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E il presidente della Cei gelò l’uditorio: ”…Non sono tranquillo…non so dove stiamo andando…”

Diego Romeo e Paolo Cilona conversano nella “Sicilia agrigentina”

Pubblicato 1 anno fa

La chiesa agrigentina si è interrogata su quanto cambiamento abbia apportato l’anatema del papa Giovanni Paolo sui mafiosi. Il presidente della Cei siciliana ha gelato l’uditorio dicendosi “poco tranquillo , non so dove stiamo andando, la mafia c’è, loro ci sono“.

Sono trascorsi trent’anni da quel grido forte che Giovanni Paolo II scagliò contro la mafia:” Dio ha detto una volta non uccidere! Non può la mafia calpestare questo diritto alla vita. Questo popolo siciliano ama la vita, che dà la vita, non può vivere sotto la civiltà della morte. Lo dico ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio”. Sono trascorsi 6 lustri da quel grido che colpì il mondo. Sono finite le stagioni dei corleonesi, delle stragi, ma la presenza della mafia è costante in quanto si è ramificata in un contesto di colletti bianchi espressione di una borghesia mafiosa dove si accarezza come animale simbolo la sanguisuga. Una cultura di ampia prepotenza, di illeciti,  di soprusi. Da qui le allarmanti preoccupazioni del capo della Cei siciliana. Una realtà dove parte della popolazione anziché reagire preferisce convivere con la malapianta. La mafia la si combatte a partire dai banchi di scuola”.

L’emergenza Covid è stata chiusa dall’Oms. Non si comprende come negli uffici pubblici non venga ripristinato il libero ingresso.

“Ora che la pandemia è finita è un controsenso mantenere l’ingresso negli uffici pubblici solo per appuntamento. Occorre con urgenza ripristinare il libero ingresso stabilendo magari i giorni per il pubblico ed evitare l’attuale regolamento. Si tratta di una esigenza pubblica per sottrarre il cittadino utente dai compiti burocratici. Una obbligatorietà di passaggi che mette in difficoltà il povero ed anziano cittadino che non mastica bene con l’uso del telefono per ottenere la prenotazione. Se l’attuale situazione è molto gradita agli impiegati pubblici dove vige l’obbligatorietà della prenotazione non lo è affatto per il comune cittadino. Le autorità pubbliche hanno il dovere di ripristinare l’ingresso negli uffici stante che l’organizzazione mondiale della sanità ha ufficializzato la fine dell’emergenza Covid”.

Ammirevole il gesto del senatore Cottarelli che si è dimesso dal partito per ritornare alla sua professione

Le dimissioni del senatore Cottarelli, di lasciare il partito dove era stato eletto,  meritano di essere commentate. Probabilmente è il primo caso che un parlamentare dimissionario non sia andato in nessun’altro partito, ritenendo non serio cambiare casacca. Una decisione coerente al suo modo di fare politica, avendo accettato la candidatura e poi l’elezione in virtù di una autonoma convinzione ideologica (moderata) venuta meno con l’elezione della segretaria Elly Schlein. E prima di lui hanno lasciato il Pd Enrico Borghi e Caterina Chinnici. Hanno cambiato solo la casacca. Il primo è andato con Renzi, la seconda è approdata a Forza Italia. È il comportamento tipico del voltagabbana, attaccato alla poltrona, al potere personale dimenticando il partito che in base alla legge elettorale li aveva designati ed inclusi nelle liste come dei veri privilegiati. In un partito plurale c’è spazio per tutte le posizioni. La nuova gestione del Pd sta riscuotendo ampi consensi dalla storica sinistra italiana e proseguirà verso le periferia delle città. La gente guarda le uscite dal partito come una fuga di chi in questi anni ha spezzato il collegamento con il riformismo. La fuoriuscita se da un canto possa dispiacere dall’altro fa nascere una nuova stagione e una grande speranza per la sinistra italiana”.

Quote rosa sono scomparse nella Giunta comunale di Agrigento. Come le rose di maggio?

“Le donne agrigentine segnano storicamente il passo a vantaggio di chi ritiene a torto di farne a meno. Maschilisti di potere poco disponibili ad aprire le porte del palazzo alle donne che malgrado tutto sono una grande risorsa sul piano civile, sociale, culturale. Nelle fila di Fratelli d’Italia si muovono giovani donne impegnate come l’avvocato Paola Antinori, la scrittrice poetessa Daniela Ilardi, come la consigliera comunale Zicari. Nella passata Giunta sedevano due donne, che si sono dimesse non avendo ricevuto dall’amministrazione attiva adeguati supporti nel bilancio comunale da destinare alle loro branche di lavoro. Non avendole ricevute, per coerenza personale e politica . hanno preferito rassegnare le dimissioni dall’incarico di assessore”.

In un convegno agrigentino si è discusso di Dante, di pace, di dialogo. Un assist  che la città saprà raccogliere? 

