Mafia

Strage via D’Amelio, Relazione antimafia: “Depistaggio continua”

Si legge nella seconda relazione della commissione regionale Antimafia all'Ars

Pubblicato 3 anni fa

Dopo la strage di via d’Amelio, “a quasi trent’anni da quella stagione di eversione mafiosa, le sue verita’ sono ancora materia viva e scomoda. Verita’ che preoccupano, oggi come ieri; e che inducono taluni a forzare la ricostruzione dell’attentato verso spiegazioni meno traumatiche, oggi come ieri”.

Una storia chenon e’ mai finita e i depistaggi sono ancora in corso”, come ha affermato, durante la sua audizione, il procuratore Roberto Scarpinato, offrendo “la chiave dell’inchiesta che ha impegnato in questi mesi la commissione“. Si legge nella seconda relazione della commissione regionale Antimafia all’Ars, sul depistaggio delle indagini sulla strage di via d’Amelio, nella quale persero la vita Paolo Borsellino e la sua scorta. “Da questa suggestione, che tale purtroppo non e’, si muove il nostro lavoro – si legge ancora – mettere a fuoco il tentativo attuale di deviare non tanto il corso delle indagini (sono gia’ stati celebrati quattro processi) quanto la ricerca storica di una verita’ compiuta su mandanti e movente della strage di via D’Amelio”. Il riferimento stavolta e’ anche alla dinamica della strage proposta dall’ex collaboratore di giustizia Maurizio Avola che “suona falsa“. Una “riscrittura radicale e assai tranquillizzante della strage”, una versione dei fatti e dei mandanti che “vorrebbe ribaltare la ricostruzione processuale offerta in questi anni da Spatuzza che in piu’ occasioni ha confermato la presenza di un estraneo a Cosa nostra attorno alla 126 imbottita d’esplosivo il giorno prima della strage”.

Concentrandosi su questo filone, la Commissione ha sentito, in questa seconda tappa della propria indagine, molti dei protagonisti di quel periodo. Il focus, questa volta, e’ stato anzitutto “il perimetro delle responsabilita’ istituzionali che hanno permesso, non solo in Sicilia, l’ignominia di quel depistaggio: chi non capi’, chi non cerco’, chi non disse, chi distolse lo sguardo, chi lavoro’ consapevolmente per la menzogna, chi cerco’ colpevolmente solo la propria carriera”. Un lavoro di ricerca sintetizzato in 130 pagine, frutto di quattro mesi d’indagine e al termine di 22 audizioni: tra questi l’ex pubblico ministero Antonio Di Pietro; Gaetano Murana (uno degli innocenti accusati da Scarantino), l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli, l’ex pubblico ministero Antonio Ingroia, l’ex ministro dell’Interno Vincenzo Scotti; l’ex agente della polizia di Stato Antonio Vullo, l’ex dirigente del Sisde Bruno Contrada; il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Palermo Roberto Scarpinato. Emerge, “come nella prima indagine di questa Commissione, un reticolo di responsabilita’ forse penalmente non rilevanti ma tutte, a diverso titolo, determinanti nell’assecondare, proteggere, accompagnare quel furto di verita’ su via D’Amelio. E nel coprire, di fatto, mandanti e movente che una lettura facile e consolatoria (sostenuta per diciassette anni dalle verita’ ‘rivelate’ da Scarantino) avrebbe voluto limitare all’interno di Cosa nostra. Solo una vendetta: come in un b-movie. Il depistaggio sull’eccidio di via D’Amelio “presenta una caratteristica che lo rende diverso rispetto a tutti gli altri: e’ stato, sebbene solamente in parte, svelato. Ed e’ proprio cio’ che lo rende piu’ che mai attuale. Non deve stupire che oscuri meccanismi, oggi, si pongano strenuamente in difesa della ricostruzione falsa e consolatoria proposta da Scarantino e dai suoi suggeritori”.

Allargare lo sguardo su cosa accadde in quei 57 giorni fra Capaci e via D’Amelio, sulle inquietudini del giudice Borsellino, su cio’ che aveva intuito o saputo e che si preparava a dire; raccontare quella strage non come un ultimo disperato colpo di coda di Cosa nostra ma come il punto d’arrivo di un disegno piu’ ambizioso e devastante per i destini del Paese: insomma, parlare di via D’Amelio “sapendo di non poter parlare solo di mafia e’ cosa che fa ancora paura“. A ventinove anni dalla morte di Paolo Borsellino – sottolinea la relazione dell’Antimafia dell’Ars – si preferisce che la corda pazza di quella strage non venga sfiorata. E i depistaggi, ieri come adesso, sono lo strumento piu’ efficace”. Lo scopo della Commissione Antimafia dell’Ars, viene ribadito, “e’ stato quello di indagare, gia’ tre anni fa, su un tassello di questa matassa, il depistaggio sul delitto Borsellino, che paradossalmente appare essere oggi una delle poche certezze in mezzo a tanti misteri”. Certamente “era possibile svelare e disinnescare – si dice convinta la commissione nella relazione – quantomeno sul piano strettamente processuale, il depistaggio consistente nell’irruzione di Vincenzo Scarantino sullo scenario, ben prima e indipendentemente dalla collaborazione di Gaspare Spatuzza avvenuta nel 2008. Se cio’ non e’ accaduto e’ per il combinato disposto tra la conduzione supponente e superficiale delle indagini da parte dei pm di Caltanissetta e la scelta di assecondare acriticamente in alcune sentenze quella ricostruzione fallace e sommaria”. Resta, infatti, “drammaticamente senza risposta l’interrogativo circa la tenace determinazione della Procura della Repubblica di Caltanissetta dell’epoca di insistere irriducibilmente, in tutti i dibattimenti celebrati sulla strage fino al 2002, sulla piena affidabilita’ di Scarantino, di Andriotta e degli altri falsi collaboratori, ancorche’ diversi dati e svariati elementi estraibili soprattutto dalle molteplici sentenze pronunciate fino ad allora deponessero decisamente per il contrario, anche al netto dei citati confronti”. In questi mesi l’Antimafia regionale ha messo insieme “dettagli, omissioni, forzature, ingenuita’, menzogne: i molti tasselli che costituiscono la solida impalcatura di questo depistaggio“, ma a quasi trent’anni dalla stagione delle stragi che hanno cambiato il volto dell’Italia, “l’unica certezza che abbiamo e’ che “non esiste ancora una verita’ storica (ne’ una verita’ giudiziaria) in grado di ricostruire compiutamente autori, moventi, mandanti e contesto storico in cui avvennero quegli spaventosi attentati, senza precedenti nel continente europeo dalla fine della guerra”.

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