavano gli imprenditori di Salemi vicini a Messina Denaro, Andrea e Salvatore Angelo, e indiziati di mafia come Vincenzo Lo Piccolo. Secondo gli inquirenti erano tutti soci occulti della Grande Distribuzione Sicilia, che avrebbe dovuto acquisire i supermercati. L’affare sfumò perchè Coop Alleanza 3.0, titolare delle Coop in Sicilia, preferì cedere i punti vendita a un altro acquirente. “Voi dovete entrare…la coop minchia nell’affare”: diceva, non sapendo di essere intercettato, uno degli indagati. “La società – spiegava – la registriamo a Milano. Non vogliamo fare apparire i proprietari siciliani”. “Se gli amici miei si devono prendere la Coop – spiegava Vincenzo Lo Piccolo – e prendendosi la Coop sono nostri e ci sono operai nostri”. I soggetti interessati all’affare progettavano anche di far vendere ai supermercati i loro prodotti. “Questa combriccola che stanno per prendersi la Coop appena loro si mettono a cavallo siamo padroni di entrare i formaggi”, dicevano. Nel business sarebbero stati coinvolti anche Giovanni Beltrallo, già indagato per mafia, e Bartolomeo Anzalone, vicino a Domenico Scimonelli, imprenditore della grande distribuzione ritenuto prestanome di Matteo Messina Denaro.

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