Mafia

Beni confiscati, commissione antimafia: “Gestione blanda”

Otto mesi di indagine, 51 sedute e 71 audizioni

Pubblicato 3 anni fa

“In questi anni l’applicazione della legge Rognoni-La Torre ha mostrato significative e preoccupanti battute d’arresto su tutto il territorio nazionale. Alla lungimiranza della norma s’e’ affiancata una prassi stanca e poco felice che ha progressivamente svuotato lo spirito profondo e positivo dell’intuizione legislativa. I numeri sono severi e raccontano d’una applicazione che si e’ molto concentrata sul momento repressivo (sequestro e poi confisca del bene all’organizzazione mafiosa), accettando – con una sorta di fatalistica rassegnazione – che la fase propositiva e propulsiva della legge – ovvero la restituzione di quei beni al Paese come ricchezza sociale collettiva – finisse travolta nell’improvvisazione delle istituzioni e nella farraginosita’ della burocrazia”.

E’ quanto si legge nella relazione dell’Antimafia siciliana sui beni a conclusione dell’indagine parlamentare sui beni sequestrati e confiscati alla criminalita’ mafiosa. L’istruttoria della commissione, presieduta da Claudio Fava, e’ durata circa otto mesi, con 51 sedute parlamentari e 71 audizioni. Dall’indagine, si legge nella relazione presentata in videoconferenza, “e’ emersa una volonta’ politica blanda, minore, quasi dimessa, che ha manifestato tutta la propria impotenza nel modo in cui per molti anni l’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati e’ stata considerata un ente minore di sottogoverno al quale destinare poca attenzione, poche risorse e poco impegno”. Per la commissione “e’ un bilancio che emerge plasticamente dai consuntivi sull’attivita’ svolta (pur con alcuni miglioramenti, nel corso del tempo, della performance gestionale): un altissimo tasso di mortalita’ delle aziende confiscate; la perdita di centinaia di posti di lavoro; episodici i casi di beni proficuamente affidati agli enti locali o ai soggetti del terzo settore a fronte di centinaia di immobili abbandonati, vandalizzati o, peggio, del tutto dimenticati; decine di terreni, strutture agricole, ville e appartamenti che continuano ad essere impunemente utilizzati ed abitati da coloro ai quali furono confiscati (con un danno economico e d’immagine, per lo Stato, di incalcolabile gravita’)”. “Di questo bilancio – evidenzia l’Antimafia – la Sicilia e’ la sintesi piu’ dolente. Perche’ e’ qui, nell’isola, che sono allocate la maggior parte delle aziende e dei beni immobili sottratti all’economia mafiosa. Ed e’ anzitutto qui, in Sicilia, che sul destino finale di questi beni (recupero o fallimento; rilancio o definivo sabotaggio) si gioca la partita piu’ difficile”.

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