I pirati del nuovo millennio che rapinano i migranti ancora sui barconi
Storie di ordinaria miseria e crudeltà scoperte dalla Procura di Agrigento
Inseguono in mare i barconi carichi di migranti, che viaggiano verso le coste siciliane, per rubare i motori ma anche soldi e telefoni cellulari. E se i disperati, sud-sahariani e asiatici, si oppongono agli assalti, con i loro pescherecci sbarrano il percorso della “carretta”, minacciano e intimidiscono i naufraghi mostrando coltellacci. Sono diversi i casi sui quali la Procura di Agrigento, con a capo il reggente Salvatore Vella, ha lavorato nelle ultime settimane. A trasformarsi in pirati sono i pescatori tunisini, a caccia di denaro. Quattro nordafricani, dai 50 ai 43 anni, sono stati fermati, si tratta del comandante e dell’equipaggio del motopesca “Assyl Salah”. Il gip ha già convalidato i fermi, disponendo a carico degli indagati la misura della custodia cautelare in carcere. Per pirateria marittima, reato previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay e dal codice della navigazione italiano, le pene previste sono fino a 20 anni di reclusione. I quattro tunisini sono stati fermati dalla Squadra mobile di Agrigento, dalla sezione operativa navale della Guardia di Finanza e dai militari della Guardia costiera di Lampedusa. Ad accusarli alcuni superstiti del naufragio, avvenuto il 23 luglio scorso, in acque Sar maltesi, con 5 dispersi, fra cui un bambino; 37, oltre al cadavere di una trentacinquenne ivoriana, i migranti, originari di Costa d’Avorio, Gambia, Guinea, Camerun, vennero sbarcati a Lampedusa. Sedici di loro vennero portati nel poliambulatorio per ustioni e ipotermia. Hanno raccontato di essere partiti (erano in 43, forse 45, fra cui 3 bambini) da Sfax in Tunisia, il 22 luglio intorno alle 22 circa. Il barchino sul quale i migranti viaggiavano, stando alle loro testimonianze, si è ribaltato dopo che è stato avvicinato da un peschereccio tunisino che ha tentato di rubare il motore dell’imbarcazione. Il racconto del tentato furto non fu, per investigatori e inquirenti, una novità perché già a fine dello scorso aprile una bambina di 4 anni cadde in mare e annegò perché durante la navigazione l’imbarcazione fu abbordata da un peschereccio tunisino che tentò di rubare il motore. La prima volta che i migranti parlarono di furto fu lo scorso 26 marzo. Allora un natante di 7 metri, con a bordo 42 persone, venne trovato alla deriva e senza motore e i migranti parlarono di un peschereccio tunisino il cui equipaggio aveva rubato il motore. Quasi la metà dei barchini che vengono soccorsi sono senza motore. Nel Mediterraneo ci sarebbero bande di tunisini, a bordo di pescherecci, che rubano e poi rivendono agli scafisti i motori dei barchini. E quelli presi di mira sono i natanti carichi di gambiani, ivoriani, guineani, senegalesi, sudanesi e burkinabé. E non quelli con i connazionali a bordo. I pirati tentano di rubare anche soldi e telefonini. La Procura ha avviato un lavoro di approfondimento del fenomeno con il comando generale delle Capitanerie, con il comparto aeronavale della Guardia di Finanza e col mondo dell’accademia universitaria. Le informazioni acquisite nell’ambito di questa inchiesta sono state condivise con i Paesi esteri tramite i canali Interpol. “Questi arresti sono la conferma di quanto sia fondamentale contrastare l’immigrazione irregolare anche a tutela degli stessi migranti che finiscono nelle mani di criminali senza scrupoli che ne mettono a rischio la vita”, ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che si è appellato, ancora una volta, al “dovere di tutti gli Stati di agire insieme per sconfiggere questa piaga mondiale che riguarda i Paesi di origine, transito e destinazione delle vittime, per la maggior parte donne e bambini”. (ANSA)