Mafia

Marcia contro la mafia, in mille da Bagheria a Casteldaccia

Alla marcia sta partecipando l'ex premier Giuseppe Conte

Pubblicato 3 anni fa

 Il corteo antimafia organizzato dal centro Pio La torre è arrivato nella piazza Matrice di Casteldaccia (Palermo). Sono migliaia i bambini che partecipano con cartelloni che inneggiano i giudici Falcone e a Borsellino. “Giustizia, concordia, libertà”, si legge su uno striscione. E su un altro “‘non voglio più avere paura”. E “il silenzio uccide”. Dopo quarant’anni la società civile torna in strada per testimoniare che la lotta a Cosa nostra non si combatte solo dal punto di vista militare ma anche da quello sociale. Oltre novanta tra scuole, associazioni, sindacati, amministrazioni comunali hanno aderito alla manifestazione.

“Bisogna spezzare il rapporto tra mafia, politica e corruzione, solo questo potrà garantire la possibilità di sviluppo in Sicilia”. A dirlo all’Adnkronos è Vito Lo Monaco, presidente emerito del Centro Pio La Torre che ha organizzato la marcia antimafia Bagheria-Casteldaccia, a 40 anni dal primo corteo. “Il clima rispetto a 40 anni fa – dice Lo Monaco che ha 79 anni ha partecipato a tutta la marcia sotto il sole – è sempre pieno di entusiasmo, ma oggi abbiamo avuto una adesione ancora più ampia. C’era la scuola, l’università, la Chiesa, l’arcivescovo Corrado Lorefice (che era in testa al corteo ndr). E’ un risultato importante del lavoro fatto”: Lo Monaco ha poi ricordato l’arresto di Matteo Messina Denaro “arrestato dopo 30 anni, una latitanza resa possibile solo grazie a connivenze politiche e amministrative e culturali”. E ricorda che “la legge Rognoni -La Torre è ancora utile per sconfiggere le nuove mafie che non sparano più, o quasi, ma che corrompono di più”. 

“La marcia rappresenta senza dubbio un’occasione dal grande valore simbolico e sociale per ribadire il nostro No alla mafia, ancora presente nel tessuto socio-culturale delle nostre città e contro la quale bisogna ribadire valori universali come i diritti, la libertà e la giustizia sociale”.Questo il commento di Paolo Amenta e Mario Emanuele Alvano, presidente e segretario generale dell’ANCI Sicilia, che aggiungono: “Queste iniziative servono anche per assumere un impegno forte con i giovani. Alcuni ragazzi, anche per motivi anagrafici, non sono sufficientemente informati sulle stragi e le devastazioni perpetrate dalla criminalità organizzata, bisogna quindi trovare sempre il modo giusto per sensibilizzarli”.

Alla marcia sta partecipando l’ex premier Giuseppe Conte . “Oggi uniamo idealmente Sicilia e Calabria, due terre che soffrono per le mafie. Lottiamo insieme contro la criminalità organizzata», ha affermato Conte, dicendosi «vicino a Matteo Tubertini della Guglielmo caffè e a Tiberio Bentivoglio, così come a tanti altri imprenditori, commercianti e cittadini che si ribellano alle mafie. Bisogna evitare che imprenditori che portano lavoro e sviluppo sociale siano abbandonati a loro stessi dalle Istituzioni».
«L’M5s è un avamposto nella lotta contro la mafia. Ci siamo e ci saremo sempre – ha rivendicato Conte – Continueremo a combattere corruzione e voto di scambio, la malavita non si presenta con i mitra ma con giacca e cravatta per entrare nelle amministrazioni e appropriarsi di risorse pubbliche». Per il leader M5s «con gli interventi del Governo si è finito per dissuadere la collaborazione con la giustizia». Una stoccata Conte la riserva al ministro della Giustizia: «Nordio dice che mafiosi non parlano al telefono, è stato smentito dall’arresto di Matteo Messina Denaro nel quale le intercettazioni sono state fondamentali»

Presente anche il presidente della commissione regionale antimafia Antonello Cracolici. “Lo Stato ha dimostrato – afferma – che Cosa nostra si può sconfiggere. Adesso è venuto il tempo di scoprire tutta la rete di connivenze, di colletti bianchi, che ha consentito alla mafia, da organizzazione criminale, di diventare un’associazione che mette le mani nell’economia e nelle istituzioni”. In corteo, come quaranta anni fa, anche padre Francesco Stabile. “Si è fatta tanta strada – afferma – allora fummo profetici. La chiesa deve vivere insieme alla gente. Quaranta anni fa, mentre si susseguivano gli omicidi, sia lo Stato che la Chiesa non sembravano capire che la mafia non era solo una somma di crimini. Da allora abbiamo compreso che vanno puniti e condannati, insieme ai singoli fatti criminali anche l’associazione che li organizza. La mafia si infiltra nella società. Per questo noi sacerdoti siamo scesi in strada nel 1983. Anche oggi non tutti i preti hanno ancora capito che questo è l’unico modo per annunciare il Vangelo”.

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