Giudiziaria

Comitini, recupero urbano andato in malora: impresa si rivolge alla Corte dei Conti

Un esposto dettagliato inviato alla Procura regionale della Corte dei Conti per lamentare ritardi, lungaggini burocratiche e perdita di occasioni

Pubblicato 4 anni fa

Un esposto dettagliato inviato alla  Procura regionale della Corte dei Conti per lamentare ritardi, lungaggini burocratiche e perdita di occasioni che significano sviluppo, buona economia e lavoro.

L’avvocato Giuseppe Scozzari, nell’interesse della ditta di costruzione che ha avuto affidato un importante progetto ha preso carta e penna e senza giri di parole denuncia:

Preliminarmente, appare opportuno ricostruire in maniera chiara ed ordinata i fatti allo scopo di poter, infine, correttamente interpretare l’annosa vicenda relativa al “Programma innovativo in ambito urbano” denominato “Contratto di Quartiere II – Sulfurea”: un importante programma di recupero urbano ed urbanistico, realizzato con denaro pubblico, ma finora destinato al totale abbandono a causa delle inefficienze burocratiche, amministrative e politiche dei soggetti le cui responsabilità verranno di seguito evidenziate.

Con contratto del 16.12.2008, registrato all’Agenzia delle Entrate di Agrigento il 30.12.2008, al numero 750 serie 1, il Comune di Comitini affidava alla Messina Costruzioni S.r.l., l’appalto pubblico per la realizzazione dei lavori relativi al programma innovativo in ambito urbano denominato “Contratto di Quartiere II – Sulfurea” per un totale complessivo di € 685.494.97 comprensivo di € 14.768,65 di oneri per la sicurezza; successivamente, con l’atto di sottomissione del 21.03.2011, rep. n. 1091, il quadro economico dell’appalto veniva rimodulato in diminuzione, per un importo complessivo e finale ridotto a complessivi € 680.763,33 (di cui € 14.666,71 per oneri di sicurezza).

Durante l’esecuzione dell’appalto, la Messina Costruzioni S.r.l. contestava, ad ogni registrazione contabile successiva – tra l’altro – il proprio credito di capitale e interessi, frattanto maturato per i lavori eseguiti, discendente dai ritardi e dai mancati pagamenti oggetto di quanto dovuto, nonché provvedeva a contestare ad ogni registrazione contabile successiva i maggiori oneri dalla stessa sopportati per la realizzazione a regola d’arte delle opere appaltatele con tempestiva esplicitazione delle stesse ai sensi di legge.

Le sottoscrizioni con riserva addotte continuavano, poi, anche in relazione agli atti di collaudo come – da ultimo – sintetizzate nella terza e quarta visita di collaudo (rispettivamente del 13.06.2014 e del 26.06.2015) ove, oltre all’aggiornamento delle riserve fino a quel momento esplicate, si aggiungevano i danni da ritardato collaudo e dall’immotivata, ritardata apprensione delle opere finite da parte del Comune di Comitini, il tutto per complessivi € 378.517,68.

Invero, passavano due anni prima che il Comune procedesse alla sottoscrizione dell’atto unico di collaudo finale delle opere oggetto dei lavori, e che l’odierna appaltante fosse “liberata” dalla responsabilità della custodia delle opere già ultimate come attestato dal relativo verbale di consegna anticipata delle stesse del 03.03.2017.

Ad oltre sei anni dalla ultimazione dei lavori, nonostante l’atto unico di collaudo fosse stato depositato dalla commissione collaudatrice presso il Comune di Comitini con nota prot. n. 1256 del 17.02.2016, e sebbene le svariate richieste dell’impresa e la formale assicurazione fornita a mezzo pec dal Rup, ing. Gentiluomo, che tanto l’atto unico di collaudo che la relazione riservata del relativo organo (dichiarativamente in possesso dell’amministrazione) sarebbero state inviate non più tardi del 05.09.2018, soltanto con nota pec del 03.12.2018 veniva inoltrato in visione all’impresa il Certificato unico di collaudo già firmato in data 17.02.2016 dai soli tre componenti della commissione di collaudo, ma non dal Rup, dal direttore dei lavori e dall’impresa richiedente.

L’impresa, non ancora invitata nei termini di legge alla sottoscrizione del collaudo delle opere, con nota trasmessa a mezzo pec del 12.06.2019, comunicava al Comune che avrebbe inviato un proprio rappresentante ai fini della firma dell’atto il successivo 26.06.2019, e tale giorno il rappresentante della Messina Costruzioni firmava con riserva, contestualmente esplicata per complessivi € 378.517,68, l’atto unico di collaudo che veniva contestualmente firmato anche dal Rup ma non ancora dal direttore dei lavori.

