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Bonus facciate, l’imprenditore di Canicattì e il buco di 800 mila euro: “Ti metti contro gente invisibile”

Una montagna di soldi ricavati con truffe sul bonus facciate ma anche qualche "frizione" tra gli indagati

Pubblicato 11 mesi fa

I soldi, si sa, possono aprire tante porte e favorire nuove amicizie. Ma quando il business comincia a lievitare, e le somme di denaro a farsi consistenti, possono nascere frizioni anche tra vecchi amici. Tra i protagonisti dell’inchiesta che ha svelato una truffa da 17 milioni di euro sul “bonus facciate”, sfruttando la cessione di inesistenti crediti di imposta, vi è l’imprenditore Enrico Schembri. Il quarantaduenne, che opera a Canicattì con alcune società, è stato arrestato ieri insieme ad altre nove persone nell’ambito di un’operazione congiunta di Guardia di Finanza e Carabinieri. Per gli inquirenti, Schembri ha svolto il fondamentale ruolo di procacciatore di imprese al fine della cessione dei crediti. L’intera indagine, partita da Agrigento, nasce proprio dalla sua figura: amministratore di alcune società, precedenti di polizia per reati contro il patrimonio e una dichiarazioni dei redditi (sulla carta) quasi inesistente. Ieri il gip del tribunale di Verona ha disposto nei suoi confronti un sequestro di oltre 1,5 milioni di euro. 

Al vertice dell’associazione, secondo gli inquirenti, ci sarebbero i fratelli Tony e Tommaso Fagone, originari di Palagonia, e l’albanese Arben Ibrahimllari, tutti finiti in carcere nel blitz. Sarebbero loro gli ideatori del meccanismo che ha portato a farsi consegnare da Poste Italiane, mediante la truffa sul bonus facciate, una montagna di soldi. E i rapporti con Schembri, anche grazie alle notevoli entrate, sarebbero stati idilliaci. Fino ad un certo punto. E il denaro, anche in questa occasione, è il comune denominatore. Secondo gli inquirenti, quando il gruppo ha cominciato a realizzare i vantaggi con le cessioni, Schembri (in qualità di ultimo cedente dei crediti a Poste Italiane) avrebbe corrisposto ai vertici dell’organizzazione soltanto 79 mila euro a fronte di circa 830 mila euro ricevuti. 

Un comportamento che ha suscitato reazioni da parte del gruppo e propositi non certamente pacifici. Le intercettazioni portano a galla quei “malcontenti”. Tommaso Fagone dialoga col fratello e gli riporta il colloquio avuto con Schembri: “Mi ha risposto Enrico, dice martedì facciamo un piano però non ce la faccio con quella cifra in una settimana. Io comincio a mandare però non mi lasciate fuori. Io il mio dovere lo faccio se non ci credono io a fine settimana saliamo insieme mi vengo a prendere le mie responsabilità davanti a tuo fratello e davanti a Bin (Ibrahimllari) e gli dici che i soldi ce li avranno tutti e non perdono neanche un euro e non c’è bisogno di fare storie, sto facendo questa cosa, me ne sono approfittato, sono un pezzo di merda e lo so ma ho colto l’occasione però c’è da mangiare per tutti”. 

Fagone, che in questa occasione media tra le parti, sospetta che Ibrahimllari possa attuare una vendetta nei confronti di Schembri e dice al fratello: “L’importante che quando viene non gli fate del male e non lo ficcate nel cofano”. Un’altra conversazione, questa volta tra Antonio Fagone e una parente, viene intercettata e al centro della discussione c’è il “buco” di Schembri: “A me interessa solo che lui mi porta quello che mi deve portare e che mi fa recuperare perchè sennò il signor Enrico non ha già che vedersela con me ma questo colpo purtroppo il danno è grosso [..] Quello che ha fatto, alla gente che ho dietro, lui già non doveva più esistere [..] non si è reso conto questo altro stupido che gli pare che a Canicattì ha un mezzo delinquente ma chi è che ti difende, pazzo che sei.. quando tu combini una cosa di questa ti metti contro gente invisibile ..”

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