RISERVATO ABBONATI

Ecco come Messina Denaro comandava le cosche agrigentine

Emerge un rapporto “speciale” con il territorio agrigentino con particolare riferimento a Sciacca, Ribera, Montevago, Sambuca di Sicilia e i territori del Belice.

Pubblicato 2 anni fa

Il ruolo primario e di egemonia di Matteo Messina Denaro anche nelle dinamiche interne alle famiglie mafiose agrigentine Grandangolo lo ha ripetutamente descritto con numerosi articoli che spesso hanno avuto come principale protagonista il boss di Sambuca di Sicilia, Leo Sutera, detto il professore, attualmente in carcere per scontare l’ennesima condanna per mafia.

Ma il ruolo dell’ex latitante di Castelvetrano nei fatti interni delle cosche era già stato evidenziato dall’inchiesta antimafia “Scacco matto” di quasi tre lustri fa che disegnava l’attivismo di MDM in territorio agrigentino. L’inchiesta antimafia precedente nota col nome di “Avana”, tuttavia, dà l’esatta misura del potere e del prestigio di Messina denaro come scrivono i giudici della Corte d’Assise di Caltanissetta nelle oltre mille pagine di motivazioni depositate che stanno alla base della condanna all’ergastolo inflitta all’ex superlatitante, riconosciuto tra i mandanti delle stragi del 1992.

Ed è proprio nel ripercorrere la storia di Messina Denaro che, si legge nelle motivazioni della sentenza sulle stragi del 1992: “In ordine al ruolo ricoperto da Matteo Messina Denaro merita particolare menzione la sentenza n 75/96 del Tribunale di Sciacca del 16 luglio 1996 (processo Avana) contro vari esponenti della mafia agrigentina. Tale sentenza si fonda su una serie di intercettazioni ambientali che hanno coinvolto gli uomini d’onore di Sciacca, in particolare, oltre a Salvatore Di Gangi, due suoi pretoriani, Ignazio Ambla e Accursio Dimino nell’ambito temporale che va dalla seconda metà del 92 ai primi del 93. Come riferito anche dal collaboratore Giovanni Brusca i predetti personaggi, avevano diretti rapporti con Matteo Messina Denaro (p.34/35 udienza 12 dicembre 2017). Dalle intercettazioni riportate nella sentenza (definita con la condanna di Ambla e Dimino) risultano particolarmente rilevanti in quanto gli uomini d’onore della famiglia agrigentina considerano palesemente Matteo Messina Denaro come il soggetto posto a capo della provincia di Trapani nel corso del 92, venne un’influenza anche sulle questioni riguardanti le altre province. In particolare Messina Denaro fu incaricato da Riina al fine di trovare una pacificazione tra i vari appartenenti all’organizzazione mafiosa di Agrigento, in perenne contrasto dopo la morte di Carmelo Colletti, avvenuta, durante la guerra di mafia condotta dai corleonesi, a Ribera il 30 luglio 1983.”

