Favara, non scordiamoci di Stefano Pompeo
Ventisei anni fa l'orribile delitto di mafia. L’inchiesta giudiziaria, riaperta qualche anno fa dalla Dda di Palermo dopo alcune dichiarazioni del pentito Maurizio Di Gati non ha fatto registrare eventi importanti.
“Io un giorno crescerò e nel cielo della vita volerò”. Come ogni anno e con la stessa citazione (l’incipit del brano dei Nomadi “Io vagabondo) Laura Pompeo, zia del piccolo Stefano, morto nel corso di un agguato mafioso il 21 aprile del 1999, che aveva come vittima designata era un amico del padre, ricorda il nipote con un post su Facebook.

“La canzone che ti identifica inizia cosi anima mia – scrive la zia – ed era questo che io avrei voluto: che tu crescessi e volassi nel cielo della vita, invece una mano crudele 26 anni fa ha deciso altrimenti per te, ti ha spezzato le ali, ma solo quelle perché tu amore mio infinito voli lo stesso libero nei cuori delle persone che hanno avuto la fortuna di conoscerti e di apprezzare la tua dolcezza, umanità e il tuo grande amore verso i tuoi simili. Oggi vola, vola felice e che il tuo alito arrivi fino a noi! Ti Amo nipotino… vita mia”.
Stefano Pompeo non aveva ancora compiuto 12 anni quando venne ucciso barbaramente da alcuni sicari che avevano sbagliato bersaglio.
Sul fronte delle indagini nulla ormai sembra indicare la pista buona. L’inchiesta giudiziaria, riaperta qualche anno fa dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo dopo alcune dichiarazioni del pentito Maurizio Di Gati non ha fatto registrare eventi importanti. Tre avvisi di garanzia sono stati emessi dalla Dda nei confronti di altrettanti indagati che hanno – come prevedibile – rinunciato a rispondere (come prevede la legge) alle domande degli inquirenti.
La storia sembra essere finita qui.