Arresto Di Giovanni, non solo corruzione e tanta politica: sindaco Miccichè se ci sei batti un colpo
Il Gip: “Impedire che questi possa continuare ad esercitare la sua influenza per il tramite di terzi e, quindi, a piegare l'ente ai suoi bisogni”
Il Giudice per le indagini preliminari, Elisabetta Stampacchia che ha firmato il provvedimento di cattura a carico del comandante della Polizia locale di Agrigento nonché capo di gabinetto del sindaco di Agrigento e molto altro ancora, Gaetano Di Giovanni, non usa mezzi termini nel disporre la custodia cautelare in carcere e scrive: “Altrettanto probabile, se non certo alla luce della inusuale avidità del dirigente, è che fatti come quelli sin qui rappresentati si siano verificati anche dopo la fine dell’indagine e che continueranno a verificarsi, cosicché appare necessaria l’applicazione di una misura in grado non solo di interrompere il rapporto fra il pubblico ufficiale e l’amministrazione ma di impedire, altresì, che questi possa continuare ad esercitare la sua influenza per il tramite di terzi e, quindi, a piegare l’ente ai suoi bisogni. Sul punto, risulta degno di nota un passaggio della conversazione fra Gaglio e Terzo in ordine al trasferimento all’Ufficio di Ragioneria del dirigente, che non avrebbe dovuto preoccupare in quanto, al suo posto, ci sarebbe stato comunque qualcuno dei suoi (“ecco perché forse o si sta facendo cambiare e si mette alla ragioneria! Lui/ Gaglio: Ahhh e là chi ci va ai servizi? Terzo: Ai servizi sociali ci andrà un altro! Mantione diventerà comandante della Polizia Municipale. Ma lui lo sa? Dice no, non lo sai. Ancora non sa niente/ Gaglio: E che fa non le intuisce certe cose? Se è vero … però non sappiamo chi ci arriva ai Servizi sociali. O no? Terzo: Va be uno suo … chiunque ci mette … “). La considerazione sulla base della quale le precedenti denunce e la paura di indagini a suo carico non ne hanno ridimensionato il comportamento ma lo hanno semmai indotto ad “affinare” la tecnica, palesandone la assoluta spregiudicatezza e l’assenza di freni inibitori, consente di argomentare che unica misura utile al fine di apportare una realistica tutela alle gravi, cogenti e quanto mai attuali esigenze cautelari sia esclusivamente quella della custodia cautelare in carcere”.
Al di là delle responsabilità penali vere o presunte il Gip del Tribunale di Palermo apre una questione delicatissima e strettamente politica che tira in ballo direttamente il sindaco di Agrigento, Franco Miccichè. E’ lui che nominato per la seconda volta Di Giovanni (e dopo la vicenda Suv e con questa indagine ancora viva e preoccupante) a capo di quasi tutto ciò che fa muovere il Comune, ed è lui che ha nominato i dirigenti che hanno preso il posto dell’odierno arrestato. Per questo ci pare, molto francamente, poco o quasi nulla la dichiarazione di circostanza del primo cittadino che recita testualmente: “Esprimo incondizionata, e senza riserve, fiducia nel lavoro della magistratura, che, indubbiamente, eserciterà il proprio corso investigativo secondo legge. Allo stesso tempo auspico che il dottor Gaetano Di Giovanni dimostri la correttezza del proprio operato”.
Questo ce lo auguriamo tutti ma il sindaco deve andare oltre un commento di circostanza. Soprattutto se un Gip scrive: “Impedire che questi possa continuare ad esercitare la sua influenza per il tramite di terzi e, quindi, a piegare l’ente ai suoi bisogni”. E con bene in vista la messe di soldi in procinto di arrivare ad Agrigento incoronata capitale italiana della cultura 2025
L’indagine dei carabinieri della Compagnia di Partinico, coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido meritava molto di più di una risposta di circostanza, rituale, dozzinale. L’inchiesta ha aperto, invero, scenari impensabili che fanno riferimento all’intera attività politica dell’attuale amministrazione comunale con fari puntati ai posti dirigenziali che sono il motore che dà forza alla macchina amministrativa. Oggi scopriamo che il motore potrebbe avere pezzi in avaria e che bisognava (e bisogna) intervenire subito senza tentennamenti e indecisioni prendendo atto da cosa scrive il Gip Stampacchia – fermo restando l’indissolubile e indiscutibile concetto della presunzione di innocenza – e sin dove si spinge lo stesso magistrato nel valutare i comportamenti del dirigente ammanettato. Può aiutare Franco Miccichè, (e noi lo aiutiamo pubblicando di seguito le argomentazioni del Gip) la lettura delle motivazioni messe nero su bianco dal magistrato che si occupa della vicenda riguardanti Di Giovanni (e non solo le sue condotte) e trarne le dovute valutazioni e conclusioni.
Ecco, il testo che ci interessa:
“Quanto a Di Giovanni Gaetano le conversazioni intercettate consentono di delineare un profilo criminale di inusuale spessore: il mercimonio della propria funzione sembra essere una vera e propria prerogativa del dirigente, che per la sua avidità, la continua richiesta di denaro, di pranzi e cene, riesce a guadagnarsi addirittura il disprezzo di Gaglio, Chiavello e Terzo (tre degli odierni indagati, ndr), nonostante la sfacciata abitudine di questi ultimi ad interlocuzioni del tenore di quelle condotte con il medesimo (Terzo: “Dobbiamo stringere i denti, Giusè! Lo capisco … ti guardo in faccia!”/ Gaglio: “Per le sue pretese!”/ Terzo: “Ti guardo in faccia … quando lui parla, però … dobbiamo stringere un pochino i denti!”/ Gaglio: “A me interessa che sblocca questo Hcp … ” /Terzo: “Lo risolviamo … lo risolviamo … non è questo il problema … A me interessa però anche portarlo avanti!”).
