Agrigento

L’installazione “Diritto di sangue/Rovescio di sangue” dell’artista Marina Sagona all’ex carcere San Vito

Sarà inaugurata venerdì 31 ottobre alle 18.30 e sarà visitabile fino al 29 novembre

Pubblicato 48 minuti fa

Alla base resta il diritto: di essere e di sentirsi italiani. Di terra, di suolo, di mare e di sangue. Per ascendenza o discendenza, per arrivo o partenza. È un diritto a essere comunque vivi, a ritrovare le proprie radici, a cercarle o magari assorbirle. È un diritto inalienabile della persona quello di sentirsi a casa. Marina Sagona [Roma, 1967] artista multimediale trapiantata negli Stati Uniti, da tempo ha fatto suo il dibattito tra diritto di sangue e diritto di suolo: e su questo ha costruito un’installazione che prende corpo in un luogo restituito, l’ex carcere San Vito di Agrigento. “Diritto di sangue/Rovescio di sangue” – che si inaugura venerdì 31 ottobre, è parte del più ampio progetto “Sponde”, nel dossier di Agrigento Capitale Italiana della Cultura, nasce anche dagli studi di Teresa Fiore, titolare della cattedra Inserra di Italianistica e Italoamericanistica a Montclair State University (New Jersey, USA) che da tempo analizza i flussi migratori e i rapporti con la terra d’origine. La mostra nasce con il sostegno del Ministero della Cultura, di Fondazione Agrigento Capitale, Regione Siciliana, Comune di Agrigento, Inserra Chair in Italian and Italian American Studies presso la Montclair State University. In collaborazione con Caritas di Agrigento,  Scaro Cafè e Local Impact.

Il Diritto di sangue [Ius Sanguinis] recita che chi dimostra di possedere un po’ di sangue italiano nelle vene, può diventare cittadino del Belpaese. Anche se non parla la lingua, se non ne conosce la cultura, se non è mai stato in Italia. Il Rovescio di Sangue è l’esatto contrario: è il percorso (spesso lungo e difficile) che deve seguire chi quel sangue non ce l’ha, ma vuole diventare italiano, parla la lingua, conosce le regole del Paese, ci vive da quando è nato. Marina Sagona in un progetto video [20 minuti, canale unico, sottotitoli di Anna Camilleri e Ian Richard] racconta storie di migrazione di stranieri e straniere verso l’Italia, e di discendenti italiani all’estero alla ricerca delle proprie origini. Di contro, attraverso Passport 2019 [14 stampe carta Hahnemühle matte, con interventi di pastello ad olio] ecco l’acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione legata al lavoro, da parte di un’italiana all’estero (la stessa Sagona). Sono due rotaie parallele che alimentano la discussione, ma non il dialogo.

Il tema della cittadinanza italiana continua a essere sul tavolo in Italia (fa fede il tentativo del recente referendum sulla riforma di legge in direzione più inclusiva) e all’estero (il recente decreto legge n. 36/2025 che d’ora in poi limiterà, ma solo numericamente, l’accesso alla cittadinanza). Gli studi di Teresa Fiore conducono allo stesso approccio: l’impostazione di fondo della legge resta invariata, esclude chi è parte attiva della società italiana, ma senza cittadinanza è meno tutelato; e abbraccia chi desidera la cittadinanza, per quanto legittimamente, come un piacere personale o un simbolo astratto.

Le recenti scelte politiche di limitazione all’estero sono dettate più da gestione logistica che da principi civili; e le ultime restrizioni in Italia sono il riflesso di una società che continua a non riconoscere la sua crescente diversità culturale, linguistica, etnica e razziale. Ironicamente, è la stessa diversità di Paesi dove gli italiani sono emigrati e nel tempo hanno ottenuto il riconoscimento della cittadinanza per naturalizzazione legata al lavoro.

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