Mafia

Messina Denaro e l’arresto di Leo Sutera: “Era una pista ma la cattura non era vicina”

A parlare è l’ex procuratore di Palermo che racconta l’arresto di Leo Sutera, boss agrigentino ritenuto vicino a Matteo Messina Denaro

Pubblicato 1 anno fa

Che il boss Leo Sutera, recluso ormai da tempo e con un paio di condanne definitive per mafia, fosse nel cuore di Matteo Messina Denaro è cosa risaputa. Così come ormai è storia la durissima polemica tra magistrati che si innescò in seguito al suo arresto nell’operazione “Nuova Cupola” quando fu “tolto” di mezzo l’anello più importante di una catena che portava dritto a Messina Denaro. Una polemica che non si è mai sopita e che oggi, a pochi giorni dalla cattura di Matteo Messina Denaro, si riaccende sulle pagine del quotidiano La Stampa dove, nelle ultime ore, si è assistito ad un “botta e risposta” tra l’ex procuratore di Palermo, Francesco Messineo, e l’ex procuratore aggiunto, Teresa Principato. 

Quest’ultima, che per otto anni ha condotto le indagini sull’ormai ex latitante, aveva dichiarato: “Uno stop alle indagini fu dato solo quando dal procuratore e dal gruppo di colleghi agrigentini venne arrestato Leo Sutera, personaggio indispensabile alle mie indagini con il Ros.”

L’ex capo della Procura di Palermo Francesco Messineo, intervistato da Giuseppe Legato per La Stampa, ha replicato questa mattina: “Sull’arresto di Sutera, mafioso di elevato lignaggio dell’area agrigentina, chiarisco subito che l’indagine condotta nei suoi confronti per la ricerca di Messina Denaro realizzava solo la possibilità di sviluppare successive attività. Non c’era nulla di definitivo, nessuna acquisizione certa e nessuna prospettiva imminente [..] contemporaneamente la polizia aveva svolto una indagine (Nuova Cupola) nella quale era emersa la responsabilità concreta, e quindi non una semplice pista, di una cinquantina di soggetti dell’agrigentino fra i quali lo stesso Sutera [..] l’unico modo per poter proseguire la ricerca del latitante sarebbe stato di non procedere agli arresti dei mafiosi [..] Si decise di temporeggiare quanto era possibile ma naturalmente non si poteva andare al di là di un certo lasso di tempo.”

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