Kerkent, in aula il capo della Dia: “Tensioni tra Massimino e il gruppo empedoclino”
Frizioni che sarebbero nate, secondo quanto emerso dall’attività investigativa, da alcune partite di droga acquistate e non saldate
È ripreso questa mattina, davanti i giudici della prima sezione penale del tribunale di Agrigento presieduta da Alfonso Malato, il processo scaturito dalla maxi inchiesta Kerkent, l’operazione della Direzione Investigativa Antimafia che nel 2019 ha fatto luce sulla scalata al vertice della locale famiglia mafiosa di Antonio Massimino. In questo stralcio processuale sono 7 gli imputati: Pasquale Capraro, 30 anni; Angelo Cardella, 50 anni; Francesco Luparello, 50 anni; Saverio Matranga, 44 anni; Gabriele Miccichè, 31 anni; Calogero Trupia, 36 anni e Angelo Iacono Quarantino, 30 anni. Il filone che segue l’abbreviato si è concluso con 19 condanne in Appello tra cui proprio quella del boss Antonio Massimino.
Questa mattina in aula è comparso sul banco dei testimoni il tenente colonnello Antonino Caldarella, a capo della Direzione Investigativa Antimafia di Agrigento. L’ufficiale, rispondendo alle domande del sostituto procuratore della Dea Alessia Sinatra, ha ricostruito alcune fasi delle indagini e, in particolare, alcune tensioni tra il capomafia Massimino e il cosiddetto gruppo empedoclino. Frizioni che sarebbero nate, secondo quanto emerso dall’attività investigativa, da alcune partite di droga acquistate e non saldate.
“Il gruppo di Porto Empedocle – ha dichiarato Caldarella – aveva comprato della droga ma non aveva saldato il debito. Massimino, intercettato mentre parla con Giuseppe Messina, aveva così deciso di dare loro una lezione e meditare di “dare du pumpate col silenziatore”.