E ancora:La circostanza che Messina Denaro svolgesse il ruolo di capo della provincia di Trapani in sostituzione del padre Francesco emerge chiaramente nella cosiddetta sentenza “Avana” emessa dal tribunale di Sciacca il 16 luglio 1995. E’ bene precisare che detto processo, svoltosi a carico di Di Gangi e altri, ha visto molti soggetti della mafia agrigentina (tra cui Di Gangi, rappresentante del mandamento di Sciacca, Giuseppe La Rocca, della famiglia di Montevago, Ignazio Ambla e Accursio Dimino) imputati per avere in concorso con altri uomini d’onore (tra cui lo stesso Messina Denaro) partecipato all’associazione di tipo mafioso denominata “Cosa Nostra” al fine di commettere vari delitti quali omicidi, incendi, danneggiamenti, estorsioni. Il reato risultato essere stato commesso tra il 21 dicembre 1992 e l’ottobre 1993 tra Sciacca, Ribera, Montevago ed altri comuni facenti parte del territorio agrigentino e trapanese, ivi compreso il comune di Castelvetrano. Giova precisare che sui predetti imputati Di Gangi, Ambla e Dimino ha riferito, nel corso del presente processo (il 2 dicembre 2017) il collaboratore Giovanni Brusca. In particolare Brusca ha affermato che i soggetti in questione avevano rapporti diretti con Matteo Messina Denaro (“contatti un po’ con tutto il trapanese, perché c’era pure un interesse da parte di Mariano Agate sulla calcestruzzo, quindi avevano rapporti un po’ con tutti”). E’ da aggiungere che nella sentenza “Avana” si ricostruiscono – sulla base delle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia quali Cancemi, La Barbera, Di Matteo ed altri, nonché sulla base di numerose intercettazioni ambientali effettuati piazziando microspie presso il Consorzio di prodotti di conglomerato cementizio denominato “Sciacca Terme” – le vicende della mafia locale, costituita da diversi gruppi, in contatto con i corleonesi di Totò Riina ed i suoi uomini più fidati tra cui Giovanni Brusca e Matteo Messina Denaro. Ed infatti dalla citata sentenza si afferma testualmente che le conversazione captate rendono “conto, in funzione dei relativi contenuti, dell’esistenza a Sciacca di un gruppo mafioso facente capo a Salvatore Di Gangi […]; moltissimi degli stessi colloqui danno a loro volta contezza dell’insediamento in Ribera di altro analogo gruppo facente capo a Simone Capizzi […] come anche in Montevago si registra l’esistenza di simili clan con a capo Giuseppe La Rocca”. Deve inoltre rilevarsi ce nella citata sentenza si evidenzia come dalle intercettazioni “emerga l’avvenuta costituzioni di analoghi raggruppamenti” in altri comuni come Sambuca di Sicilia, Santa Margherita Belice, Burgio ecc. Si precisa, tuttavia, che “tutti i diversi gruppo null’altro sono che famiglie di Cosa Nostra e che i vari clan sono indissolubilmente legati ai corleonesi di Totò Riina e hanno, come diretti referenti, Matteo Messina Denaro e i Brusca di San Giuseppe Jato. I rapporti tra i gruppi in questione, tuttavia, risultavano essere caratterizzati da accesi contrasti. L’organizzazione centrale, ed in particolare Totò Riina, intervenne per comporre vari dissidi incaricando Messina Denaro di “mediare” tra le varie famiglie della provincia agrigentina, sempre in subbuglio dopo la morte di Carmelo Colletti, ucciso a Ribera il 30 luglio 1983. Più in particolare, vi era uno scontro che vedeva contrapporsi i Di Gangi di Sciacca alla famiglia Capizzi di Ribera, che reclamava un ruolo in provincia proporzionato alla “forza militare”; vi erano, inoltre, le rivendicazioni avanzate con riguarda a Ribera da parte di Di Caro di Canicattì. Totò Riina ebbe, quindi, ad incaricare Messina Denaro di mediare e di intervenire per evitare che le varie questioni  degenerassero in una vera e propria guerra armata. L’importanza della sentenza “Avana” riguarda proprio tale ruolo di mediatore di Messina Denaro, riconosciuto dagli stessi interlocutori delle conversazioni intercettate come “il rappresentante della provincia di Trapani” in sostituzione del padre Francesco.”

L’intervento di Messina Denaro nelle controversie della mafia agrigentina

Assume, al riguardo, rilievo la conversazione intercettata il 24 novembre 1992 ed intercorsa tra Ignazio Ambla e Accursio Dimino in cui si trovano ripetuti riferimenti a “Zù Totò” ed al mandamento di Trapani. In tale intercettazioni, in particolare, è contenuta l’espressa indicazione che il rappresentate di tale mandamento (o per meglio dire della provincia) è u “Zù Ciccio”, ossia Francesco Messina Denaro, “sostituito dal figlio Matteo. La frase pronunciata da Accursio Dimino è: “U zù Ciccio a chi ha! Matteo! Siccome ha la possibilità di girare compare lui in tutte cose!”. L’intervento di Matteo Messina Denaro risulta essersi verificato in occasione di varie crisi insorte tra i componenti delle famiglie agrigentine, anche per questioni di non eccessiva importanza. Ad esempio, nella conversazione del 25 febbraio 1993, si menziona un dissidio insorto a causa della paventata estromissione di un soggetto da una società denominata “Maman Noel”; tale questione risulta essere risolta grazie alle indicazioni contenute in un “biglietto” consegnato dallo stesso Matteo Messina Denaro al La Rocca con destinatario Di Gangi il quale intervenne nella vicenda proprio basandosi sulle istruzioni ricevute dal boss di Castelvetrano. Giù in precedenza Matteo Messina Denaro aveva inviato un altro biglietto contenente le indicazioni per risolvere un’altra questione societaria riguardante tali Barone.

