Mafia, altri due anni di 41 bis per il boss Falsone
Il Tribunale di Sorveglianza di Roma all’udienza del 2/7/2020 ha rigettato il reclamo proposto dagli avvocati Angela Porcello, Piera Farina e Maria Brucale, nell’interesse di Giuseppe Falsone avverso il decreto Ministeriale di proroga del regime carcerario previsto dal 41 bis dell’o. p. ossia il cd. carcere duro ritenendo concreto il pericolo per l’ordine e la […]
Il Tribunale di Sorveglianza di Roma all’udienza del 2/7/2020 ha rigettato il reclamo proposto dagli avvocati Angela Porcello, Piera Farina e Maria Brucale, nell’interesse di Giuseppe Falsone avverso il decreto Ministeriale di proroga del regime carcerario previsto dal 41 bis dell’o. p. ossia il cd. carcere duro ritenendo concreto il pericolo per l’ordine e la sicurezza che con lo stesso si intende prevenire.
E ciò ritenendo non condivisibili le considerazioni in merito all’insufficienza degli elementi per l’ulteriore prolungamento di detto regime carcerario speciale rilevati nel reclamo dalla difesa che pertanto preannunzia sin d’ora la proposizione, entro il brevissimo termine di 10 giorni, del ricorso per Cassazione.
Invero la difesa ha sostenuto in merito a sostegno di ciò: il cambio degli equilibri criminali nella zona di appartenenza del Falsone, l’avvenuto cambio di vertice in provincia di Agrigento, secondo gli stessi provvedimenti giudiziari emessi, il mancato coinvolgimento nelle recenti operazioni di polizia e giudiziarie che hanno interessato la provincia di Agrigento, nessun elemento di comunicazione con l’esterno, l’allontanamento del nucleo familiare del Falsone dal contesto siciliano, la reclusione da dieci anni, preceduta da un lungo tempo di vita all’estero lontano .
Infine è stata sollevata questione di legittimità costituzionale non potendo il Ministero di grazia e giustizia emettere provvedimenti qualificabili come misure di prevenzione.
Ha invece rilevato il Tribunale e pertanto rigettato il reclamo proposto che: Falsone è sempre rappresentante provinciale di Cosa Nostra in provincia di Agrigento, che non è mutato il suo ruolo apicale, avendo soppiantato il Di Gati; appartiene ad una famiglia dedita agli illeciti; l’associazione e particolarmente operante in provincia di Agrigento come dai provvedimento di fermo emessi; il comportamento intramurario del detenuto non è corretto in merito alla corrispondenza per avere curato l’azienda di famiglia agricola e dedita al bestiame, pertanto oggetto di sequestro; la compagine criminale arrestata con le due ultime operazioni sono a lui vicini anagraficamente poiché nato nel 1970.
Circostanze, deduzioni, affermazioni e considerazioni che saranno oggetto di confutazione nel ricorso per Cassazione che sarà proposto dagli avvocati Angela Porcello e Maria Brucale e che saranno vagliate dalla Suprema Corte a cui spetta il giudizio finale, il merito a questa proroga biennale.