Agrigento

La truffa del finto cardinale e della base militare a Punta Bianca, al via il processo 

La presunta truffa, secondo l’accusa, seguiva il cosiddetto schema Ponzi: le prime vittime diventavano a loro volta procacciatori di ulteriori vittime

Pubblicato 1 anno fa

Al via il processo a carico di due dei tre imputati rinviati a giudizio per la vicenda della presunta maxi truffa su una fantomatica base in costruzione a Punta Bianca e su falsi posti di lavoro promessi in cambio di tangenti. Sul banco degli imputati siedono i fratelli Angelo e Diego Favara, 57 e 49 anni, di Canicattì, difesi dagli avvocati Calogero Meli e Paolo Ingrao. Il personaggio principale dell’intera inchiesta –  Luciano Montemurro, 62 anni di Favara – ha scelto invece il rito abbreviato.

Le parti hanno chiesto ai giudici della seconda sezione penale del tribunale di Agrigento, presieduta da Wilma Angela Mazzara, l’ammissione dei mezzi di prova. Il prossimo 9 maggio comincerà l’audizione dei primi testimoni. Si tratta delle persone vittime della truffa. L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Agrigento, è stata eseguita sul campo dai militari della Compagnia di Canicattì guidati dal maggiore Luigi Pacifico.  L’inchiesta, denominata “Multilevel”, ipotizza una organizzazione criminale al vertice della quale ci sarebbe stato Luciano Montemurro, ex gestore di un ristorante a Naro.

Il 62enne, secondo quanto emerso, si sarebbe spacciato per un cardinale “vescovo di Monreale” al fine di accreditarsi agli occhi delle vittime che – adescate con la speranza di sistemare un parente, un amico o un conoscente – pagavano vere e proprie tangenti che oscillavano da 2 a 4 mila euro. La presunta truffa, secondo l’accusa, seguiva il cosiddetto schema Ponzi: le prime vittime diventavano a loro volta procacciatori di ulteriori vittime. Tra le persone offese compare anche il generale Luciano Portolano: gli indagati avrebbero speso il suo nome per rendere ancora più credibile lil raggiro. Il tutto con l’organizzazione di riunioni in cui venivano mostrati plichi chiusi con timbri in ceralacca, venivano mostrati pre-contratti realizzati ad hoc e riportanti l’intestazione e addirittura i timbri falsi del Gruppo Interforze della Nato.

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