Il progetto di omicidio di un uomo d’onore di Sciacca e il “pizzino” sequestrato a Totò Riina

Gli interventi di Messina Denaro riguardarono, peraltro, questioni ben più importanti. In particolare venne richieste al Messina Denaro l’autorizzazione per compiere l’omicidio di un uomo d’onore, tale Giuseppe Lombardo, e di suo fratello Francesco. Tale omicidio, programmato dal Di Gangi con Ambla e Dimino nell’ambito di contrasti insorti tra il gruppo saccense e il gruppo di Ribera, richiedeva l’autorizzazione di Totò Riina. Pertanto “lo stesso di Gangi ripromette di parlare l’indomani in merito ai programmati omicidi a Messina Denaro, evidentemente per ottenere l’avallo nelle competenti sedi”. Rispetto a tale episodio vi è un importante riscontro costituito da un biglietto rinvenuto in occasione dell’arresto di Totò Riina e Salvatore Biondino, avvenuto pochi giorni dopo la conversazione tra Di Gangi e Ambla. In detta circostanza venne sequestrato un appunto riguardante proprio la questione agrigentina (“Lombardo di Sciacca con il fratello dentro – cosa fare”).

Il progetto di esautorazione del boss Di Gangi: l’intervento di Messina Denaro

Un altro importante episodio in cui si manifestò l’attivismo di Messina Denaro riguarda poi il progetto di esautorazione di Totò Di Gangi portato avanti da Simone Capizzi. Nella vicenda, che avrebbe potuto dare luogo ad un vero conflitto tra le famiglie agrigentine, intervenne – ancora una volta – Matteo Messina Denaro sempre in stretto contatto con Totò Riina. La situazione, come si evince dalla conversazione intercettata il 12 novembre 1992 tra Ambla Vincenzo Leggio, altro membro della famiglia di Sciacca, venne ricomposta in quanto Totò Riina aveva fatto sapere, tramite Messina Denaro, che Di Gangi doveva rimanere rappresentante. L’iniziativa di Capizzi di delegittimare Di Gangi emerge dalla conversazione intercorsa tra Dimino e Ambla riporta nella motivazione della sentenza “Avana”: “Si capisce che Simone Capizzi, unitamente al “dottore”, e cioè Emanuele Brusca, ha chiesto ed ottenuto un incontro con Matteo Messina Denaro, che si apprende essere investito di una carica gerarchica di livello regionale, in quanto gira come “rappresentate di province”. Nel corso dell’incontro, su richiesta del Capizzi, il quale,  col pretesto che Di Gangi non è originario di Sciacca, ha manifestato il proprio proposito di non intrattenere più rapporti col medesimo in relazione agli affari concernenti la organizzazione, si è deciso – presente Pino La Rocca e col placet di costui – di nominare delegato del mandamento Ambla. Ad Ambla, peraltro, e non più a Di Gangi, i riberesi dovranno rivolgersi, quando per le esigenze della consorteria avranno necessità di contratti col gruppo saccense. Dell’incontro e di quanto è nel corso di esso avvenuto Ambla ha avuto notizia dal La Rocca. Costui ha anche riferito che si sarebbe deciso che dei contatto, che in futuro i riberesi avrebbero instaurato con Ambla, nella cennata qualità di delegato, il Di Gangi non avrebbe dovuto essere informato. Sul punto il La Rocca ha tuttavia asserito di non essere del tutto certo, avendo messo in conto la possibilità di non aver compreso bene l’esatto tenore della decisione adottata nel corso del summit. I due interlocutori avvertono il rischio che il ruolo dello “Zù Totò” venga ridotto a quello di un rappresentate per mera forma e contestano vivamente le disposizioni adottate da Matteo e dagli altri, manifestando il loro più grande disappunto e commentando che al punto in cui si è pervenuti è meglio che famiglia di Sciacca venga sciolta. Sperano comunque che Matteo, non appena vedrà Di Gangi, lo informi della decisione che è stata presa, perchè, in caso contrario, sarà evidente che ai vertici dell’organizzazione si è stabilito di esautorare totalmente il loro capo diretto. Criticano ancora il “dottore”, il cui padre si apprende avere avuto pur egli rapporti col Di Gangi – a causa pare – di false notizie fatte circolare dal Capizzi, e mostrano anche di non condividere il comportamento di  Messina Denaro, sia perché costui – almeno ad avviso del Dimino – non avrebbe dovuto accettare un incontro col Capizzi, non rivestendo la medesima carica, da legittimarlo ad intervenire ad incontri del genere, sia perché comunque avreibe dovuto prendere le parti dello Zù Totò e decretare che lo stesso avrebbe conservato la sua carica di rappresentate della famiglia a tutti gli effetti e non quale mero simulacro di un potere di fatto non più riconosciutogli.” Segue poi la conversazione del 12 novembre 1992 tra Ambla e Leggio Vincenzo da cui si evince che la situazione evolverà a favore di Di Gangi che manterrà la propria carica.

