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La comprensione della guerra in Ucraina

di Rocco Agnone *

Pubblicato 3 anni fa

Cosa significhi la libertà oggi propagandata da Usa e Nato emerge palesemente anche da alcune rilevanti dichiarazioni. Sergio de Castro, ministro dell’economia del governo Pinochet, nonché espressione della scuola economica di Chicago, ebbe a dichiarare: ”Un governo autoritario è il più adatto alla salvaguardia della libertà economica”.

Il primo ministro inglese, M.Thatcher, in occasione dello sciopero dei minatori dell’industria del carbone, ebbe a dire: ”Nelle Falkland abbiamo dovuto combattere il nemico esterno e ora dobbiamo affrontare il nemico interno, che è molto più difficile ma altrettanto pericoloso per la libertà”. Insomma, secondo il capo di governo di una democrazia liberale (ma sicuramente non sociale), coloro che lavoravano duramente per fornire energia al paese erano peggio di un nemico esterno! E lo erano naturalmente perché attentavano alla libertà. Alla libertà di chi? Esemplare è anche la dichiarazione di M. Friedman, economista leader della scuola di Chicago, il quale per sostenere che Il governo di Pinochet, assistito da economisti della sua scuola, non aveva disfatto la democrazia ma l’aveva sostanzialmente realizzata, solennemente ebbe a dichiarare: ”La cosa davvero importante a proposito della questione cilena è che i liberi mercati sono riusciti nell’intento di creare una società libera”. Questa è l’impronta della società libera che gli USA e la Nato vogliono difendere e diffondere nel mondo. Molto chiaramente Biden, al momento del suo insediamento come presidente, ha dichiarato:” Far sì che l’America ancora una volta guidi il mondo”. Guidare il mondo significa esercitare l’egemonia sul mondo, un’egemonia che, come si è visto, deve contrapporsi a tutto ciò che ostacola il libero espandersi particolarmente della libera economia privata occidentale a guida americana.

L’ostacolo maggiore, oltre la concorrenza di altre potenze, è quello dell’esistenza di stati che tentano di realizzare politiche di stampo autenticamente socialista ( ad es. il governo di Allende in Cile per il suo programma di nazionalizzazioni, che avrebbe sottratto a multinazionali americane lo sfruttamento di risorse naturali,  ne è una manifestazione). Particolarmente interessante è quanto è stato fatto notare da alcuni. Il neoliberismo costituisce un secondo saccheggio coloniale. Nel primo si strappano le ricchezze della terra, nel secondo vengono sottratte quelle degli stati.  in alcune zone del mondo questa azione di guida mantiene in vita l’apparato formale delle democrazie. Si tratta però di democrazie che debbono essere funzionali alla libertà poco sopra tratteggiata, cioè la piena libertà del mercato, libertà che può essere tutelata solo se la direzione effettiva di un paese appartiene di fatto a pochi. Ciò comporta un ridimensionamento del ruolo del parlamento, la presenza di tecnici più o meno di una certa fama, a volte l’affidamento del ruolo di capo del governo a soggetti non direttamente eletti.

 E’ quello che è avvenuto recentemente in Italia con un capo di governo catapultato dall’esterno con la sottolineatura della sua “grandezza”, funzionale alla pretesa di farlo governare quasi in proprio con direttive che tutte le componenti  partitiche, già in difficoltà per proprio conto, avrebbero dovuto rispettare. Molto significativo, all’interno della logica del discorso che si sta conducendo, è il fatto che il pensiero e l’azione di Draghi erano e sono di stampo palesemente neoliberista. Il recente elogio ricevuto da Kissinger, tra l’altro a suo tempo consapevole delle ragioni della destituzione violenta di Pinochet in Cile, rappresenta una formale investitura oltre che un formale riconoscimento. Il messaggio riservato, firmato assieme a Trichet e inviato nel settembre del 2011 al governo italiano (ultimo governo Berlusconi), può considerarsi una sorta di manifesto dell’ideologia neo-liberista.

