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Un lavoratore su tre guadagna meno di un reddito di cittadinanza

Diego Romeo e Paolo Cilona conversano nella “Sicilia agrigentina“

Pubblicato 3 anni fa

Dall’Unità d’Italia la Sicilia non ha mai avuto alternanza con le forze di sinistra. Quelle poche occasioni che ha avuto sono “merito” delle divisioni della destra. Ma è una cosa seria?

“La maggioranza dei siciliani o ancor di più degli agrigentini ha sempre votato per chi detiene il potere. Liberali durante l’unità d’Italia, Popolari negli anni del ‘900, fascisti durante il regime, democristiani subito dopo la guerra, per divenire infine eredi di Berlusconi. In queste scelte si vede la mano dei potenti di turno che con promesse elettorali riescono a far convergere gli elettori. Nella terra dei gattopardi è assolutamente difficile fare cambiare idea. Da questo punto di vista i pochi cambiamenti alla guida della regione sono nati solo a causa della rottura all’interno del centro-destra. I mali ascrivibili alla Sicilia sono dovuti principalmente dalla scarsa qualità politica dei suoi rappresentanti. Se il mezzogiorno segna il passo è colpa di chi lo rappresenta”.

In fatto di disagio mentale nella nostra provincia, si continua a narrare che siamo al di sopra della media. Il minimo è chiedersi di risalire alle cause.

“È storia vecchia. Basti ricordare la frase “Qui non tutti ci sono e non tutti lo sono”. Un modo elegante per affermare che non tutti i ricoverati erano malati di mente e che la maggioranza era costituita da persone che venivano private della libertà sulla base di situazioni familiari difficili. Del resto il manicomio era il luogo creato per ricomporre le fralezze umane. Chi si trovava dentro, ed erano in molti,  gridava dietro le sbarre di ferro,  contro la malasorte. Non fu un caso se nel 1931 ad  Agrigento venne costruito uno dei più grandi manicomi che poteva ospitare mille sventurati. Di sicuro il nostro territorio ha nel suo Dna una forte componente di persone soggette a ricorrere alle cure degli psichiatri. A questa domanda potrebbero rispondere meglio  gli addetti ai lavori”.

L’ineffabile precisione dell’Inps ci ricorda che in Italia  un lavoratore su tre guadagna meno di un reddito di cittadinanza. I nostri salari tra l’altro sono i più bassi d’Europa. Continuo a chiederti se questa sia una truffa perpetua.

“Non bisognava attendere la nota dell’Inps per sapere che un lavoratore su tre guadagna meno di una persona che usufruisce il reddito di cittadinanza. Ma noi abbiamo avuto esempi di datori di lavoro che sottraevano dalla busta paga del lavoratore parte del salario. La situazione  è davvero critica a causa di diversi fattori, il primo dei quali è la bassa paga. La seconda repubblica ha visto scemare i diritti dei lavoratori per fare spazio allo sfruttamento. Sottopagati, privi di tutele e di garanzie. Abbiamo i salari e gli stipendi più bassi dell’Europa per non parlare dell’abrogazione dell’articolo 18. La verità è che i datori di lavoro in forza del precariato dettano le regole con lo scopo di trarre il massimo vantaggio. Da qui la triste esposizione da parte dell’Inps. Occorre con urgenza che il governo approvi provvedimenti strutturali a partire da una forte detassazione e soprattutto bandire i contratti di lavoro fai da te”.

Le conseguenze della guerra in Ucraina si abbattono sempre più sull’Europa e in maniera preoccupante sull’Italia. Siamo sicuri di non essere caduti in una trappola?

“Credo che col trascorrere dei giorni, da alcuni dei governi europei, si cominci a pensare a nuove considerazioni dovute principalmente dalla fornitura del gas da parte della Russia. In poche parole si vuole col cuore stare con il martoriato popolo ucraino e con la mente gestire lo sviluppo del proprio paese strizzando gli occhi a Putin. Si tratta di un forte logorio tra la libertà e la necessità di assicurare il gas ai propri cittadini. Da qui il forte travaglio dei governi europei. Staremo a vedere se l’Europa cederà al ricatto del gas”.

Una significativa cerimonia e un convegno hanno ricordato nei giorni scorsi i cittadini caduti sotto i bombardamenti  di Agrigento. Alcuni episodi raccontati, per esempio quello del Liceo Empedocle, hanno del miracoloso.

“Si  è trattato di una ricorrenza storica ricca di avvenimenti che hanno colpito la città. L’8 luglio la città fu bombardata causando molti danni e la distruzione del manicomio con la morte del dr. Raimondo Diana responsabile dell’ufficio amministrativo. Il 10 luglio e il 12 luglio numerosi B 26 decollati da Tunisi hanno bombardato Agrigento colpendola in più punti. Le vittime furono oltre 300 ma il numero delle vittime sarebbe stato  maggiore se il preside del Liceo Empedocle prof. Antonio Lo Iacono non avesse disposto la chiusura della  scuola già dal 18 giugno. Tra la ragione del dovere e la coscienza interiore decise di promuovere, bocciare o rimandare tenendo conto dei risultati ottenuti dagli studenti nello scrutinio finale. E così dalle bombe che  causarono morte e distruzione del Liceo si salvarono, da una possibile fine, giovani come Gaspare Giudice, Andrea Camilleri, Luigi Giglia, Domenico Rubino, Guido Cassaro”.

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