Giudiziaria

“Il re di Roma nord è di Palma di Montechiaro”, altri due pentiti irrompono al processo Nicitra

Altri due collaboratori di giustizia irrompono nel processo a carico di Salvatore Nicitra, originario di Palma di Montechiaro, ritenuto dagli inquirenti il padrone assoluto del quadrante nord di Roma

Pubblicato 1 anno fa

Altri due collaboratori di giustizia irrompono nel processo a carico di Salvatore Nicitra, originario di Palma di Montechiaro, ritenuto dagli inquirenti il padrone assoluto del quadrante nord di Roma. Nicitra, in questo stralcio, è imputato di omicidio insieme ad altri due palmesi: Calogero Farruggio e Giovanni Calafato, ex esponente della Stidda coinvolto anche nell’omicidio del giudice Livatino. In aula, davanti la terza sezione della Corte di Assise di Roma presieduta dal giudice Antonella Capri, sono comparsi Giuseppe “Pino” Marchese e Sebastiano Cassia. Marchese è il cognato di Leoluca Bagarella e, prima di collaborare con la giustizia, è stato uno dei killer più spietati dei corleonesi. Cassia, originario di Siracusa, è stato per anni affiliato alla cosca Santapaola divenendo una “testa di legno” del clan a Roma. Il timore di essere ucciso gli ha poi fatto maturare la decisione di collaborare e svelare nel corso degli anni le trame criminali della Capitale: dalla mafia di Ostia a Mafia Capitale.

Al centro del processo ci sono alcuni omicidi portati alla luce a distanza di decenni e che sarebbero maturati nell’ambito di una faida tra il clan Nicitra e quello Belardinelli per il controllo della zona di Primavalle. Nell’inchiesta Jackpot sono stati proprio i collaboratori di giustizia a fornire un importante contributo all’autorità giudiziaria. Calafato, oggi imputato con Nicitra, nel 2015 si autoaccusò dell’omicidio di di Valentino Belardinelli, ucciso nel 1988 mentre rincasava (armato) con la fidanzata. Valentino Belardinelli era il fratello di Roberto “Bebo” Belardinelli, pezzo da novanta della mala di Roma nord entrato in contrasto con Nicitra (entrambi vicini a Renatino De Pedis) operando nello stesso territorio. Bebo Belardinelli era rimasto vittima di un agguato il 12 novembre 1988 quando più uomini armati esplosero numerosi colpi contro lui e Paolino Angeli, deceduto nell’immediato, e Franco Martinelli, che rimase ferito ma si salvò. Belardinelli morì poco dopo in seguito alle gravi ferite. Un altro delitto contestato a Nicitra è quello di Giampiero Caddeo, morto nel 1983 nell’ospedale psichiatrico di Aversa: una parete divisoria della sua cella era crollata per l’esplosione della bomboletta di un fornello a gas, innescata da Nicitra per uccidere proprio Roberto Belardinelli che, in quel momento, era pero’ assente. Ed è proprio su questi fatti che i due collaboratori di giustizia hanno riferito. Marchese, in particolare, ha riferito sulla comune detenzione con Nicitra nel carcere psichiatrico di Aversa. Cassia, invece, sulle dinamiche criminali in territorio romano. Al termine dell’udienza lo stesso Nicitra ha voluto rendere dichiarazioni spontanee negando le accuse a lui rivolte. Un vero e proprio romanzo criminale.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *