L’omicidio dell’impiegato comunale di Raffadali, no alla riapertura dell’istruttoria
Sul banco degli imputati siede Roberto Lampasona, 46 anni, di Santa Elisabetta, già condannato in primo grado alla pena dell’ergastolo
No alla riapertura dell’istruttoria dibattimentale ma si va dritti verso le conclusioni delle parti con la requisitoria del procuratore generale e le arringhe di parte civile (avvocato Samanta Borsellino) e difesa. Lo ha disposto la seconda sezione della Corte di assise di appello di Palermo nel processo di secondo grado sull’omicidio di Pasquale Mangione, ex impiegato comunale di Raffadali ucciso il 2 dicembre 2011 nelle campagne di contrada Modaccamo.
Sul banco degli imputati siede Roberto Lampasona, 46 anni, di Santa Elisabetta, già condannato in primo grado alla pena dell’ergastolo. La difesa – rappresentata dagli avvocati Antonino Gaziano e Salvatore Manganello – aveva chiesto di poter sentire nuovamente in aula il medico legale Livio Milone. Richiesta che è stata rigettata. Il processo, dunque, si avvia verso la conclusione con la requisitoria del procuratore generale fissata all’udienza del prossimo 24 novembre. L’omicidio di Pasquale Mangione è stato un vero e proprio “cold case” per quasi un decennio portato alla luce grazie alle dichiarazioni di Antonino Mangione (deceduto durante il processo) che raccontò di aver partecipato alla fase organizzativa del delitto.
Lampasona, vecchia conoscenza del panorama criminale agrigentino, è stato condannato all’ergastolo poiché ritenuto uno degli esecutori materiali dell’omicidio insieme ad Angelo D’Antona, condannato invece a 30 anni di reclusione. Il movente non è mai stato del tutto chiarito anche se, come emerso dalle indagini, sarebbe da ricondurre in particolari “attenzioni” rivolte dalla vittima ad altre donne al di fuori del matrimonio.
			
			
  