Il progetto di uccidere agenti della polizia penitenziaria agrigentina

Significativo appare altresì il coinvolgimento operato da Matteo Messina Denaro degli uomini d’onore dell’agrigentino nel progetto di eliminazione di alcuni agenti della polizia penitenziaria di origine siciliana nel carcere di Pianosa. L’episodio in questione era stato riferito, nel corso del processo Avana, dal collaboratore La Barbera il quale aveva raccontato di un summit, svoltosi nella prima settimana del marzo 1993, in cui diversi uomini d’ore tra cui Matteo Messina Denaro, Sinacori, Ferro e Gioè avevano discusso della necessità di eliminare alcuni agenti in servizio a Pianosa, accusati di sevizie nei confronti dei detenuti. In detta riunione venne stabilita una ripartizione dei compiti per zone di competenza. Delle guardie carcerarie che stavano nella provincia di Trapani si sarebbe occupato Messina Denaro; di quelle che stavano in provincia di Palermo si sarebbero occupati i palermitani. Il progetto, risultante anche da una conversazione intercettata nel covo di via Ughetti, è stato esaminato nella sentenza “Avana” in rapporto all’intercettazione del 25 febbraio 1993 tra Ambla e Dimino, dalla quale si evinceva che Matteo Messina Denaro aveva fatto recapitare un biglietto con il quale chiedeva agli agrigentini di acquisire informazione su quattro agenti originari di Agrigento e Sciacca. Dalla successiva intercettazione del 26 ottobre 1992 si ricavava che la richiesta di Messina Denaro era limitata ad acquisire, tramite la mafia di Agrigento, solo delle informazioni in quanto il piano di azione avrebbe dovuto poi esser concordato dallo stesso Messina Denaro con le famiglie palermitane.

Le dichiarazioni del pentito La Barbera e le intercettazioni a Sciacca Terme

Dalla sentenza Avana: “Si è in precedenza visto come il collaboratore di giustizia Gioacchino La Barbera abbia riferito che, dopo le stragi, appresosi che presso l’istituto penitenziario di Pianosa venivano commessi eccessi nei confronti dei detenuti per mafia, Giovanni Brusca, Leoluca Bagattella ed altri fedelissimi di Totò Riina, al fine di porre in essere una esemplare azione ritrosia e di dare allo Stato un preciso segnale, avevano elaborato un progetto di eliminazione a catena di agenti di custodia originari delle città della Sicilia occidentale che prestassero o avessero prestato servizio in quell’istituto […] Si è pure visto come, sempre a dire del La Barbera, nel corso di un summit al quale avevano partecipato Matteo Messina Denaro, Angelo Gioè, Vincenzo Sinacori e Giuseppe Ferro, si era deciso di porre in esecuzione il piano e la stessa decisione era stata comunicata ai diversi mandamenti interessati.”

La prova in parola è ancora una volta costituita dai colloqui intercettati presso l’ufficio del Consorzio Sciacca Terme.

Dimino: “Dice che ha visto il biglietto. Gli stava spiegando il biglietto, il coso.. Ha visto a “Caliddu” gli stava spiegando un biglietto. No, no – dice – niente. non lo capiva va che cosa era. Minchia – dice – che è complicato”.

Ambla: “Che c’era scritto?”

Dimino: “Una minchiata, che glielo ha passato Matteo
Ambla: “Eh allora? Che ti hanno detto, stasera?
Dimino: “E quello si è dovuto spostare, Gino, appositamente per questo biglietto. Poi mi ha detto stasera.. Perché gli deve dare un appuntamento.. di nuovo alla carica vengono quelli. Per le guardie carcerarie.. Quattro dice.. E a Sciacca abbiamo due nominativi.. in provincia di Agrigento ce ne sono quattro ..”

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *