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“Fategli la doccia”, riaperto il caso sulla morte del medico che operò Provenzano

In un'intercettazione di fine 2003 i gregari di Bernardo Provenzano, allora ancora latitante, dissero che bisognava "fare una doccia" ad un medico

Pubblicato 3 anni fa

Potrebbe essere ad una svolta il caso di Attilio Manca, giovane urologo morto nella notte tra l’11 e il 12 febbraio 2004 a Viterbo, dove lavorava da poco meno di due anni. Secondo quanto rivela il portale “Antimafiaduemila”, in un’intercettazione di fine 2003 i gregari di Bernardo Provenzano, allora ancora latitante, dissero che bisognava “fare una doccia” ad un medico, di cui non viene mai fatto il nome, per aver negato le cure al boss.

Stando a quanto ricostruito, Provenzano aveva bisogno di un medico a causa del suo tumore alla prostata e, prima del suo viaggio in Costa Azzurra dove sarebbe stato poi operato, i suoi uomini avevano chiesto la disponibilita’ ad un dottore che pero’ si rifiuto’ di aiutarli. Nell’intercettazione, contenuta nel fascicolo che apri’ all’epoca la Procura di Roma, si sentono le voci di sei o sette uomini, tra cui anche il fedelissimo di Provenzano, Giuseppe Lo Bue.

A confermare la rilevanza di queste informazioni e’ l’avvocato della famiglia del medico morto, Fabio Repici. Per oltre 18 anni, i genitori di Attilio Manca si son battuti sulla morte sospetta del figlio e ora stanno valutando di presentare un nuovo esposto. Secondo la famiglia il medico, che aveva 34 anni quando mori’, non si suicido’ con un’overdose da eroina, aggravata dall’assunzione di uno psicofarmaco a base di benzodiazepine, ma proprio perche’ coinvolto a sua insaputa nelle cure a Bernardo Provenzano.

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