Agrigento

Il musical “Buoni se potete” sulla scena del Teatro Pirandello

L’accoglienza del pubblico è stata notevole, applausi a scena aperta e urletti da stadio non si sentivano da tempo.

Pubblicato 2 anni fa

Se il mirabolante “Kats” di Webber (1981) ricompare oggi al Teatro Sistina esattamente dopo 40 anni dalla prima, non è da meno il musical “State buoni se potete” sugli schermi nel 1983 (Musica di Branduardi) e adesso “Anno domini 2022” sulla scena del Teatro Pirandello.

Tutto merito dell’agrigentino regista e compositore Marco Savatteri che al musical dedica da anni tutte le sue energie creative. 

L’adattamento è di Mauro Graiani, le musiche originali di Marco Savatteri, orchestrazioni di  Enrico Fallea e Graziano Mossuto, gli arrangiamenti corali di Giulia Marciante l’impianto scenico di Carlo De Marino, le coreografie di Gabriel Glorioso, costumi di Valentina Pollicino.

Un nugolo di bimbi straordinariamente scelti e diretti  da Savatteri (che ha voluto accomunare la sua regia a quella di Francesco Bellomo) fa da corona al protagonista Corrado Tedeschi (Filippo Neri) e alla accozzaglia  degli squartiati  briganti, ladruncoli e vagabondi verso i quali la Roma papalina cinquecentesca era poco tenera e poco incline all’accoglienza. In tempi in cui la donna era definita senza mezzi termini santa o prostituta, molto  impegnata ad ascendere i letti papalini, Filippo Neri, poi santo, avrà avuto il suo bel da fare nell’evangelizzare le torme di miscredenti  dove i bambini, come sempre, erano i primi a pagare le stoltezze degli adulti.

Dopo l’incursione nella Roma del 500 con “Caravaggio” visto un anno fa al Pirandello, Marco Savatteri torna a calcare (e a danzare) vicoli e anfratti della stessa Roma papalina che fu contemporanea a Filippo Neri e Caravaggio con questo musical  definito nelle note di regia “Ricco di sentimenti ed emozioni, una storia semplice e commovente con tutte le rappresentanze artistiche del territorio agrigentino divise per fasce di età, da sei a cento anni”.

Infatti il produttore e regista Francesco Bellomo ha voluto inserire il padre, splendidamente  centenario Nino Bellomo,  in un cast che lo vede interprete del card. Borromeo insieme alle altre figure di rilievo dove spiccano gli agrigentini Giovanni Moscato, Salvatore Nocera Bracco, Pippo Crapanzano e poi  Martina Di Fonte, Davide Incandela, Roberto Iannone, Gianleo Licata, Gioele Incandela, Giulia Tarantino, Ilaria Conte, Giuseppe Condello, Aurora Catalano, Toti Maria Geraci, Chiara Scalici, Gerlando Chianetta, Martina Maria Di Caro, Federica Lo Cascio, Greta Ciccarello, Samuele Scibetta, Davide Franchina, Serena Andrea D’Orazio, Agnese Minacori, Leonardo Iovino, Francesco Spoto, Aurora Scibetta.

Tutti concorrono a consegnarci una trancia di secolo tra i più bui per la cristianità, palpitante di romanità, di rivolte popolari e con tutti i risvolti di passione politica che anche allora covava sotto la cenere. Con un Filippo Neri che, rifiutando il cappello cardinalizio e quindi la corruzione papale  avvertiva ufficialmente  di stare buoni  ma che in privato probabilmente  si traduceva in “non basta più pregare”. 

Ne sapevano qualcosa il calderaio, la venditrice di scope, la bella mora, il sarto ecclesiastico,  Leonetta e Cirifischio che “completano la favola”.

Ma è davvero una favola o un robusto apologo per niente sotto mentite spoglie?

L’accoglienza del pubblico è stata notevole, applausi a scena aperta e urletti da stadio non si sentivano da tempo.

Foto di Diego Romeo

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