“Dante, la guerra, la pace è stato un convegno organizzato dalla Società Dante Alighieri di Agrigento presieduta da Enza Ierna e dalla direttrice dell’Archivio Storico diretto da Rossana Florio. Va detto subito che l’Unità di Italia fu solo un’entità territoriale e non linguistica e culturale. Si disse: fatta l’Italia bisogna fare gli italiani. E gli italiani in guerra parlavano lingue diverse, incomprensibili. Prima di raggiungere la pace, i soldati italiani in guerra erano in gran parte analfabeti. La Grande guerra fece scoprire una realtà difficile e complessa sul piano della comunicazione tra siciliani, sardi, napoletani, calabresi, friulani, liguri, emiliani, toscani, molisani, pugliesi. Non si capivano. L’unica parola che li univa era quella di fratello. Detta parola costituiva il loro legame. Nessuno nelle trincee e nelle retrovie parlava la lingua di Dante. L’analfabetismo si aggirava quasi al 75% delle forze armate. La pace giunse come il grande desiderio che animò sempre in Dante costretto ad andare in esilio. Nel corso del convegno si è parlato anche di monumenti dedicati ai caduti in guerra. Come da qualcuno ha evidenziato i monumenti sono stati realizzati in ricordo delle persone che sacrificarono la vita per la grandezza della patria. I caduti italiani furono 651 mila di cui 4480 nella sola provincia di Agrigento. Dietro l’aridità dei numeri si nasconde per ogni caduto una storia umana”.

Rispunta in campo nazionale la Dc, segretario Totò Cuffaro, con parecchi siciliani nel consiglio nazionale. Sarà ancora la Sicilia il granaio della Dc?

“La rinascita della balena bianca è solo una forzatura personale del suo fondatore. La Democrazia cristiana  ha avuto un importante ruolo politico ed ha svolto un grande servizio al Paese. La sua fine al pari degli altri partiti del centro-sinistra e non solo, ha chiuso in modo storico la cosiddetta prima repubblica. Riaccendere la fiammella è solo il frutto di chi si illude di poterla riportare agli antichi splendori. Nulla di personale. Una volta a farne parte del consiglio nazionale erano chiamati dirigenti di alto profilo come Gonella, De Mita, Martinazzoli, Moro, Anselmi, Bodrato, Mattarella, Andreotti, Rumor, Piccoli ecc. ecc. Oggi si fanno avanti altri nomi ma di sicuro di caratura diversa. E poi il conflitto sulla titolarità del simbolo lascia un po’ perplessi. Non c’è più il grande regista. Per queste e altre  riflessioni bisogna prendere coscienza che i tempi non sono maturi per un partito che dovrà essere presente dal Brennero  a Lampedusa”.

Dopo la visita di qualche giorno fa ad Agrigento del ministro della cultura Sangiuliano, ci sono buone possibilità che il ministro ritorni ad Agrigento per ricordare Pirandello e Hardcastle?

“Subito dopo la proclamazione di Agrigento capitale della cultura avvenuta il 30 marzo 2023 nella sede del Ministero della cultura, l’onorevole ministro Gennaro Sangiuliano ha ufficializzato al sindaco Franco Miccichè, all’assessore Costantino Ciulla il desiderio di una sua visita ad Agrigento. Presente all’incontro ho prospettato la data del 27 giugno in occasione delle celebrazioni in ricordo del novantesimo della morte del capitano inglese Alexander Hardcastle e della nascita del grande drammaturgo Luigi Pirandello. Il ministro entusiasta della proposta ha assicurato la sua piena disponibilità di visitare la nostra città e di presenziare alle due importanti iniziative culturali. Nel contempo ha indicato la dottoressa Narda Frisone capo della segreteria del ministro quale persona di collegamento tra il Comune e il Ministro in ordine agli aspetti logistici. È stata data una copia del libro riguardante la vita del capitano londinese. Il ministro di sicuro approfitterà dell’invito per ufficializzare la grande opportunità per Agrigento quale capitale della cultura 2025. Un battesimo assai significativo sul piano politico-istituzionale. Il ministro avrà modo di fare delle brevi visite alla casa natale di Andrea Camilleri e di Leonardo Sciascia, nonché  un giro  tra i luoghi del Gattopardo. Un breve soggiorno in una terra ricca di monumenti, di ricchezze naturalistiche e archeologiche”.

Anche se con ritardo si registrano rinnovati interessi per l’aeroporto. Si è avuto solo un cenno dal deputato Lillo Pisano..

Sono contento di vedere tante persone che si schierano ed alimentano la speranza per la realizzazione dell’aeroporto. Raccolta di firme, dichiarazioni, formulazioni, indicazioni, il tutto in una cornice di buoni propositi. Ma niente di più. All’orizzonte non si vedono i deputati nazionali e regionali, i potenti della politica e dell’economia. Siamo al punto di partenza e segnatamente a 75 anni addietro quando il primo a parlare di aeroporto fu l’allora deputato della costituente prof. Gaspare Ambrosini. Dopo di lui una legge dello Stato ne stabiliva la costruzione. Purtroppo l’inerzia dei parlamentari e la potenza dei due poli turistici Palermo e Catania hanno impedito la realizzazione. Con l’accordo di programma Stato-Regione si stabilì l’approvazione di un progetto per l’aeroporto a Racalmuto. Degli imbecilli anziché portare avanti il progetto che aveva ricevuto la cospicua somma di 35 milioni di euro per l’inizio dei lavori preferirono restituire la somma alla Regione in attesa di una nuova localizzazione a Licata. I fautori di questa assurda retromarcia hanno affossato il problema dell’aeroporto. Oggi disponiamo di un progetto lautamente strapagato di 1.250.000 euro che se avessimo una classe politica capace ed autorevole, potrebbe rientrare subito tra le infrastrutture da fare nel rispetto del Pnnr. Un aeroporto a meno di dieci minuti da Agrigento lungo l’autostrada per Caltanissetta è una struttura essenziale per il turismo europeo con i voli charter e per i collegamenti con gli scali nazionali. Purtroppo siamo un’isola nell’isola”.

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