Mafia

Le mani della mafia sull’appalto di 3 milioni di euro a Ribera: assunzioni, forniture e subappalti

I lavori di completamento della fognatura a Ribera, aggiudicati da un'impresa di Favara, erano finiti nel mirino della mafia: ecco cosa è successo

Pubblicato 2 mesi fa

Per lavorare bisogna chiedere il permesso. Decidevano chi doveva essere assunto e quali imprese dovessero fornire il noleggio dei mezzi e il calcestruzzo. Una chiara ed evidente manifestazione del potere mafioso, seguendo le più note dinamiche di Cosa nostra, che hanno consentito – ancora una volta – di alterare lo svolgimento del libero mercato in questa terra. Il mandamento mafioso di Lucca Sicula, guidato dal boss Salvatore Imbornone, aveva messo le mani su un appalto in particolare: i lavori di completamento della rete fognaria di Ribera. Un appalto di 3 milioni di euro affidato ad una nota impresa di Favara nel maggio 2021

Favara è anche il paese di origine di uno degli odierni arrestati, Francesco Caramazza, protagonista insieme ad altri sodali di questa particolare vicenda in cui – secondo quanto ricostruito dagli inquirenti – è stata assicurato a Cosa nostra il pieno controllo delle attività imprenditoriali. È il 16 ottobre 2021 quando viene intercettata una conversazione tra Caramazza, ritenuto uomo d’onore di Favara, e Giuseppe Maurello, uomo d’onore di Lucca Sicula. Il colloquio è incentrato proprio sull’appalto milionario e sulla regola di Cosa nostra che prevede che gli imprenditori, prima di qualsiasi lavoro, debbano chiedere il permesso. E così, secondo le indagini, avviene facendo sì che l’accaparramento delle commesse sia ottenuto da soggetti ritenuti vicini o comunque graditi al sodalizio mafioso. 

È il caso di due imprese in particolare: quella di Biagio Smeraglia, già coinvolto nel 2008 nell’operazione Scacco Matto, e quella di Carmelo Marotta, condannato per aver favorito la latitanza dell’ex capo di cosa nostra agrigentina Giuseppe Falsone. L’ultima parola spetta, così come regola di Cosa nostra vuole, al capo mandamento Imbornone. L’incontro tra Caramazza e Imbornone avviene il 28 novembre 2021. L’accordo, sempre secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, si concretizza e il risultato è lampante: la ditta aggiudicataria dell’appalto assume il figlio, due cognati e un nipote di Francesco Caramazza, uomo d’onore di Favara, mentre i lavori in subappalto vengono dati alle imprese ritenute “amiche”. 

Scrive il gip Filippo Serio:Dai colloqui esaminati emergono gravi indizi circa il ruolo assunto dai nominati indagati nel locale contesto associativo mafioso. Il saldo rappresentativo che si trae dalle intercettazioni è quello secondo cui i predetti indagati venivano riconosciuti come titolari del potere di decidere quali imprenditori potessero chiedere di ottenere la concessione di lavori in subappalto. Si riscontra il riconoscimento tra gli operatori economici locali di regole imposte che – in conflitto con il principio della libertà di iniziativa economica – prevedevano che gli imprenditori, prima di formulare proposte di lavoro, dovessero chiedere il permesso ai locali capi mafia. Dalle intercettazioni si ricavano indizi circa l’assetto e i ruoli dell’associazione mafiosa e circa l’esistenza di un ordine gerarchico in cui sono inseriti gli indagati. Caramazza, nelle conversazioni intercettate, si presentava quale referente di cosa nostra territorialmente competente a prendere questo genere di decisioni in ragione del luogo di residenza dell’imprenditore che aveva ottenuto l’appalto per i lavori pubblici. Emergeva che la decisione finale sulle imprese a cui affidare i subappalti era demandata a Imbornone Salvatore competente sia in ragione della posizione gerarchica sia in ragione del luogo di esecuzione dei lavori pubblici.”

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