Il femminicidio di Patrizia Russo, il marito in aula: “Ero posseduto da satana”
Giovanni Salamone, reo confesso, ha dichiarato di aver agito perchè posseduto da Satana: no dei giudici alla perizia psichiatrica
Una famiglia come tante che ha vissuto momenti felici e di sconforto, alti e bassi che contraddistinguono la quotidianità di vita delle persone ma mai – almeno fino a quel drammatico 16 ottobre 2024 – un segnale che potesse lasciar presagire un epilogo così tragico. È quanto sostanzialmente emerso dalle testimonianze in aula nel processo per il femminicidio di Patrizia Russo, insegnante agrigentina uccisa dal marito a coltellate nel sonno a Solero, piccolo paese nell’Alessandrino. Sul banco degli imputati siede Giovanni Salamone, commerciante di prodotti agricoli, che con la vittima ha condiviso praticamente una vita intera prima di colpirla a morte con un coltello nell’appartamento che condividevano. Poi la chiamata ai carabinieri e la confessione: “Ho fatto una sciocchezza”. Due giorni più tardi il tentativo di suicidio in carcere. Adesso è accusato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dall’aver agito contro la coniuge.
Il motivo ancora oggi rimane un mistero e Salamone, sottoponendosi ieri in aula all’esame, ha attribuito la responsabilità del delitto al demonio poiché a suo dire in quel momento “era posseduto da Satana”. Per questo la difesa ha chiesto alla Corte di assise di poter eseguire una perizia psichiatrica su Salamone sostenendo un possibile vizio di mente dello stesso. Una richiesta, a cui si erano fermamente opposti il pubblico ministero e gli avvocati della parte civile Maria Luisa Butticè e Annamaria Tortorici, che è stata rigettata dalla Corte di assise che ha ribadito come già in fase preliminare di indagine sia stata esclusa anche una parziale incapacità di intendere e volere dell’imputato. Dunque nessuna perizia, nessun nuovo accertamento.
Il movente, come detto, non è mai stato del tutto chiarito anche se proprio alla luce delle diverse testimonianze in aula di parenti, amici e colleghi è possibile scorgere quantomeno due elementi di disagio dell’imputato prima del delitto: il primo di natura economica, come confermato anche dalla sorella di Salamone; il secondo, così come ribadito ai giudici da un’amica e collega della vittima, il malessere dell’uomo a fare rientro in Piemonte nell’autunno del 2024 perché, a differenza della moglie, si trovava totalmente privo di ogni impegno ed occupazione. Tutti elementi che certamente saranno valutati dalla Corte di assise. Infine, l’intensa e toccante testimonianza dei figli Giuliana e Francesco. Due ragazzi semplici, studenti universitari con la testa sulle spalle che hanno ribadito il profondo attaccamento alla mamma Patrizia e il gravissimo disagio morale ed economico che si sono trovati a dover affrontare in conseguenza al tragico evento. Il processo riprenderà il prossimo 9 giugno con la requisitoria del pubblico ministero.