Nelle conversazioni intercettate, infatti, essi lo appellano con soprannomi quali “Tano gnam gnam“, “man bassa, “tutto mio”, “panzone terribile”, e mostrano di sentire fortemente il peso del raffronto con il medesimo che, peraltro, non perde occasione per palesare la sua astuzia – mettendo a punto accorgimenti per eludere eventuali intercettazioni, quale quella di costringere i propri interlocutori nel malaffare a recarsi da lui senza telefoni, di fissare incontri in posti “neutri”, farsi raggiungere per il tramite di terzi, e nella specie Terrazzino Evelin, farsi consegnare il denaro all’interno di bagni delle aree di servizio o mediante particolari accorgimenti -, spregiudicatezza e avidità, attraverso continue richieste di pranzi e cene a spese dei commensali (“Chiavello: Ah! … a pranzo, eh io! E chi lo doveva pagare!?), di denaro e altre utilità rispetto a quelle – già notevoli – elargitegli (quale è l’assunzione di persone a lui vicine presso le cooperative avvantaggiate).
La sua posizione all’interno della P.a. (Terzo: “zero, zero, zero! Ma è lui? … Mi sembra lui … / Gaglio: “Ma sono due in macchina … ” /Terzo: “Vedi le orecchie a sventola? Lui è! Seguilo! Al ciccione! L’autista questo è! Lui ormai è Capo di Gabinetto! È Capo Area … Dirigente … Vicesegretario … tutte cose lui è!/ Gaglio: “Questo prende diecimila euro al mese come minimo … ah!”/ Terzo: “ha preso la scorciatoia lui … lo vedi dov’è il bar? Ci sta facendo fare tutto il giro, guarda!”/ Gaglio: Ah … sempre il solito bar è … dove c’è la segreteria di quello … / Terzo: Si … l’onorevole!) e il profilo massimamente negativo, fanno ritenere sussistenti le esigenze cautelari e, in particolare, che sia elevatissimo il pericolo di commissione di reati della stessa indole. Sotto questo profilo, occorre peraltro evidenziare che vi sono elementi per ritenere che episodi quali quelli in disamina si siano verificati anche in periodo antecedente: di fatti, nella cronologia del calendario digitale sul dispositivo in uso a Terzo Massimiliano, veniva registrata la seguente nota: Data 12/12/2020 ore inizio 07:00:00) – “Tano gnam gnam” Pag. 17, record 38, Report 25 – Smartphone Alcatel nwd. 5002h. Proprio l’enigmaticità dell’appunto lascia supporre che in quella data fosse avvenuta la dazione di una tangente in favore del dirigente Di Giovanni Gaetano Maria Giuseppe, il quale in più occasioni verrà nominato da Gaglio e Terzo proprio col diminutivo di “Tano”. Peraltro, per sua stessa ammissione, Di Giovanni era un soggetto monitorato dalla P.g. per via cli precedenti denunce ed esposti anonimi: “Ma per lui essere così vuol dire che è controllato, Massimo? / Terzo: “Lui sostiene che è controllato! Poi con tutte ste cose che ha… con tutti questi incarichi che ha, secondo te, uno di questo non è controllato? Che già ha avuto precedenti di controlli, denunce e cose varie? Secondo me sì! / Gaglio: “Guardalo dov’è! Scendi tu un minuto. Gli dici ci vediamo là?”.
Altrettanto probabile, se non certo alla luce della inusuale avidità del dirigente, è che fatti come quelli sin qui rappresentati si siano verificati anche dopo la fine dell’indagine e che continueranno a verificarsi, cosicché appare necessaria l’applicazione di una misura in grado non solo di interrompere il rapporto fra il pubblico ufficiale e l’amministrazione ma di impedire, altresì, che questi possa continuare ad esercitare la sua influenza per il tramite di terzi e, quindi, a piegare l’ente ai suoi bisogni. Sul punto, risulta degno di nota un passaggio della conversazione fra Gaglio e Terzo in ordine al trasferimento all’Ufficio di Ragioneria del dirigente, che non avrebbe dovuto preoccupare in quanto, al suo posto, ci sarebbe stato comunque qualcuno dei suoi (“ecco perché forse o si sta facendo cambiare e si mette alla ragioneria! Lui/ Gaglio: Ahhh e là chi ci va ai servizi? Terzo: Ai servizi sociali ci andrà un altro! Mantione diventerà comandante della Polizia Municipale. Ma lui lo sa? Dice no, non lo sai. Ancora non sa niente/ Gaglio: E che fa non le intuisce certe cose? Se è vero … però non sappiamo chi ci arriva ai Servizi sociali. O no? Terzo: Va be uno suo … chiunque ci mette … “). La considerazione sulla base della quale le precedenti denunce e la paura di indagini a suo cariconon ne hanno ridimensionato il comportamento ma lo hanno semmai indotto ad “affinare” la tecnica, palesandone la assoluta spregiudicatezza e l’assenza di freni inibitori, consente di argomentare che unica misura utile al fine di apportare una realistica tutela alle gravi, cogenti equanto mai attuali esigenze cautelari sia esclusivamente quella della custodia cautelare in carcere”.