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Federico Li Calzi, una letteratura come sfida alle situazioni e alle emozioni

Intervista di Diego Romeo

Pubblicato 11 mesi fa

Da imprenditore impegnato a Canicattì ha trovato il tempo e l’ispirazione per scrivere ben tre libri di poesia e due romanzi  mentre l’altro giorno è stato raggiunto da un “Premio Buttitta 2023”. A che punto è la sua ispirazione letteraria?

“In questi casi mi piace ricordare una massima di Pavese: “amo gli scrittori che trattano sempre lo stesso argomento” poiché la scoperta non è tanto nella varietà dei temi esposti da un narratore, ma nello stile e nell’evoluzione dello stesso. Avere nuovi argomenti è una questione che si pone un altro tipo di comunicazione che non appartiene alla letteratura. La scoperta sta nella forma nuova adottata dallo scrittore nel corso della sua vita. Se consideriamo il tema dell’amore, è stato trattato da tanti poeti nei secoli, da Dante a Montale. La novità non sta quindi nell’argomento, ma nella forma, (prevedo già le obiezioni poiché la lingua italiana nei secoli si è evoluta)  ma per essere più precisi un’evoluzione stilistica esiste anche all’interno del percorso dello stesso autore, le poesie che Montale scriveva quando aveva vent’anni erano molto diverse da quelle scritte vent’anni dopo, e dove appunto il cambiamento è nella forma e non nel tema, poiché spesso lo stesso argomento ritornava. Questa premessa per dire che dopo cinque libri e più di trent’anni di esercizio di scrittura, la mia ispirazione  non ha perso vigore. Ovvio dire che il mio modo di versificare oggi è diverso da quello di vent’anni fa. Avvertirò ristagno nella pagina qualora dovessi esaurire la mia voglia di sperimentare e quindi non avrò più stimoli per l’evoluzione della lingua e la mia tecnica ai miei occhi sembrerà stanca. Bisogna dire inoltre che dopo un esercizio poetico per la pubblicazione di una raccolta, che abbia un’unità stilistica, è inevitabile che il modo di scrivere va cambiando sotto la penna. Se poi questa evoluzione porta bene o male alla lingua dello scrittore non possiamo saperlo a priori poiché è sempre una sperimentazione”.

Come valuta la condizione della letteratura e dell’editoria attuale? C’è chi spara “alzo zero” soprattutto sull’editoria italiana.

È una domanda molto ampia che abbraccia innumerevoli realtà locali e provinciali, ognuna con la propria verità e con il proprio culto. La mia è un’opinione che si basa sulle sensazioni che avverto non avendo dati alla mano. Ciò che ho potuto rilevare negli ultimi quindici anni è che con l’elevazione dei social, e soprattutto dei contenuti che tutti gli utenti condividono su queste piattaforme, i giovani, ma anche gli adulti, passano molto tempo con lo smartphone invece che con la carta, giornale o libro che esso sia. Ciò ti abitua a una passività. Leggere e comprendere invece presuppone un’azione attiva.  Già nel 2014 durante una conferenza tenuta con i Prof. Enrico Testa abbiamo analizzato un dato, che l’Italia è caratterizzata da scrittori non lettori. Questo avveniva già quasi dieci anni fa. Nell’ultimo decennio sicuramente non c’è stata inversione di tendenza. Anzi i social sono diventati di più e sempre più veloci e regolati su un algoritmo per tenere incollato l’utente al cellulare. Tutto ciò ha ridotto ulteriormente gli spazi di riflessione e introspezione. Quindi, dal punto di vista di pubblicazioni, noto un costante aumento e un fiorire di imbrattacarte che credono basti un foglio e una penna per essere scrittori, ignorando che alla base ci vuole una tecnica. Dall’altro lato noto la diminuzione di lettori. Quindi con il crescere di tali figure, senza una coscienza letteraria, sono aumentate le case editrici a pagamento poiché hanno incarnato il desiderio di questi che non è quello di leggere ma di scrivere.  In ultima analisi le maggiori case editrici fanno tutte capo a Mondadori che ormai detiene una sorta di monopolio e leadership del mercato editoriale e gli utili sono diversificati in molteplici settori come quello dei media o del commercio dei libri scolastici, non soltanto da quello letterario o culturale, quindi può permettersi d’investire su un libro. Senza considerare che spesso gli autori promossi da tale gruppo incarnano il desiderio di lettori di gossip o semplicemente perché sono dei personaggi famosi, ma nulla hanno a che fare con la cultura, la ricerca di una lingua, o la bellezza di un vero romanzo che dia la possibilità di essere riletto e tenuto fra quei libri a cui un lettore si affeziona. In definitiva sono romanzi di consumo. Le piccole case editrici invece fanno affari non dalla vendita di libri, ma dalle pubblicazioni a pagamento”.

