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Dipendenti supermercato sfruttati e pagati 1,6 euro l’ora: due arresti

I due devono rispondere di caporalato e autoriciclaggio

Pubblicato 38 minuti fa

Trentasette lavoratori di un supermercato del Catanese sarebbero stati impiegati “un numero di ore nettamente superiore rispetto a quelle previste da contratto, con retribuzioni che, nei casi più gravi, si sarebbero attestate a 1,6 euro l’ora con stipendi mensili di 7-800 euro per i giovani a fronte di oltre 60 ore settimanali di lavoro”. E’ quanto emerso da indagini della guardia di finanza che hanno portato all’arresto, per caporalato e autoriciclaggio, del rappresentante legale e del direttore commerciale, che sono stati posti ai domiciliari, e al sequestro preventivo della società, il cui valore è stimato in 3 milioni di euro.

Al centro delle indagini della compagnia della guardia di finanza di Paternò ci sarebbe un noto supermercato di Biancavilla dove un controllo, spiegano le Fiamme gialle, ha permesso di quantificare “l’omessa corresponsione di retribuzioni negli anni per un ammontare pari a circa 1.600.000 euro e di contributi previdenziali per 1.150.000 euro”. Ai due indagati la Procura di CATANIA contesta la “reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali o, comunque, sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, i periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie; la violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro”. Per l’accusa “i lavoratori sfruttati, in ragione dello stato di bisogno in cui versavano, in virtù della situazione di grave difficoltà economica tale da limitarne la libertà di autodeterminazione, non avendo nessun’altra valida alternativa, accettavano di essere impiegati per molte più ore rispetto a quelle contrattualizzate, non godendo delle ferie maturate e fruendo di soli due riposi settimanali al mese”. Dalle indagini sarebbero anche emersi “elementi indicativi del reato di autoriciclaggio a opera del rappresentante legale della società in relazione al profitto del delitto di sfruttamento lavorativo”. In particolare, e a titolo esemplificativo, ricostruisce la Procura di CATANIA, “sarebbe emerso a livello di gravità indiziaria che buona parte dei lavoratori veniva impiegata per circa 65 ore settimanali, a fronte di contratti che prevedevano un Impegno di 40 ore settimanali, fruendo di soli due riposi settimanali al mese” in contrasto con la norma che fissa il diritto del lavoratore ad avere ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive. I nuovi dipendenti, in servizio da un anno, secondo quanto emerso, non avrebbero mai fruito di ferie. 

LA NOTA DEL PROCURATORE DI CATANIA, FRANCESCO CURCIO

Dal blitz anti-caporalato eseguito dai finanzieri del Comando provinciale di CATANIA, che hanno arrestato il rappresentante legale e il direttore commerciale di un noto supermercato di Biancavilla, accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e autoriciclaggio, è emersa “una situazione di estremo stato di bisogno economico, comune tutti i dipendenti”. A dirlo è il procuratore di CATANIA, Francesco Curcio, spiegando che gli impiegati del supermarket, “pur consapevoli delle violazioni e della evidente non corrispondenza alla contrattazione collettiva e alla normativa di riferimento del trattamento loro riservato dal datore di lavoro (quanto a retribuzione, a orario di lavoro, riposo e ferie), avevano accettato dette condizioni in ragione della situazione di grave difficoltà economica e della necessità di far fronte alle spese dei rispettivi nuclei familiari, non avendo altra valida alternativa”. Insomma, “tra la possibilità di non percepire alcuna fonte di reddito e quella di subire sfruttamento lavorativo – osserva il procuratore -, non avevano potuto fare altro che accettare e subire questo ultimo”. Dagli accertamenti è emerso che buona parte dei lavoratori veniva impiegata per circa 65 ore settimanali (a fronte di contratti che prevedevano un impegno di 40 ore settimanali), fruendo di soli due riposi settimanali al mese. Le paghe nei casi più gravi si sarebbero attestate a 1,6 euro l’ora con stipendi mensili di 7/800 euro per i giovani. “Lo stato di bisogno dei dipendenti – dice ancora il procuratore Curcio – ne avrebbe limitato la libertà di scelta, incidendo sulla libertà di autodeterminazione a contrarre e inducendoli ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose e illegali in quanto non consentite né dalla contrattazione collettiva né dalla normativa giuslavoristica”. I finanzieri avrebbero accertato che nuovi dipendenti, in servizio da un anno, non avrebbero mai fruito di ferie. Inoltre, ad alcuni lavoratori, sin dal momento dei colloqui propedeutici all’assunzione, sarebbe stata chiaramente rappresentata la divergenza tra previsioni contrattuali sulla carta e il contenuto effettivo del rapporto contrattuale, senza alcun margine di trattativa ovvero “con l’inequivoca indicazione – conclude il procuratore di CATANIA – che l’accettazione di quelle condizioni lavorative risultava essere condicio sine qua non dell’assunzione e che, quindi, nessuna assunzione sarebbe avvenuta se non a quelle specifiche condizioni, cui i dipendenti si impegnavano non avendo alternative lavorative da poter percorrere”.

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