I due banchieri, andando oltre i loro compiti  di presidente entrante e uscente della BCE, dettano al governo italiano precise linee di gestione della politica propria dello stato italiano. Punti forti della “radicale e credibile” strategia di riforme che promuovono sono costituiti: a) da una “piena liberalizzazione” dei servizi pubblici locali da realizzare per mezzo di privatizzazioni su larga scala ; b) dal rendere rilevanti i sistemi di contrattazione aziendali dei salari per adattarli alle esigenze delle singole aziende; c) dalla riduzione significativa dei costi del pubblico impiego ”riducendo, se necessario, gli stipendi”; dal rendere più rigorosi “i criteri di idoneità” per le pensioni di anzianità. Riforme rigorose che, secondo i due presidenti della BCE, era necessario fare per “ristabilire la fiducia degli investitori”. Dunque, la gestione dello stato va subordinata agli interessi di potenti soggetti privati i quali con i loro investimenti, che tra l’altro foraggiano anche il debito pubblico, condizionano la vita degli stati e  rappresentano uno degli aspetti di quel neocolonialismo di cui si è fatto cenno.   Tutto ciò premesso, dunque, quale posizione assumere di fronte al conflitto Russia-Ucraina o, meglio, Russia-Stati Uniti e Nato? Non dalla parte dei Russi, perché la soluzione rivendicata per alcuni problemi   (condizione dei russofoni in Donbass e allargamento Nato con inclusione di paesi già facenti parte dell’URSS) doveva essere cercata con mezzi non violenti. Non certamente con la guerra, causa di molteplici sofferenze soprattutto patite da innocenti e anche della morte di molti propri soldati (è lecito da parte dei potenti disporre della vita di altri uomini? E’ lecito che lo abbiano fatto anche i governanti Usa e di alcuni stati occidentali ad es. nelle guerre scatenate in Vietnam e Iraq?).

Non dalla parte degli USA-Nato perché ciò significherebbe avallare tutto ciò che, come si è visto, in realtà sta dietro all’enfasi con la quale vengono proclamate libertà e democrazia. La posizione alternativa, invece, si caratterizza per la scelta di promuovere l’autenticità dell’umano e, quindi, tutta l’umanità che in qualsiasi parte del mondo è sottoposta alle vessazioni e alle oppressioni di chi detiene poteri politici ed economici deteriori nonché alle sofferenze provocate da conflitti palesemente armati o mascherati e alle privazioni provocate da chi cerca di monopolizzare le ricchezze. E’ una scelta che sceglie di promuovere la libertà di vivere i valori della propria umanità e la costruzione di una democrazia non solo liberale ma anche inequivocabilmente sociale. D.Tutu si chiedeva se il voto fosse utile  se la qualità della vita della gente non migliorava.  Si tratta di una scelta molto impegnativa che deva essere messa in atto ovunque da movimenti, associazioni, comunità in sintonia tra di loro e che deve battersi per il superamento di persistenti logiche di relazione tra gli uomini. Si tratta di una scelta propria di un pacifismo forte. In proposito è importante citare una dichiarazione di un Ghandi, per alcuni insolito. Prima, però, è opportuno porre una domanda: perché non si è accennato alla possibilità che, oltre la resistenza armata, poteva essere messa in atto una ghandiana resistenza non violenta che probabilmente avrebbe evitato in Ucraina e altrove molti danni e la scomparsa di migliaia di esseri umani che avrebbero potuto spendere le loro vite per l’affermazione dei loro valori? In ogni caso, Ghandi afferma: ”Un conflitto armato tra nazioni ci riempie d’orrore. Ma la guerra economica non è migliore di un conflitto armato. Quest’ultimo è come un’operazione chirurgica, la guerra economica è una tortura prolungata.

E la devastazione che produce non è meno terribile di quella descritta nella letteratura sulla guerra propriamente detta.…Il movimento contro la guerra è giusto… Ma non posso evitare il lancinante terrore che quel movimento fallirà nel suo intento se non arriverà a toccare la radice di tutti i mali: l’avidità umana”  (“ Non violence- The Greatest Force”, 1926). Una forte azione pacifista, quindi, deve impegnarsi per il superamento di entrambi i tipi di conflitto a cui Ghandi accenna, i quali, peraltro, spesso sono connessi e la guerra economica ha una sua grande rilevanza anche perché una sua componente importante è la guerra di classe, con il suo carico di “tortura prolungata”, che i detentori della ricchezza conducono contro tutti gli altri uomini.

Nella vicenda ucraina, a vario titolo, i due tipi di conflitto sono presenti. Questo scritto vuol essere un contributo per capire quanto sta succedendo. Comprensione necessaria per attivare azioni efficaci.

(seconda e ultima puntata)

(*già Provveditore agli studi di Ragusa)   

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