Agrigento

Va in scena il “Mal di Rabato”

Una iniziativa che si deve al Parco archeologico di Agrigento e al suo direttore Roberto Sciarratta

Pubblicato 2 anni fa

Un bell’assaggio di centro storico lo spettacolo allestito ieri sera in piazza Santa Croce da Beniamino Biondi  “ideato – scrive il regista – per far riscoprire ai cittadini di Agrigento la memoria dell’antico quartiere del Rabato, che fu quasi totalmente abbandonato dopo la frana del 1966.

Un quartiere che mantiene tutt’ora la struttura dell’epoca, con stretti vicoli e scalinate labirintiche, a cui si aggiunge la decadenza della memoria e l’incanto dell’abbandono che seguirono la già menzionata frana del ’66. In un percorso sospeso tra solennità e misticismo, ricorderemo la storia di questo quartiere ormai fuori dalle orbite dello sviluppo cittadino (pochi abitanti, nessuna attività, tanti ruderi).

Una iniziativa che si deve al Parco archeologico di Agrigento e al suo direttore Roberto Sciarratta che poi incarica l’associazione culturale Quintaessenza per l’esecuzione-produzione dello spettacolo. Ma era davvero necessario questo giro di competenze certamente per dare lavoro ad una delle tante  associazioni che crescono ad Agrigento come cespugli? 

Presenti allo spettacolo il sindaco Franco Miccichè, il presidente della Commissione spettacoli del comune Carmelo Cantone, l’assessore alla polizia urbana Francesco Picarella, assente l’assessore alla cultura Costantino Ciulla.

Si diceva in apertura che lo spettacolo è stato un bell’assaggio di memoria civile con l’interpretazione di attori agrigentini come Marcella Lattuca, Ilaria Bordenca e Giovanni Moscato insieme al valore aggiunto di Andrea Tidona che si è incaricato dell’”audio-lettura” di “Il vitalizio”, un lungo racconto le cui parole sono state rese con  plastica interpretazione  dall’attore modicano. Biondi insinua nel suo spettacolo una corposa presenza sonora di musica araba accompagnate dalle movenze “milleeunanotte” di Ilaria Bordenca che si incarica anche di volteggiare con maestria sullo sfondo sonoro di “Cosa sono le nuvole” celebre canzone di Modugno nel film omonimo di Pasolini. Non a caso inserita in questo spettacolo che  evidenzia un modello di comportamento per l’uomo alla ricerca del senso della sacralità della sua esistenza e sottolinea la ricerca del vero significato della vita col mettere, nella propria esistenza, le priorità al posto giusto.

Quindi il centro storico come le nuvole che non si sa mai dove vanno a finire?  

Uno spettacolo sotteso a suggestioni e rimandi letterari cui lo spettatore girgentano è stato poco abituato  e anche poco abituato a visitare oggi il centro storico che potrebbe aiutarci a comprendere più a fondo i contrasti storici e urbanistici della nostra città. 

A fine spettacolo dopo un’altra breve suggestione canora di Giovanni Moscato (il nostro Charles Trenet agrigentino) su “La sagra del Signore della Nave e il “coro tragico” di una Clitennestra-Bordenca assetata di civile vendetta storica sulle frane (testo di Beniamino Biondi) gli spettatori sono stati invitati a un tour nel labirintico centro storico alla luce di improvvisate torce.

Un gesto quanto mai utile in un momento in cui l’oriente europeo ha deciso di sfidare l’occidente, utile per la comparazione dell’equivoco “tramonto del mondo antico”, che abbiamo dinanzi agli occhi, mentre già oggi cominciamo a sentire in noi e intorno a noi i primi sintomi di un fenomeno del tutto simile quanto a decorso e a durata che è stato definito “il tramonto dell’Occidente”.

Il nostro centro storico può così diventare il senso e la riflessione di ogni tramonto nella storia, il senso del compimento interno ed esterno, dell’esaurimento che attende ogni civiltà vivente.

Chi della classe politica ne potrà prendere atto?

Foto di Diego Romeo

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