Quindi un sistema che rende malconcia la letteratura d’oggi?

“Anche su questa domanda non voglio arrogarmi il diritto di rispondere in modo autorevole poiché non sono un critico letterario ma un autore. Io credo che la letteratura attuale viva una dicotomia tra poesia e prosa. Da una parte i poeti sono sempre di più appartengono a un mondo autoreferenziale di pseudo poeti che credono che la poesia sia l’arte alla portata di tutti, e si assiste a un moltiplicarsi di pubblicazioni dove emerge ingenuità e banalità e dove ogni passaggio è sentito, scontato e omologato. Dall’altra parte c’è la prosa che si avvicina sempre più ad una lingua parlata scevra da ridondanze retoriche, che affronta argomenti leggeri, che non è più impegnata dal punto di vista sociale e politico, ma come definiva Bauman, vuole emulare la società liquida nella quale ci troviamo. Va da sé che esistono autori impegnati oggi, che producono romanzi storici o di attualità con uno sfondo politico o sociale ma vengono definiti dalla massa e da altri scrittori noiosi, quindi non vanno di moda. In buona sostanza ritengo che la letteratura oggi sia viva, ma volendomi collegare alla risposta precedente è una letteratura, almeno quella di successo, scarica di un passato, di cultura, di una identità letteraria e il linguaggio stesso non rispetta il deposito di lingua, e viene portata al successo solo per fare speculazione sfruttando visi noti della Tv, ma che ripeto nulla hanno a che fare con i capolavori della letteratura. E questo fenomeno ha inquinato il mondo letterario ma anche in questo caso è un’evoluzione inevitabile che segue le esigenze del mercato, quindi del consumatore”.

Spesso la letteratura attuale preferisce rifugiarsi nelle praterie del  passato e molto sul “giallo”. Da notare anche come fin troppo, oggi,  venga  caricato sulle spalle del giornalismo che a sua volta fronteggia i suoi logoramenti.

“Da quello che leggo noto che esiste una letteratura a doppia corsia. Una sulla quale viaggia la bibliografia più colta, che racconta un fatto storico, sociale, politico ed è romanzata, ha un maggiore rispetto per la lingua italiana e ha una sua identità che si evince dalla tecnica di scrittura. Nell’altra corsia, che è la maggiore e anche quella che ha più pubblico, viaggia una letteratura attuale, moderna, dove lo scopo è quello di descrivere se stessa, senza bisogno di confrontarsi a modelli del passato e avere una certa attenzione per i termini utilizzati o per la costruzione dei periodi. Una narrativa prosaica che racconta i giorni nostri, la vita nostra senza necessità di avere un modello alla quale riferirsi. Dove un linguaggio parlato e impuro, fatto di termini stranieri e neologismi di ragazzi entra nei dialoghi e nelle descrizioni, proprio come esempio d’innovazione e sperimentazione in cui i giovani si rivedono e per tale motivo suscita il loro interesse. Il vero problema è capire se poi questa letteratura resisterà al tempo o sarà valutata come un prodotto di consumo. Questo lo dirà il tempo. Io ho sempre pensato che appartengono alla letteratura tutti i libri che si sente l’esigenza di leggere due volte”.

I suoi giacimenti interiori cosa le fanno prospettare per il futuro?

“Questa domanda si lega un po’ a quella di prima, nella misura in cui sicuramente adesso ho più destrezza nello scrivere, tiro fuori i miei pensieri con più facilità. O meglio riesco a dare con più semplicità voce ai miei pensieri ai miei temi. Il problema nasce dal fatto che in passato lo sforzo di scrivere mi caricava maggiormente, poiché trovando più difficoltà si attivavano numerosi processi per vincere questa resistenza. Adesso le mie idee sono più chiare, la tecnica di scrittura è stata svelata a me stesso e quindi questo risultato innerva una duplice tensione, da un lato la migliore capacità espressiva, dall’altro la carenza di stimolo/carica dato dalla scarsità d’intralcio, quindi la sperimentazione di cui parlavo sopra è necessaria. E la mia sfida costante è quella di trovare nuove tecniche nuovi effetti per stupire il lettore, nuove situazioni per suscitare emozioni”.

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