Agrigento

Carola Rackete: “Così ho battuto Salvini ma scontri anche con Sea Watch”

Così Carola Rackete, ex capitana della Sea Watch 3, in una intervista a Repubblica commenta la sentenza di archiviazione giunta da Agrigento

Pubblicato 3 anni fa

“Ho pensato che, dopo due anni, è stato messo un bel punto focale, perché è stato stabilito che il decreto sicurezza bis era una legge sbagliata”, “mi sentivo dalla parte giusta della storia. Per me era chiaro che il muro invisibile eretto in mare contraddiceva le leggi internazionali marittime e che, per sbarazzarsene, qualcuno doveva avere la forza di abbatterlo. Se io avessi scelto di evitare lo scontro, qualche altro capitano si sarebbe trovato nella medesima situazione”.

Così Carola Rackete, ex capitana della Sea Watch 3, in una intervista a Repubblica commenta la sentenza di archiviazione giunta da Agrigento. La 33 enne tedesca non ha favorito l’immigrazione clandestina e non ha violato il Codice della navigazione quando, nel giugno 2019, è entrata nel porto di Lampedusa con 40 migranti a bordo forzando il decreto sicurezza bis dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. “Quando siamo salpati sapevamo che il decreto era stato approvato, ma non ci aspettavamo di finire in un conflitto con lo Stato italiano. Dopo il recupero dei naufraghi in mare, è stato chiaro che non ci sarebbe stata una soluzione politica: tutti ci stavano rifiutando il porto di sbarco. E’ lì che mi sono convinta che dovevo avere il coraggio di sfidare il vostro governo proprio sul campo preparato da Salvini col suo decreto”, “e alla fine Salvini ha perso”. Ma ricorda anche “i tanti conflitti interni a Sea Watch. Da una parte c’eravamo io, il capo missione Philipp e il capo medico di bordo, dall’altra il back office di Berlino. Sia quando sono entrata nelle acque territoriali italiane, sia quando ho forzato il blocco a Lampedusa, sono andata contro le raccomandazioni del back office. Non avevamo un accordo stabilito o una strategia comune. Ho preso una decisione che trovava contraria una parte della ong” e “i conflitti interni sono stati più difficili da gestire che il conflitto con il governo italiano”.

Inoltre delle ingiurie mosse da Salvini contro di lei dice di non sentirsi ferita: “Feriscono le parole dette da chi ti conosce. Quel linguaggio usato dal ministro dimostra tuttavia come dal populismo si scivola facilmente verso l’autoritarismo. Il discorso pubblico è tossico contro le donne, contro i migranti, contro i giovani, contro l’ambiente. Se al timone della Sea Watch 3 ci fosse stato un maschio, Salvini non si sarebbe comportato così. E mi ha rincuorato sapere che dopo il mio arresto decine di persone hanno protestato contro il sessismo”. E dopo l’arresto, ricorda, “certo che ero spaventata. Ai finanzieri chiedevo informazioni sui naufraghi per sapere se fossero in salvo, ma ero consapevole che la vicenda giudiziaria poteva andare in tutte le direzioni, anche le più imprevedibili. Visto ciò che è successo in seguito a Mimmo Lucano, e mi riferisco alla sua scioccante condanna, facevo bene a essere preoccupata”. (9colonne)

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