In considerazione della non definitività dell’atto unico di collaudo, della mancata trasmissione della più volte richiesta relazione riservata, e delle numerose rilevanti riserve apposte ed esplicate nel corso della vicenda, l’impresa iniziava a richiedere la trasmissione dell’atto unico di collaudo definitivo (sottoscritto anche dal direttore dei lavori.) senza tuttavia ricevere alcun riscontro.

Solo in data 16.06.2020, il Comune di Comitini – senza aver ancora trasmesso alla Messina Costruzioni S.r.l. la più volte richiesta copia del collaudo definitivo reso efficace dalla sottoscrizione del direttore dei lavori. arch. Baldo – trasmetteva la determina del responsabile del servizio tecnico, ing. Gentiluomo, n. 288 dell’08.10.2019, di approvazione del certificato di collaudo tecnico-amministrativo delle opere, violando manifestamente il diritto di difesa garantito all’impresa (per aver chiaramente impedito alla controparte contrattuale di impugnare tempestivamente l’atto, erroneo nei contenuti, dinnanzi alle competenti autorità) così lasciando poco spazio alle perplessità circa la legittimità e correttezza delle condotte poste in essere nella gestione dell’appalto in danno dell’impresa esecutrice (tra l’altro, per le non veritiere dichiarazioni contenute nell’atto relativamente al mai avvenuto pagamento integrale dei SAL numeri. 1, 2, 3, 4, 5, 7 e 8 – in relazione ai quali pende tra l’altro procedimento di opposizione a Decreto Ingiuntivo avanti il Tribunale di Agrigento).

Per tale inammissibile situazione, la Messina Costruzioni S.r.l. ha sollecitato il Comune di Comitini attraverso diverse note, al fine di realizzare una celere definizione dell’iter burocratico che tuttavia non ha finora trovato riscontro a causa della verosimile assenza di volontà politica ed amministrativa che possa portare al suo fisiologico compimento un’opera dallo straordinario valore sociale e, contemporaneamente, scongiurare il proverbiale e patologico sperpero di denaro pubblico in opere incompiute e/o inutilizzate.

A tal proposito, si evidenzia come la stessa Corte dei Corti si sia più volte pronunciata in tal senso – da ultimo nella sentenza n. 204/2020 della Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello – ribadendo che quando l’Amministrazione non riceve alcun vantaggio e/o utilitas, a norma dell’art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, il danno erariale non può che essere pari perlomeno alla sommatoria di tutti i pagamenti effettuati dalla Stazione Appaltante, ciò in considerazione del fatto che, l’opera inutilizzata, non si traduce in una concreta e attuale utilità per l’Amministrazione e per la collettività. La Corte dei Conti, nella stessa sentenza, precisa che di fronte ad un’opera inservibile, incompleta, che non è stata collaudata o che giace in stato di abbandono e di degrado da anni, “non vi è modo di rintracciare una qualche utilitas per la collettività e, conseguentemente, il danno non può che essere pari all’intero di quanto inutilmente speso”.

Orbene, ribandendo quanto sinteticamente esposto, si evidenzia ancora una volta che:

– le opere sono state collaudate a distanza di ben otto anni dalla conclusione dei lavori;

– a causa dei ritardi del Comune di Comitini le opere realizzate da quasi un decennio sono di fatto inspiegabilmente inutilizzate e non fruite dalla popolazione;

– il Comune non ha provveduto al pagamento dell’ultimo Sal all’Impresa, costringendo la Scrivente ad agire in giudizio per il recupero del credito, con conseguente ulteriore dispendio di risorse pubbliche ed aggravio delle casse comunali; 

– le somme erogate dall’Ente Finanziatore del Programma, invece di essere destinate al pagamento dell’esecutore dell’opera, sono state in parte utilizzate arbitrariamente dal Comune per fini differenti, ed erogate a soggetti diversi senza alcun criterio oggettivo; 

– dall’esame della documentazione relativa all’appalto de quo si evince lapalissianamente che, contrariamente a quanto risultante in maniera del tutto inverosimile nell’atto di collaudo, la ditta ha sottoscritto lo stato finale dei lavori il 15.03.2012, esplicitando contestualmente e tempestivamente, come sempre fatto in precedenza, le riserve;

– ad oggi, il Comune di Comitini non ha fornito riscontri esaustivi che possano giustificare la gravità delle proprie condotte negligenti e ostruzionistiche.

Per tutte queste ragioni Messina Costruzioni S.r.l., si è  rivolta alla Procura Generale della Corte dei Conti affinché effettui gli opportuni accertamenti sulla vicenda esposta, nonché sulle responsabilità attribuibili ai funzionari, dirigenti, e amministratori del Comune di Comitini.

Si attende adesso l’avvio dell’istruttoria.

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